Un mattone costa al dettaglio 2 zloty, poco più di 40 centesimi di euro. Al sesto posto nella classifica di Eurostat dei Paesi UE con la manodopera meno cara, la Polonia vanta un costo medio di 10,4€ orari. Immaginando che il prezzo dei mattoni all’ingrosso sia ben più interessante di quello al dettaglio e anche accettando quanto sostenuto dal ministro dell’Interno Mariusz Kaminski – ovvero che i lavori di costruzione si articoleranno in tre turni, 24 ore su 24 – la cifra globale stimata per erigere il muro alla frontiera tra la Polonia e la Bielorussia (353 milioni di euro) può dare una prima idea della vastità dell’opera.

La costruzione del muro di Berlino nel novembre del 1961 (wikipedia)

180 chilometri secondo il governo polacco, cioè quasi la metà della lunghezza del confine tra i due ex Stati del Patto di Varsavia; una fatica che dovrebbe vedere lo scavo delle prime fondamenta a partire da metà dicembre e durare – almeno su carta – meno di sei mesi. Mentre si spengono gli echi delle commemorazioni per i 50 anni del Muro di Berlino, il Parlamento di Varsavia ha dunque deciso di ripetere quell’odioso esercizio che consiste nel sovrapporre mattoni e cemento, tentando addirittura di spacciare l’abominio come una difesa dei confini dell’Unione Europea e quindi un’opera che dovrebbe essere finanziata da Bruxelles.

(Imagoeconomica)

Bocciata senza appello l’ipotesi di usare i soldi del Piano europeo di ripresa e resilienza per erigere il muro, la Commissione europea si è comunque trovata nella scomoda posizione di dover difendere il governo polacco senza volerlo realmente fare. Al dovere morale di assistenza nei confronti di uno Stato membro infatti, si affianca da una parte lo sdegno per la soluzione ipotizzata e dall’altra la lunga lista di questioni ancora da chiarire con Varsavia, che potrebbero addirittura portare alla sospensione degli aiuti UE al Paese, dopo le recenti prese di posizione sulla supremazia del diritto locale su quello europeo, la messa in discussione dello stato di diritto, dell’indipendenza dei magistrati, le leggi sulla libertà dei media, sull’aborto, sui diritti Lgbtq e la lista potrebbe essere lunga.

Nel 2015 fecero scalpore le immagini della reporter ungherese Petra Laszlo che al confine tra Serbia e Ungheria fece lo sgambetto a un profugo siriano (la giornalista è stata assolta dalla Corte suprema ungherese, pur con una nota di “biasimo”: il suo atteggiamento era stato “moralmente scorretto”

È complicato imporre una sanzione da 1 milione al giorno (con una richiesta di passare a 5 milioni per ogni 24 ore di ritardo nel ripristinare l’indipendenza della magistratura come chiesto dalla Corte di Giustizia UE), discutere della sospensione dei vari fondi comunitari alla Polonia, minacciare di non approvare il Pnrr di Varsavia e al contempo schierarsi a favore del Paese nell’ambito di una crisi che pare sapientemente orchestrata “a est”. Gli elementi per l’intrigo internazionale ci sono davvero tutti.

Alexander Lukashenko (wikipedia)

C’è il cattivo di turno, Alexander Lukashenko, presidente bielorusso non certo in odore di santità a Bruxelles. C’è il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, distintosi tra l’altro per l’arguta difesa della separazione di poteri a Varsavia, dopo aver sostenuto che la UE non può condannare la Polonia per non aver applicato la sentenza sulla legge che limita l’indipendenza dei magistrati, perché le norme locali prevedono che sia la stessa magistratura non ritenuta indipendente a dover applicare la sentenza…

C’è l’ombra di Putin, sospettato d’aver tramato nell’ombra e definito le regole di questa partita a scacchi giocata sulle vite dei migranti. C’è la Germania stretta tra il ruolo di locomotiva d’Europa anche nella tutela dei diritti e una posizione negoziale che non deve troppo infierire né su Varsavia né su Ankara. Già, perché se le migliaia che s’affacciano al confine sono prevalentemente iracheni, afgani e siriani, lo zampino turco non è passato inosservato.

Migranti in attesa sul confine Kuznica-Bruzgi (ruptly.tv)

La prima domanda che ci si è infatti posti è la più ovvia. Ci sono 3.804 chilometri tra Bagdad e Minsk, mille in più se si parte da Kabul. Come hanno fatto ad arrivare sino al confine con la Polonia le decine di migliaia di persone che oggi affollano il campo di fortuna di Kuznica-Bruzgi, al confine tra i due Paesi? La risposta è semplice: in aereo, con visto turistico o semplificato, grazie alla nuova legge bielorussa e biglietto scontato sulla compagnia di bandiera Belavia, in partenza da Beirut, Dubai, Istanbul o Antalia. E all’aeroporto di Minsk pare ci fosse un gentilissimo servizio informazioni gestito direttamente dall’esercito locale, che indirizzava i turisti verso quel pezzo di foresta ove cortesissime guardie di frontiera munite di cesoie aiutavano “i villeggianti” a attraversare il filo spinato senza rovinarsi i vestiti.

Il giornalista e attivista Roman Protassevitch (wikipedia)

Il condizionale è ovviamente d’obbligo, ma fonti autorevoli e importanti quali la Bbc e Ngo hanno pubblicato varie interviste che paiono corroborare la teoria di un viaggio sino in Turchia, tappa intermedia prima d’arrivare a Minsk, per poi far rotta verso la Lituania o la Polonia. Sin dallo scorso agosto il presidente bielorusso è sospettato di favorire il transito d’immigrati illegali verso il confine polacco, per vendicarsi delle sanzioni imposte al suo regime da Bruxelles l’anno scorso dopo la brutale repressione dell’opposizione che ha seguito la sua controversa rielezione e l’atterraggio forzato a Minsk di un volo Atene-Vilnius con l’arresto di Roman Protassevitch.

Centinaia di migranti accalcati sul confine tra Bielorussia e Polonia

Un accordo approvato nel 2020 garantiva che la Bielorussia avrebbe ospitato i migranti senza mandarli nei paesi della UE; impegno che è stato annullato da Lukashenko lo scorso settembre, con la dichiarazione: “Fino ad ora, abbiamo fermato i migranti e la droga, ora tocca a voi fermarli”. Da allora sono migliaia le persone che si ammassano al confine bielorusso-polacco, soprattutto nelle vicinanze del villaggio di Kuznica. L’area è stata bloccata ai giornalisti e alle Ong, ma le immagini rilasciate dalle autorità di entrambi i Paesi mostrano centinaia di uomini, donne e bambini nelle tende o a terra, che accendono fuochi per tenersi caldi a temperature prossime allo zero.

La presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen, e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel (Imagoeconomica)

La risposta dell’Unione europea alla rottura dell’accordo è stata quella di redigere una lista nera di imprese complici del trasporto di migranti verso le frontiere europee e vietare il leasing di aerei europei alla compagnia aerea bielorussa. “La maggior parte della flotta di Belavia è composta da aerei noleggiati da compagnie della UE”, ha spiegato infatti il presidente del Consiglio europeo Charles Michel mentre la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha puntualizzato che: “L’Europa non sta affrontando una crisi migratoria, ma un tentativo di destabilizzazione da parte di un regime totalitario non riconosciuto dalla UE”, aggiungendo che “la strategia del regime bielorusso si basa molto concretamente sulla complicità degli operatori turistici e dei loro intermediari. Ci sono infatti agenzie di viaggio specializzate che offrono offerte all-inclusive: visto, biglietto aereo, hotel e, piuttosto cinicamente, taxi e autobus fino al confine”, ha accusato. “Questi migranti sono stati ingannati da false promesse infami”. Verrebbe da pensare a un doppio inganno, posto che la Bielorussia, dopo aver agevolato il loro arrivo, si sta adoperando “attivamente” per riportare i migranti a casa. “Siamo pronti, come abbiamo sempre fatto, a metterli tutti sugli aerei […] che li riporteranno a casa”, ha dichiarato Alexander Lukashenko all’agenzia stampa statale Belta. “È in corso un lavoro attivo per convincere queste persone, ‘per favore andate a casa’, ma nessuno vuole andare a casa”.

Un Boeing 747 Iraqi Airways (wikipedia)

Quasi nessuno. 431 migranti che erano bloccati al confine polacco-bielorusso sono atterrati nel Kurdistan iracheno la sera di giovedì 18 novembre a bordo di un Boeing 747 della compagnia di bandiera Iraqi Airways. Essenzialmente donne e bambini che, intervistati dall’agenzia stampa francese Afp, hanno raccontato la vita quotidiana al confine tra Polonia e Bielorussia. “Ho speso più di 4.000 dollari per arrivare in Bielorussia”, ha detto uno di loro, “la situazione era molto difficile, dovevamo nutrirci di erba e foglie d’albero e faceva freddo”. “I contrabbandieri fanno passare i migranti facendoli pagare tra i 6.000 e i 7.000 dollari”, ma è “difficile attraversare per coloro che hanno famiglia”, ha spiegato. Circa 30 migranti sono scesi a Baghdad. Tra loro c’era Majed Hassan, 23 anni, che – sempre secondo l’Afp – aveva pagato quasi 15.000 dollari per andare in Russia, solo per essere imbrogliato dai contrabbandieri. Il giovane, che ha lasciato l’Iraq a causa delle condizioni economiche, dice di essere stato “picchiato” dalle forze polacche e bielorusse.

Il titolo di viaggio per rifugiati emesso ai sensi della Convenzione di Ginevra (wikipedia)

Alla timida reazione dell’Unione Europea si affianca quella del responsabile dell’agenzia dell’Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, che ha condannato la “manipolazione” orchestrata dalle autorità della Bielorussia: “Qualsiasi manipolazione delle persone in difficoltà, anche sfruttando i loro desideri, i loro desideri di una vita migliore, non può essere accettata. Si tratta di persone che hanno condizioni difficili e sono quindi facilmente vittimizzate da questo”. Le critiche non risparmiano l’Unione Europea: “Se l’Europa non fosse nel panico, se l’Europa non avesse demonizzato e stigmatizzato ogni movimento migratorio per anni, sarebbe meno vulnerabile a questo tipo di pressione”.

Filippo Grandi, Alto commissario Onu (Imagoeconomica)

Intervenendo a Bruxelles in occasione dei 70 anni della Convenzione di Ginevra sui rifugiati, l’Alto commissario Onu per i rifugiati ha richiamato l’Ue “a un impegno di solidarietà e di sostegno”, sia per l’accoglienza delle persone che chiedono protezione internazionale, sia a favore dei Paesi in via di sviluppo “per prevenire i movimenti forzati” di popolazione a causa di guerre, povertà, conflitti locali, cambiamenti climatici. Al Parlamento europeo Grandi ha chiesto di far rispettare lo stato di diritto, denunciando “i discorsi xenofobi, i muri e i fili spinati, le violenze contro i migranti, i pestaggi”.

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L’Alto commissario è anche preoccupato per il ruolo dei movimenti sovranisti e nazionalisti in Europa occidentale, che ritiene contribuiscano a questo tipo di crisi. E a Vladimir Putin ha sollecitato aiuti di emergenza: “Il mio appello al presidente Putin e a tutti i leader è: aiutateci, almeno per il momento, a trovare una situazione per queste 2.000 persone. E poi cerchiamo di tornare alla normalità e di gestire i movimenti migratori nel modo più corretto possibile”. Lukashenko non ha atteso nemmeno 24 ore per rispondere. Mentre il Vecchio continente affronta una delle più complicate crisi energetiche del nuovo secolo, il presidente bielorusso ha minacciato di sospendere il funzionamento del gasdotto Yamal-Europa, che attraversa la Bielorussia e consegna il gas russo, in particolare a Germania e Polonia. “Stiamo riscaldando l’Europa e minacciano di chiudere la frontiera. E cosa succederebbe se tagliassimo il gas naturale che va lì? Quindi consiglierei ai leader polacchi, ai lituani e agli altri sciocchi di pensare prima di parlare”.

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Dichiarazione che non sembra aver particolarmente preoccupato il presidente Putin, che in un’intervista televisiva a Rossiya l’ha definita “uno scatto d’ira. Naturalmente, in teoria, Lukashenko come presidente di un Paese di transito potrebbe ordinare di tagliare le nostre forniture all’Europa. Ma questo significherebbe una violazione del nostro contratto di transito del gas e spero che questo non accada”. Varsavia, intanto, ha schierato 15.000 soldati nella zona, oltre alla polizia e alle guardie di confine, nel tentativo di arginare almeno una parte dell’esodo, dopo gli 32.000 tentativi di entrare illegalmente nel suo territorio, di cui 17.300 in ottobre.

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Già lo scorso 2 settembre la Polonia aveva dichiarato lo stato di emergenza per 183 località in una fascia di 3 km lungo il confine con la Bielorussia nelle province di Podlaskie e Lubelskie, con restrizioni che includono il divieto di soggiornare nell’area, di registrare e fotografare oggetti e aree, comprese le infrastrutture di confine, gli agenti di controllo del confine, la polizia e i soldati, l’accesso limitato alle informazioni pubbliche sulle attività svolte nell’area. Lo stato di emergenza è stato esteso di 60 giorni il 30 settembre e rinnovato. Solo le guardie di frontiera polacche, i residenti e le ambulanze sono autorizzati a entrare nella zona di esclusione, anche se sono stati documentati casi di ambulanze che non sono riuscite ad entrare. Secondo il quotidiano polacco Gazeta Wyborcza, sarebbero decine le persone morte dall’inizio della crisi. Un elemento che ha permesso al portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, di dichiarare: “È completamente sbagliato mettere tutta la responsabilità su Lukashenko. Il presidente Putin deplora anche il fatto che l’UE stia trascurando gli ideali europei di umanesimo di fronte alle migliaia di migranti bloccati al freddo sotto tende di fortuna”.

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Insomma, la Russia interpreta il ruolo del saggio zio che consiglia il buonsenso ai contendenti, le Nazioni Unite rimproverano a destra e a manca, l’Unione europea rivela ancora una volta la debolezza della sua politica estera, il presidente bielorusso può far sfoggio dei suoi muscoli e, francamente, per il Pis (Partito Legge e Giustizia) al potere a Varsavia, essere presi nel mezzo di una resa dei conti geopolitica tra la Bielorussia e l’Unione europea non è poi un così brutto posto in cui trovarsi. Avendo costruito la vittoria elettorale sul vittimismo per mano di Bruxelles, Berlino e Mosca, autodesignarsi il baluardo solitario che protegge l’Europa dai migranti e dai nemici del blocco a est non può che favorire i consensi.

Il primo ministro Morawiecki (wikipedia)

Strategia da nutrire attraverso la pubblicazione di drammatici video sui social media, lanciando una pagina web dedicata a combattere le “bugie, [e la] disinformazione” provenienti dalla Bielorussia e portando perfino il primo ministro Morawiecki a moltiplicare i suoi discorsi in lingua inglese diretti all’Europa, avvertendo che il confronto con la Bielorussia può essere il precursore di una sfida militare più pericolosa da parte della Russia. E, guardando i risultati, sembrerebbe un successo. Mentre la crisi s’inasprisce, Pis incassa dividendi concreti. Da paria della politica UE, i leader del partito godono oggi della solidarietà della comunità internazionale, ristabilendo anche il sostegno politico in patria, in calo da mesi. Dopo aver visto i sondaggi scendere al minimo storico del 31% all’inizio di quest’anno, i numeri risalgono al 35%, riportando Legge e Giustizia al ruolo di partito più popolare in Polonia. Una crisi apparsa al momento giusto, che ha fatto dimenticare l’insoddisfazione per il nuovo piano fiscale ed economico del governo, l’inflazione crescente e la diffusione della quarta ondata di coronavirus.

Una mappa dei flussi migratori (wikipedia)

L’offerta, anche se simbolica, di ulteriore supporto militare dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna ha avuto un ruolo importante nel convincere gran parte dei polacchi che occorreva stringersi a coorte per proteggere il Paese. “Questo è ciò che tutti i regimi populisti del mondo hanno fatto per anni. Ci deve sempre essere un nemico, se non straniero allora uno interno, se non reale allora uno creato”, ha dichiarato un eurodeputato polacco che appartiene a un partito rivale di Diritto e Giustizia a Patria Indipendente. “Qui è successo che ne è apparso uno reale”. Il governo di Varsavia sta anche usando le potenziali minacce bielorusse per sostenere una nuova legge sulla difesa, che raddoppierebbe la dimensione delle forze armate e incoraggerebbe gli accordi sulle armi con gli stati membri della UE e gli Stati Uniti. Il ministro della Difesa polacco ha annunciato che gli Stati Uniti forniranno 300 veicoli blindati all’esercito polacco entro il 2022 e d’aver firmato con il Regno Unito un accordo per aiutare la Polonia a sviluppare nuovi sistemi di difesa missilistica. Londra ha poi inviato un gruppo d’ingegneri per fornire assistenza al confine con la Bielorussia.

(Imagoeconomica)

Con la storica minaccia che viene dall’est, che gli elettori devono temere, e il nuovo compito di difesa dei confini europei da vendere alla UE, il partito Legge e Giustizia sembra aver acquisito gli strumenti per rispondere all’opposizione interna e per fare un’entrata strategica nella politica estera dell’UE, tentando magari di farsi condonare qualche deriva autoritaria e quei tentativi di bavaglio alle distrazioni (come la libertà di stampa, l’indipendenza della magistratura, i diritti umani,…) che risulterebbero inammissibili in un momento così glorioso, quello della protezione di tutti i cittadini dell’Unione. Poco importa che ha farne le spese siano qualche decina di migliaia di migranti usati come ostaggio. Presi in trappola dalle strategie di vari governanti e forse presi in giro dalla stessa Unione Europea. La Commissione ha infatti proposto misure temporanee per gestire le richieste d’asilo presentate in Polonia, Lituania e Lettonia; si tratta essenzialmente di allungare il periodo di registrazione per le domande di asilo dagli attuali dieci giorni a quattro settimane, lasciando agli Stati quattro mesi per valutarle.

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Ma, invece d’essere liberi di muoversi sul territorio nazionale come prescritto dal diritto comunitario, i richiedenti potranno essere trattenuti alla frontiera in attesa della decisione. Il che, in pratica, non solo limita la libertà di movimento dei profughi, favorendo la nascita di “campi di transito” improvvisati e privi dei requisiti minimi di sopravvivenza, ma rende anche più difficile presentare fisicamente la richiesta d’asilo, perché le autorità nazionali potranno decidere che le domande si possano presentare solo in determinati «punti di attraversamento» della frontiera. I tre Paesi sono teoricamente tenuti a fornire cibo, acqua, indumenti, cure mediche adeguate e assistenza alle persone vulnerabili, ma varie associazioni per i diritti umani concordano nel sostenere che nulla di questo, per esempio, sia garantito alla frontiera polacca. Senza contare che la proposta della Commissione introdurrebbe procedure semplificate e più rapide per i rimpatri di chi ricevesse una risposta negativa alla domanda d’asilo.

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Ciliegina sulla torta, lo strumento legislativo scelto dall’esecutivo comunitario esautora di fatto il Parlamento europeo dal processo decisionale, gli eurodeputati avranno infatti solo la possibilità di emettere un parere “non vincolante”, lasciando la parola finale agli Stati membri. In un duro comunicato, il gruppo socialista al PE ha definito la proposta come “misure d’emergenza che prevedono la detenzione de facto dei migranti”, altre voci si sono levate, ma la Commissione non pare intenzionata a fare marcia indietro. Avvicinandosi il Natale, restano negli occhi le rare immagini che arrivano da Kuznica, presepi viventi di sofferenza ai confini dell’Europa.