Cosa succede se i migranti arrivano attraversando il tempo invece che lo spazio?

Succede che, pur non ignorando le problematiche, la retorica di certa destra viene buttata a gambe all’aria. Beforeigners – ovvero “stranieri del prima” – è una serie norvegese, un poliziesco ambientato in una Oslo dove da tempo arrivano oltre 10.000 “stranieri del prima” ogni anno. Inspiegabilmente e senza che vi sia la possibilità di tornare indietro. Sei le puntate della prima stagione, dal 20 gennaio disponibili in italiano su RaiPlay dopo un ottimo successo in patria e all’estero.

I beforeigners sono norvegesi anche loro, ma vengono dall’età della pietra, dal periodo vichingo e dall’Ottocento. E per dinamiche la situazione è analoga alla nostra odierna con razzismo, povertà, violenza reciproca, criminalità specifica dei vari background temporali, conflitti fra religioni. Ma ovviamente anche integrazione, fascinazione per culture diverse, circoli virtuosi, interazioni e crescita.

Solo che quel semplice gioco dello scambiare lo spazio con il tempo butta a gambe all’aria tutta la retorica dell’estrema destra sul nativismo, delle culture incompatibili, delle tradizioni immutabili, dei sacri confini. Cosa accade quando le venerate stirpi e le eterne tradizioni si presentano improvvisamente alla tua porta? Cosa accade se i migranti sono nativi anche loro, se sono ben più “tradizionali” degli “odierni”? Cosa accade se l’argomento melting pot diventa palesemente assurdo?

Molto semplicemente accadono le stesse cose che accadono nella realtà, sia quelle negative che quelle positive. Si scopre che l’idealizzazione brandita dall’estrema destra come un’arma contro i migranti del mondo reale è solo un leggero velo ideologico che copre malamente logiche tribali. E gli interessi di alcuni.

Beforeigners, di fatto, presenta una distopia fantascentifica che però riconosciamo subito: è assurda, ma talmente familiare che non ingombra. La trama poliziesca sfila agile. La trama, appunto: una coppia di poliziotti, Lars e Alfhildr, indagano sull’omicidio di una cronomigrante dell’età della pietra. Lars, poliziotto esperto in crisi familiare e professionale, e Alfhildr, la prima recluta con un background multitemporale proveniente dall’epoca vichinga, si accorgono ben presto che il caso loro assegnato è molto più complesso del previsto. Classica e imprevedibile. E naturalmente non si può svelare molto di più.

Tutta la serie è permeata da un’ironia di sottofondo, spietata verso il razzismo ma che non risparmia alcune logiche dell’accoglienza più burocratica. E quelli di «Norvegia ai norvegesi» sono costretti a precisare un grottesco «Norvegia ai norvegesi… del presente»! Una godibilissima e acuta critica sociale. La seconda stagione è appena stata annunciata.