Don Piero Montecucco (www.laprovinciapavese.gelocal.it)

Proponiamo un ricordo di don Piero Montecucco, sacerdote-rettore a Voghera, scomparso lo scorso 10 giugno all’età di 82 anni e la sua testimonianza sul funerale ai Martiri della Benedicta a cui assistette da bambino.

Nei giorni scorsi ci ha lasciato l’amico e compagno don Piero Montecucco, da molti anni iscritto alla nostra associazione: per la precisione, dal lontano 1974, come ho avuto modo di trovare nei vecchi elenchi che abbiamo conservato. Non sono la persona più adatta per raccontare il percorso di Piero all’interno della Chiesa, ma la sua ordinazione sacerdotale avviene nella fase di apertura avviata dal Concilio Vaticano II e lui – dopo esperienze nel seminario di Tortona – testimonia la sua fede attraverso la scelta del lavoro come prete operaio (è proprio questa la “qualifica” che ho trovato nel nostro elenco iscritti) compresa l’attività sindacale nella fabbrica.

I funerali di don Piero Montecucco (www.laprovinciapavese.gelocal.it)

E poi le sue prese di posizione con l’organizzazione storica dei preti operai, l’attività di sacerdote prima in alcuni comuni dell’Oltrepò e poi all’interno della Comunità del Carmine vogherese come sacerdote-rettore, la costruzione di occasioni di incontro e dialogo tra religioni diverse…

Tutto questo però fortemente intrecciato con l’impegno civile sui temi della solidarietà, della pace, della giustizia sociale, per la difesa della Costituzione, dell’antirazzismo e contro ogni forma di esclusione. Non a caso è tra i promotori, nel 1991, dell’associazione “Insieme” a Voghera, al fianco dei migranti, della quale è stato presente fino all’ultimo.

Il numero di “Patria Indipendente” del 30 giugno 2005 con il contributo di don Piero Montecucco

Come Anpi lo ricordiamo anche per la sua scelta antifascista, segnata dall’esperienza familiare e dall’avere assistito da bambino ai funerali di alcuni giovani uccisi alla Benedicta, nella strage nazifascista dell’aprile 1944. Quando mi raccontò l’episodio era il 2005, gli chiesi di stendere una nota che trovò spazio all’interno dell’allora versione cartacea di Patria indipendente. Ne fu contento, perché il suo legame con il Sacrario della Benedicta, alle Capanne di Marcarolo, restò sempre intenso.

I diversi “frammenti” che ho di Piero (oltre all’immagine di noi due che, a pochi giorni dall’inaugurazione, svuotiamo la sede condivisa tra Anpi e associazione Insieme dall’acqua entrata copiosamente a causa di una pioggia intensa e di un marciapiede dissestato) sono sempre legati a iniziative di ambito locale e nazionale: la sua presenza all’incontro promosso come Anpi con Luisito Bianchi (un paio d’anni prima della sua scomparsa) sul libro La messa dell’uomo disarmato; la sua vicinanza mentre, vent’anni, fa camminiamo per le strade di Genova nella giornata per la solidarietà ai migranti in occasione del G8; le innumerevoli iniziative pacifiste e contro le logiche di guerra; entrambi lettori de il Manifesto con scambio di commenti e osservazioni…

Don Piero Montecucco durante una funzione religiosa (www.laprovinciapavese.gelocal.it)

Piero ha seguito il suo percorso con intelligenza, coraggio, pacatezza, scegliendo sempre, fino all’ultimo, la parte della solidarietà e dell’umanità, come dimostra la raccolta fondi per la campagna “Salaam ragazzi dell’olivo” per i bambini palestinesi. “La giustizia prima della carità”, come ho ritrovato in una sua lettera di alcuni anni fa scritta a un vescovo e che è emersa anche al suo funerale, svolto tenendo fede al suo “testamento” con la semplicità delle spighe di grano e di un Vangelo posati sulla cassa di legno grezzo, la successiva cremazione e tumulazione a Serravalle Scrivia, dove riposa la madre. Siamo stati in molti a salutarlo con commozione e affetto, ringraziandolo per quanto abbiamo ricevuto dal suo impegno.

Antonio Corbeletti, presidente sezione Anpi Voghera

Il Sacrario della Benedicta (wikipedia)

Comparso su Patria Indipendente nel 2005 con il titolo “Mai dimeticare l’eccidio della Benedicta”, ecco il ricordo di don Piero Montecucco sulla sua partecipazione, allora bambino, ai funerali delle vittime della strage nazifascista compiuta sull’Appennino ligure.

Le rovine della Benedicta (Archivio fotografico Anpi nazionale)

La mia memoria di sessant’anni fa è legata a un funerale. Sono grato a mio padre per avermici accompagnato. Le quindici bare erano allineate lungo i due lati della piazza del Mercato. Ciascuna di esse era attorniata dai genitori e dai parenti, che hanno potuto accogliere le salme dei giovani solo un anno dopo che erano stati trucidati dai tedeschi alla Benedicta nella notte del 7 aprile 1944. Nell’inverno 1943-1944 intorno al Monte Tobbio, nell’appennino ligure piemontese, si erano rifugiati i primi nuclei di giovani renitenti alla leva e partigiani, che rifiutavano di continuare la guerra e iniziavano il loro percorso di opposizione al fascismo. Nella primavera 1944 i giovani affluiti in montagna erano ormai diverse centinaia e facevano capo alla Benedicta, un cascinale annesso a un convento benedettino medioevale. Anche se molti di questi giovani erano male armati e privi di istruzione militare, la loro presenza rappresentava un pericolo potenziale per tedeschi e fascisti, che decisero di organizzare un rastrellamento, allo scopo di sgominare le bande e di creare il terrore nella popolazione civile.

Sacrario della Benedicta (wikipedia)

Il 7 aprile 1944 ingenti forze nazifasciste circondarono la Benedicta e le altre cascine dove erano dislocati i partigiani e colpirono duramente i giovani, impossibilitati a difendersi per mancanza di un adeguato armamento e di esperienza militare. Il rastrellamento proseguì per tutto il giorno e nella notte successiva. Molti partigiani, conoscendo il territorio, riuscirono a filtrare tra le maglie del rastrellamento, ma per centinaia di loro compagni non ci fu scampo. In diverse fasi i nazifascisti fucilarono 147 partigiani, altri caddero in combattimento, altri, fatti prigionieri, furono poi fucilati il 19 maggio al passo del Turchino. Altri 400 partigiani furono catturati e deportati in Germania, dove circa la metà lasciarono la vita nei campi di concentramento.

24 maggio 2007, Sacrario della Benedicta, commemorazione con le scuole (Archivio fotografico Anpi nazionale)

Come si può facilmente immaginare, la notizia di questo eccidio si diffuse rapidamente e suscitò una grandissima impressione nella popolazione di tutta la zona e nei paesi da cui provenivano i giovani partigiani. Anche in una cascina isolata tra le colline, lontano dai paesi, come quella dove io ero nato e abitavo, le notizie della guerra si sapevano e si vivevano con grande trepidazione, anche perché vi erano coinvolti alcuni familiari. E ricordo bene, pur essendo un bambino, come la milizia fascista faceva sentire tutta la sua pressione sulle famiglie dei renitenti alla leva. La guardia comunale veniva da noi ogni due o tre giorni a cercare mio zio Talino. E un giorno arrivarono in gruppo i militi armati di tutto punto, sottoposero mio nonno a un pesante interrogatorio, salirono sul fienile e lo passarono col tridente, pensando che mio zio fosse nascosto sotto il fieno… L’eccidio della Benedicta non ottenne lo scopo di piegare lo spirito popolare e di fermare il movimento partigiano. Che, anzi, dopo una seria riflessione sugli errori compiuti, riuscì a riprendere vigore e a riorganizzare nuove formazioni di Resistenza, che intensificarono le azioni contro i nazifascisti, soprattutto in val Borbera, dove alle “Strette di Pertuso” un centinaio di partigiani tennero testa per tre giorni, dal 25 al 27 agosto ’44, a 3.000 militari tedeschi e fascisti.

I funerali dei Martiri della Benedicta (www.benedicta.org)

Pochi giorni dopo l’eccidio, alcuni parenti delle vittime salirono alla Benedicta per recuperare le salme dei loro congiunti. Trovarono più di novanta corpi sotterrati in due fosse comuni… Li ricomposero nelle bare che avevano portato sui carri, nascoste sotto il fieno, e scavarono una fossa per ciascuno di loro. Sono rimasti sepolti alla Benedicta fino alla fine della guerra. «Finita la guerra, un gruppo di parenti e volontari risalirono alla Benedicta per restituire i corpi alle famiglie e ai cimiteri dei paesi. Li hanno portati a valle nelle nuove casse su delle slitte trainate dai buoi. Poi con le bare sui camion sono arrivati a Serravalle, a porta Genova, dove aspettava la gente, tantissima gente… una fiumana, che ha accompagnato in corteo i Martiri della Benedicta alla piazza del Mercato, dove sono stati vegliati tutta la notte…»

Un’altra immagine dei funerali dei Martiri della Benedicta (www.http://www.comune.serravalle-scrivia.al.it)

Con la fine della guerra la gente ha tirato un sospiro di sollievo, ma in molte case le sofferenze non terminarono… Molte famiglie si ricomponevano per il ritorno a casa dei congiunti dalla guerra. Di alcuni di loro non si avevano notizie da molto tempo, ma di altri non si ebbero mai più notizie… Molti, come i ragazzi della Benedicta, ritornarono in una bara… Ora riposano insieme nella cappella del cimitero costruita per loro. Ormai non si ricordano più come “i ribelli”, e neanche come “partigiani”, ma al mio paese vengono chiamati “Martiri”, perché sono “morti nel tramonto della tirannia e risorti nell’alba della libertà”. Al centro del mio paese c’è una lapide che ammonisce: “Non dimenticate i Martiri della Benedicta”.