Con la partecipazione di oltre 500 studenti e di rappresentanti delle istituzioni, Anpi nazionale ha presentato il libro dello storico e presidente della sezione locale dei partigiani, Alessandro Rodia, illustrato dai disegni di Massimo Marangio e la prefazione del presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo, che ricostruisce fatti e violenze squadriste nel paese del Brindisino in quel giorno emblematico
Il 28 ottobre 1922, 100 anni fa, mentre gli squadristi occupavano Roma, in un luogo distante 530 chilometri dalla capitale, venivano devastate case, bar, botteghe artigiane, i contadini socialisti picchiati a sangue. Manganelli in quantità, pugnali e spari nelle piazze. Terrore puro e alla fine anche un antifascista massacrato a colpi di bastone e poi ammazzato a colpi di arma da fuoco.
Francavilla Fontana (BR) oltre 500 studenti del territorio hanno partecipato all’evento
Dove accadde? In un paese del centro–nord? Niente affatto. Le vicende avvennero in Puglia, nella cittadina di Francavilla Fontana, a poca distanza da Brindisi. Proprio in quel profondo sud spesso dimenticato nei racconti dell’antifascismo e della Resistenza.
Alessandro Rodia, autore del volume e presidente Anpi Francavilla FontanaDue dei bellissimi disegni dell’artista Massimo Marangio che illustrano il libro, seguendo da vicino la storia
Quel Sud dove i “sovversivi” (come venivano definiti gli antifascisti nei rapporti delle questure) durante il ventennio verranno esiliati, imprigionati, brutalmente torturati, uccisi. Quel Sud che darà i suoi giovani migliori alla Resistenza, soldati richiamati in guerra per combattere sui fronti esteri e interni e che dopo l’armistizio faranno la loro scelta. Partigiani che con determinazione, cuore, coraggio e infiniti sacrifici lotteranno contro i nazifascisti.
La vita di Luigi Pentassuglia, contadino francavillese, socialista, si è fermata invece quel 28 ottobre 1922. Era solo un ragazzo, Luigi, aveva 22 anni. A recuperare questa memoria finita nell’oblio è stato Alessandro Rodia, storico e presidente della sezione Anpi di Francavilla Fontana intitolata al partigiano Donato Della Porta, trucidato giovanissimo nella guerra di Liberazione. Rodia sta pubblicando un’altra delle sue ricerche nel volume “Francavilla Fontana nella Memoria – 28 ottobre 1922”, illustrato da disegni di Massimo Marangio. La prefazione è del presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo.
Rappresentanti dei promotori, istituzioni locali, Anpi e altre realtà di vigilanza democratica alla presentazione del volume di RodiaGli studenti hanno partecipato leggendo alcuni passi tratti dal libro
Il libro è stato presentato proprio il 28 ottobre scorso in un evento-ricordo nel Teatro Italia di Francavilla Fontana, alla presenza attenta e silenziosa di oltre cinquecento studenti dell’ultimo anno delle scuole medie superiori. Un’iniziativa patrocinata da Anpi nazionale, Osservatorio sui neofascismi della Regione Puglia, Presidenza della Regione, Comune di Francavilla, Provincia di Brindisi, presenziata da esponenti istituzionali e in rappresentanza del nazionale dell’Associazione dei partigiani da Luigi Marino del Comitato nazionale, oltre che da componenti del provinciale.
Accompagnati dalla proiezione di 45 immagini dell’artista Marangio e dalle musiche del compositore francavillese Raffaele Argentieri Jr, ragazze e ragazzi hanno letto alcuni brani della ricostruzione storica di quei terribili giorni.
Luigi Marino del Comitato nazionale Anpi
«La violenza atroce delle squadracce fasciste armate – ha spiegato Luigi Marino – nei confronti di quanti venivano considerati bolscevichi, arrivò prima anche del 28 ottobre del 1922 in molte città e in molti paesi italiani, anche nel Sud. È sacrosanto ricostruirne la memoria e ricordare che migliaia di sovversivi antifascisti e partigiani erano del Meridione d’Italia – ha proseguito nelle conclusioni dell’iniziativa l’esponente nazionale Anpi –. Anche a loro dobbiamo la nostra Costituzione, che va difesa. E oggi, noi che proveniamo da quella storia, siamo partigiani di pace, giustizia sociale e dei diritti. Ed è una meraviglia sentire dalla voce di tanti giovanissimi pezzi irrinunciabili di quella memoria. Perché proprio da quella memoria dipende il nostro presente e il nostro futuro».
L’autore del volume sui fatti del 28 ottobre 1922 a Francavilla che, in fase di stampa, sarà presentato pubblicamente il 10 novembre al Castello Imperiali di Francavilla, ha posto l’accento sulla necessità di sapere.
«La storia non consente vuoti di memoria – ha detto Alessandro Rodia -, le pagine bianche prima o poi vengono scritte. Francavilla conosce pochissimo di quanto avvenuto durante il ventennio fascista. Nel tempo si è affievolita l’idea di fare luce sulle violenze perpetrate dagli squadristi francavillesi. Per alcune vicende tragiche una coltre di silenzio e una ragnatela di ombre hanno avvolto la storia della città. La decisione di avere memoria dei fatti accaduti cento anni fa intende far riflettere sulle dinamiche che sfociarono nella negazione della libertà».
E questa missione di memoria è rivolta a tutte e a tutti, all’Italia che non conosce, ma in particolare ai giovanissimi di quella stessa cittadina ora fieri del passato del luogo dove sono nati e vivono.
Per organizzare la marcia su Roma, il 24 ottobre 1922 molti squadristi erano andati a Napoli da Francavilla che, fin dal 1920, considerata troppo socialista e quindi sovversiva, era stata teatro di attacchi e agguati dei fascisti locali. La ricerca riesce a ricostruire singoli episodi, con nomi e cognomi dei protagonisti e delle protagoniste.
Una delle testimonianze recuperate da Alessandro Rodia riferisce: «All’alba di sabato, 28 ottobre 1922, più di duecento fascisti provenienti da Taranto giunsero a Francavilla, ritenuta un’importante roccaforte del sovversivismo rosso. Due squadre di azione e di assalto, la “Mastronuzzi” e la “Disperata”, arrivarono in camion, accolti in piazza dai camerati francavillesi. Tutti in divisa con camicie nere, fez ed elmetti, armati di revolver, moschetti e pugnali, al comando del farmacista Armando Ferrari, megalomane al punto di credersi imparentato con Mussolini, che qualche anno dopo finirà ricoverato nel manicomio di Lecce».
Ancora: «I capi squadristi diedero ordine ai propri uomini, che sparavano colpi di moschetto in aria, di chiudere le vie di accesso alla piazza e di prepararsi per l’assalto alla sede della Lega dei contadini. Richiamati dai canti e dalle grida di quei giovani dall’aspetto guerresco, il vicecommissario di polizia assieme al vicecommissario di Brindisi chiesero spiegazione di quell’illegale apparato di forza, ricevendo come risposta che, per quel giorno, loro erano i comandanti della piazza. I due funzionari, nonostante disponessero di un buon numero di carabinieri a piedi e a cavallo, per non provocare degli eccidi, si ritirarono attendendo istruzioni dai superiori. La città era in balia dei fascisti».
Ed ecco la ricostruzione dell’omicidio del giovane contadino Luigi Pentassuglia: «In questa gran confusione, da via Regina Elena, entrò in piazza il carretto. Arrivati innanzi alla sede del fascio, nella grande calca di fascisti che li accerchiava brandendo mazze e manganelli, D’Ambrosio incominciò a scaricare le zappe. Un colpo di moschetto venne esploso in aria. Nicola D’Angela, fascista che aveva dichiarato di essere stato aggredito, riconobbe e additò ai camerati il Pentassuglia: “Questo è colui che ieri mi sparò”. Animato da spirito di vendetta agì all’istante, saltò sul traino e gli assestò un colpo di bastone alla testa e profittando che questi barcollava, gli esplose due colpi di arma da fuoco, gridando: “Così si tratta questa canaglia!”. Il giovane antifascista, ferito, si trascinò sino al botteghino di sali e tabacchi di Generoso Iurlaro. In gravissime condizioni si adagiò su una sedia. I fascisti tentarono ancora di irrompere nel locale. I carabinieri e le guardie municipali lo trasportarono rantolante all’ospedale. Lungo il percorso cessò di vivere».
Il volume di Rodia dà conto degli sviluppi: «Il giorno dopo – domenica 29 ottobre -, il comandante dei carabinieri di Brindisi, inviò al sottoprefetto il telegramma: “Ore 17 ieri, pubblica piazza Francavilla fascista, D’Angela Nicola dimesso dal carcere poche ore prima per rancori uccideva socialista luogo Pentassuglia Luigi. Funzionari sicurezza del luogo per evitare sicuro spargimento sangue hanno creduto momentaneamente soprassedere procedere arresto D’Angela”».
Diffusasi la notizia dell’omicidio di Pentassuglia tutte le donne socialiste, terrorizzate, erano andate per le campagne a cercare i loro cari per munirli del nastrino tricolore e porli in salvo. Gli squadristi proseguirono nelle loro violenze, che le vittime dovettero tacere per anni.
«Contadini, muratori, piccoli artigiani e intellettuali ebbero a Francavilla il coraggio di essere antifascisti. Furono schedati come “sovversivi”. Subirono discriminazioni, violenze e torture, costretti a bere l’olio di ricino, vissero i morsi della fame e la tragedia dei figli e delle mogli in miseria. Incarcerati e condannati al confino, affrontarono anche la morte».
Con l’avvento del fascismo, scattò l’impunibilità per gli omicidi compiuti dai fascisti. Con regio decreto del 22 dicembre 1922, “tutti i reati commessi in occasione o per causa di movimenti politici o determinati da movimenti politici, quando il fatto sia stato commesso per un fine nazionale, immediato o mediato”, venivano amnistiati.
E così decise il giudice istruttore di Lecce il 19 gennaio 1923: nessuna giustizia per l’omicidio del giovane antifascista di Francavilla. Sarà il Comitato di Liberazione Nazionale di Francavilla, quasi due decenni dopo, nell’agosto 1944, a inviare all’Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo un esposto con il lungo elenco di crimini.
Il 12 marzo 1945, la Procura di Brindisi trasmetterà il rapporto dei carabinieri alla Procura di Lecce. Intanto, in quello stesso anno, il sindaco antifascista di Francavilla, Cesare Teofilato, farà intitolare a Luigi Pentassuglia una strada (poi rinominata via Mazzini).
È il maggio 1945 quando il procuratore del Regno, Arturo Tocci, emetterà un mandato di cattura nei confronti del fascista D’Angela, ritenuto dai carabinieri di Francavilla “uno dei più pericolosi, e famigerato autore del maggior numero di crimini che si commisero in quell’epoca, compreso il feroce assassinio compiuto a sangue freddo di Luigi Pentassuglia”.
I giovani delle scuole hanno gremito la sala e partecipato attivamente alla presentazione del libro di Rodia
Solo il 12 marzo 1951 il procuratore generale di Lecce chiederà la revoca della sentenza del 19 gennaio 1923 di proscioglimento per amnistia di D’Angela, decidendo di rimettere gli atti alla Procura di Lecce per un nuovo processo. L’assassino fascista di Francavilla è arrestato a Bari il 15 marzo 1951 e rinviato a giudizio quattro mesi dopo. Il verdetto della corte di Assise di Brindisi arriva il 10 gennaio 1952: a D’Angela, sono concesse attenuanti a raffica, la condanna è appena a cinque anni di carcere. Ne sconterà solamente uno. In quegli anni 50 si è ancora molto “comprensivi” con gli assassini fascisti.
Luigi Pentassuglia e i tanti altri, donne e uomini, sovversivi e partigiani meridionali ci raccontano la nostra storia che, pur seppure di un secolo fa, diventa attuale perché ci riguarda, perché è stato il loro sacrificio a restituirci la vita. E questa è memoria viva di quanti ci hanno regalato Liberazione e Costituzione. Spesso, non molti lo sanno, questa memoria viene dal Sud.
Tea Sisto, presidente Anpi Brindisi
Pubblicato martedì 1 Novembre 2022
Stampato il 29/11/2023 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/28-ottobre-1922-2022-francavilla-fontana-la-memoria-antifascista-ritrovata/
Periodico dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
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