Giovanissimo aveva partecipato alla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo con il battaglione “Candon” della divisione Garibaldi Destra Tagliamento e dopo, con i Viet Minh, a quella del Vietnam dal colonialismo francese. Se n’è andato a 93 anni, lo scorso 23 gennaio, Derino Zecchini, “Rino”.
La sua esperienza partigiana in Vietnam dura dal 27 febbraio 1951 al 17 luglio 1954 quando, dopo la lunga battaglia di Dien Bien Phu (13 marzo-7 maggio 1954), la guerra termina con la vittoria vietnamita. Derino riuscirà a ritornare nella sua casa a Gradisca di Spilimbergo solo il 23 dicembre 1957.
L’avventura di Derino Zecchini comincia a 17 anni, quando si arruola come staffetta partigiana veloce, un’esperienza che continuava a rivivere nei ricordi e nelle parole: «Sapevo correre, non sentivo la fatica. I compagni mi volevano bene, avevo mitra e pistola, sparavo discretamente. Durante la guerra partigiana me la sono cavata, poi ho pensato che non bastava combattere solo per la propria terra. Il socialismo si poteva provare a farlo anche aiutando un popolo lontano come quello vietnamita». Il modo di sentire la lotta per la Liberazione, già nella primavera del 1945, si sposa con la situazione familiare di Derino: «Dopo la Resistenza ero tornato a casa. Eravamo 18 in famiglia e il lavoro non c’era. Ho pensato che non mi restava che emigrare come tanti compagni della Resistenza. Molti nel dopoguerra avevano scelto la Jugoslavia. Ma lì c’era già il Sol dell’avvenire, così ho scelto la Francia, per raggiungere il Vietnam». Come fosse una cosa scontata Derino Zecchini racconta «…Finita la guerra continuavo a sentirmi partigiano. Decisi di raggiungere l’Indocina… Ma come potevo fare? Non era previsto il rilascio del passaporto per raggiungere il Nord Vietnam… Così mi sono recato clandestino in Francia (l’Italia non ci lasciava espatriare per cercarci un lavoro) alla fine di settembre del 1946».
Inizia, così, una storia unica, che unisce due luoghi tra loro molto distanti, ma accomunati dall’esigenza di liberazione; e così, il 30 settembre 1946, Zecchini parte da Spilimbergo per la Francia, passa la frontiera da clandestino il 2 ottobre 1946 e lavora da manovale per quasi un anno, fino al suo ingaggio a Lille nella Legione straniera.
«Sapevo che dopo la vittoria sui nazifascisti – ha raccontato Zecchini – il Vietnam lottava per la sua libertà dal colonialismo francese. Come potevo raggiungere i vietnamiti? Arruolandomi nella legione straniera francese. Senz’altro mi avrebbero inviato a combattere la loro sporca guerra coloniale in Vietnam. Lì ho pensato, potrò disertare, certo rischiando la vita, per unirmi ai compagni vietnamiti. Era questione di tempo, dovevo pazientare, fingere, passare inosservato il più possibile e poi, al momento giusto, passare le linee, per unirmi ai compagni combattenti di Ho Chi Minh. Così ho fatto. Mi è andata bene. Se i francesi mi avessero preso, mi avrebbero ammazzato torturandomi lentamente». Prima Marsiglia, addestramento disumano, poi Orano in Algeria, per diventare perfetti assassini, infine, il 9 agosto ’49, l’imbarco per Saigon, dove arriva un mese dopo.
Gli ufficiali francesi si accorgono che Derino cerca di non partecipare ai loro delitti contro i civili nei villaggi vietnamiti. «Mi tenevano d’occhio. “Stai camminando su una tavola insaponata… Se vediamo che scivoli, sei finito» è la minaccia che riceve. Inviato al fronte nord, il 27 febbraio ’51 «con il compagno Tichetti – scrive Derino sul diario – siamo passati con le armi nei ranghi dei Viet Minh». I compagni vietnamiti gli consegnano un altoparlante chiedendogli, vicino alla linea del fronte, di invitare i francesi a disertare e unirsi a loro. «Ho partecipato nel maggio del 1954 alla vittoriosa battaglia di Dien Bien Phu (…), poi un giorno un uomo dalla lunga barba, in una capanna, mi chiede in francese delle motivazioni che mi hanno portato ad unirmi a loro. Gli rispondo sincero. Mi stringe la mano, salutandomi. I compagni mi dicono che ho parlato con Ho Chi Minh». Derino si ammala, lo mandano a curarsi in Cina. Quando torna ad Hanoi la guerra francese è finita e comincia il suo peregrinare per il ritorno in Italia che avviene via Hong Kong, dove il 27 novembre 1957 si imbarca per l’Italia. Sulla nave Vittoria del Lloyd Triestino conosce il regista Carlo Lizzani che gli fornisce il necessario per le piccole spese. Arriva a Genova il 22 dicembre del 1957 e, da qui, a Gradisca di Spilimbergo il giorno successivo. La mamma, quando lo vede, sviene. I ricordi di Derino Zecchini, combattente per la libertà dell’Italia dal nazifascismo e del Vietnam dal colonialismo francese sono raccolti, insieme ai suoi vividi disegni, nel suo diario Dietro la cortina di bambù, curato
dalla professoressa Sabrina Benussi. Zecchini ha ricevuto la Medaglia della Liberazione quale partigiano nella Brigata Garibaldi Sud Arzino. Le immagini della vita di Derino Zecchini si sono susseguite come in un film e, oggi, nel borgo natale, viene salutato con i fazzoletti dell’Anpi e i fiori rossi, mentre viene accompagnato alla sua ultima dimora. Derino continuerà ad apparire sempre sorridente con il diploma e la Medaglia della Liberazione che il prefetto Maria Rosaria Laganà gli ha consegnato il 2 giugno 2016, mentre in tanti sostenevano che Derino meritasse almeno due medaglie della Liberazione. La sua vita di combattente per la libertà rimane nella memoria di tutti coloro che lo hanno conosciuto e salutato con i tanti ricordi della sua vita da partigiano, in Italia e in Vietnam, e poi di operaio e contadino nella sua Spilimbergo.
Sigfrido Cescut, Anpi Pordenone
Pubblicato martedì 2 Febbraio 2021
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