(Imagoeconomica)

Nella relazione al Comitato nazionale Anpi del 20 novembre scorso il presidente Gianfranco Pagliarulo ha detto: “In una visione del mondo che mette al centro le persone e i comportamenti politici, sociali e culturali che ne conseguono, l’antifascismo del tempo d’oggi si può legittimamente definire un nuovo umanesimo. In questo scenario vanno contestualizzati i valori generali che abbiamo ereditato dalla Resistenza, e cioè giustizia sociale, libertà, democrazia, solidarietà, pace”. Un “nuovo umanesimo”, e si è spinti ad alzare lo sguardo per cogliere spazi ampi e, se possibile, correlazioni fra tempi remoti e vicinissimi perché il mondo della storia cambia, ma esistono valori che hanno un loro corso a volte sotterraneo e nascosto; valori che talvolta bisogna spiegare alla luce del sole, anche con le loro ombre.

Copia romana del busto di Pericle risalente al 430 a.C.

Apro La guerra del Peloponneso di Tucidide, libro II, capitoli 37-41, e leggo il discorso di Pericle agli Ateniesi. È un passo importante perché lo storico, se non riporta le parole precise dello statista, è sempre molto attento a far coincidere ai “fatti” accaduti e verificati il senso della narrazione e dei discorsi esposti, in una verosimiglianza che rivendica come criterio cardine della sua storiografia. Certo, lo sappiamo, Atene era una città che reggeva le sue fortune economiche sull’imperialismo e la schiavitù, i meteci stranieri erano esclusi dalla partecipazione attiva alla polis e il valore delle donne, secondo lo stesso Pericle tucidideo, consisteva nel non far parlare di sé. Ma qui, nel 431 a.C., in un periodo di guerra, davanti ai sepolcri dei primi caduti a Corinto, lo stratega enumera ciò per cui sono morti chiedendo alla cerchia dei cittadini maschi, liberi, nati da genitori ateniesi, di qualunque ceto sociale, la condivisione dei valori che rendono Atene “paradigma” della civiltà.

Estratto del manoscritto di Tucidide

Questi sono i passaggi essenziali: “Comincerò dunque dai nostri primi antenati; infatti è giusto, e allo stesso tempo opportuno, concedere loro in questa situazione questo onore del ricordo. Infatti proprio loro, grazie al loro valore ci consegnarono libero fino ai nostri giorni un ordinamento politico che di nome, per il fatto che non si governa nell’interesse di pochi ma di molti, è chiamato democrazia… Nelle controversie private attribuiamo a ciascuno ugual peso e comunque nella nostra vita pubblica vige la libertà; per quanto poi riguarda la dignità, ciascuno viene preferito per le cariche pubbliche a seconda del campo in cui sia stimato, non tanto per appartenenza ad un ceto sociale, quanto per valore. Per quanto riguarda la povertà, se qualcuno può apportare un beneficio alla città, non viene impedito dall’oscurità della sua condizione. Liberamente noi viviamo nei rapporti con la comunità, senza adirarci con il vicino se fa qualcosa secondo il suo piacere e senza infliggerci a vicenda molestie che, sì, non sono dannose, ma pure sono spiacevoli ai nostri occhi. Amiamo il bello, ma con semplicità, e ci dedichiamo al sapere, ma senza debolezza; adoperiamo la ricchezza più per la possibilità di agire che essa offre che per sciocco vanto, e la povertà non è vergognosa ad ammettersi per nessuno, mentre lo è assai più il non darsi da fare per liberarsene. Riuniamo in noi la cura degli affari pubblici insieme a quella degli affari privati, e se anche ci dedichiamo ad altre attività, non siamo privi della conoscenza degli interessi pubblici. Noi Ateniesi giudichiamo o, almeno, ponderiamo convenientemente le varie questioni, senza pensare che il discutere sia un danno per l’agire, ma che lo sia piuttosto il non essere informati dalle discussioni prima di entrare in azione. E di certo noi possediamo anche questa qualità in modo differente dagli altri, cioè noi siamo i medesimi e nell’osare e nel ponderare al massimo grado quello che ci accingiamo a fare, mentre negli altri l’ignoranza produce audacia e il calcolo incertezza. Trattando le faccende private non commettiamo illegalità nelle faccende pubbliche. Prestiamo obbedienza alle leggi soprattutto a quante sono in vigore per portare aiuto contro le ingiustizie che comportano una vergogna riconosciuta da tutti. Consideriamo chi non prende assolutamente parte a tali questioni non una persona tranquilla, ma inutile”.

David Sassoli il 3 luglio 2019, giorno della sua elezione a presidente del Parlamento europeo (Imagoeconomica)

Il pensiero torna al presente. Perché la realtà è sempre stata più amara delle idee, ma senza queste la storia non può andare avanti e, certo, c’è bisogno di un nuovo umanesimo attivo e unitario in questi tempi tristi perché “chi non prende assolutamente parte a tali questioni non è una persona quieta, ma inutile”: è possibile che il presidente David Sassoli, mentre assumeva la carica europea il 3 luglio 2019, da uomo colto qual era abbia scelto per il suo discorso più importante la straordinaria efficacia dell’antico storico, come a dire che i valori della democrazia non hanno tempo, e quindi devono avere un futuro. Egli disse:

(Imagoeconomica)

“Signore e signori, questo è il nostro biglietto da visita per un mondo che per trovare regole ha bisogno anche di noi. Ripetiamolo perché sia chiaro a tutti che in Europa nessun governo può uccidere, che il valore della persona e la sua dignità sono il nostro modo per misurare le nostre politiche…
…che da noi nessuno può tappare la bocca agli oppositori, che i nostri governi e le istituzioni europee che li rappresentano sono il frutto della democrazia e di libere elezioni.
…Che nessuno può essere condannato per la propria fede religiosa, politica, filosofica… Che da noi ragazze e ragazzi possono viaggiare, studiare, amare senza costrizioni…
…Che nessun europeo può essere umiliato e emarginato per il proprio orientamento sessuale… Che nello spazio europeo, con modalità diverse, la protezione sociale è parte della nostra identità, che la difesa della vita di chiunque si trovi in pericolo è un dovere stabilito dai nostri Trattati e dalle Convenzioni internazionali che abbiamo stipulato.
Le nostre regole economiche devono saper coniugare crescita, protezione sociale e rispetto dell’ambiente. Dobbiamo dotarci di strumenti adeguati per contrastare le povertà, dare prospettive ai nostri giovani, rilanciare investimenti sostenibili, rafforzare il processo di convergenza tra le nostre regioni ed i nostri territori.
La rivoluzione digitale sta cambiano in profondità i nostri stili di vita, il nostro modo di produrre e di consumare. Abbiamo bisogno di regole che sappiano coniugare progresso tecnologico, sviluppo delle imprese e tutela dei lavoratori e delle persone.
Il cambiamento climatico ci espone a rischi enormi ormai evidenti a tutti. Servono investimenti per tecnologie pulite per rispondere ai milioni di giovani che sono scesi in piazza, e alcuni venuti anche in quest’Aula, per ricordarci che non esiste un altro pianeta.
Dobbiamo lavorare per una sempre più forte parità di genere e un sempre maggior ruolo delle donne ai vertici della politica, dell’economia, del sociale. Ma tutto questo non è avvenuto per caso. L’Unione europea non è un incidente della storia. Noi siamo i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia. Se siamo europei è anche perché siamo innamorati dei nostri Paesi. Ma il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti di superiorità e producono conflitti distruttivi”.

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David Sassoli aveva davanti agli occhi ben chiaro che nulla è conquistato per sempre, che possono esserci crepe vistose nell’edificio valoriale e che tanta è ancora la strada da percorrere insieme. Con la sua morte ha fatto un’ultima cosa importante per l’Italia: ci ha fatto riflettere sull’identikit di chi meriterebbe il ruolo di capo dello Stato, di quale personalità abbiamo bisogno mentre all’orizzonte si affacciano nuvole nere.