Esattamente 80 anni fa, il 25 novembre 1944, il capo delle SS, Heinrich Himmler, ordinava lo smantellamento delle istallazioni di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Le operazioni di smantellamento del Crematorio II iniziarono subito, seguite il 1° dicembre dello stesso anno dalla distruzione del Crematorio III. L’Armata Rossa stava arrivando e i nazisti erano intenzionati a cancellare più prove possibili della macchina dello sterminio.
Ma cosa sapevano le forze Alleate in merito al campo di concentramento/sterminio di Auschwitz-Birkenau, e perché non bombardarono? Nel ricordo di questo anniversario storico, andremo proprio ad analizzare queste due questioni. Partiamo dal primo quesito.
Nel maggio 1942, la Bbc a Londra trasmette la notizia del massacro di 700 mila ebrei polacchi, assassinati durante l’offensiva nazista. L’emittente britannica, riporta ulteriormente la notizia il 26 giugno dello stesso anno. Sempre nel 1942 la coalizione antihitleriana comunicò che i criminali di guerra sarebbero stati puniti senza eccezione al termine delle ostilità.
Nel 1943 assumerà grande rilievo, seppur inascoltato dalle grandi potenze, la figura di Jan Karski (1914-2000), nome di battaglia di Jan Kozielewski. Era un polacco, ma non era né un ebreo né un evaso da un campo di concentramento. Questi, con l’invasione nazista della Polonia, entrò subito nella Resistenza polacca, mantenendo contatti sia con la struttura segreta dello Stato polacco sia con i rappresentanti del governo esiliati a Londra. Karski venne catturato dalla Gestapo, e temendo di rivelare qualcosa sotto tortura si tagliò le vene, ma venne salvato e ricoverato in ospedale, da dove un commando della Resistenza lo aiutò a evadere e a riprendere la missione di ufficiale di collegamento.
Dopo queste vicissitudini, gli fu affidato l’incarico, per il quale ci voleva anche una notevole dote di coraggio, di entrare per due volte nel Ghetto di Varsavia. Nell’agosto 1942, vi entrò dallo scantinato di una casa nella parte “ariana” sul confine del Ghetto, travestito con abiti cenciosi su cui era cucita la stella di David. Lo accompagnarono due ebrei, Menachem Kirschenbaum e l’avvocato Leon Feiner. Dopo queste due visite, l’organizzazione clandestina ebraica lo fece andare a Izbica, un paesino vicino Varsavia, punto di raccolta e smistamento in cui migliaia di ebrei cecoslovacchi venivano perquisiti, spogliati e messi su camion per i campi di sterminio di Belzec e Treblinka.
Qui, Karski, camuffato con l’uniforme di un miliziano ucraino, vide arrivare migliaia di ebrei affamati e terrorizzati, sentì le urla strazianti di donne e bambini e l’odore della carne umana bruciata. Gli ebrei volevano che il mondo sapesse e che gli Alleati intervenissero per fermare lo sterminio e le atrocità. Nel novembre 1942, Karski si recò a Londra dove rimase fino al luglio 1943 senza ottenere risultati. Il 12 maggio 1943, Szmul Zygielbojm, esponente socialista, ebreo polacco, membro del governo in esilio, si suicidò con una lettera di protesta per l’indifferenza generale verso lo sterminio ebraico.
A Varsavia era scoppiata la rivolta del Ghetto che proprio in quei giorni veniva repressa nel sangue dai nazisti. Due mesi dopo, la mattina del 28 luglio 1943, Karski venne ricevuto nella Stanza Ovale della Casa Bianca dal Presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt. A questi egli raccontò la drammaticità della situazione e l’importanza di bombardare i campi della morte, ma nonostante determinazione di Karski, l’incontro non produsse alcun risultato. Dopo la guerra per il suo impegno, Karski riceverà il titolo di Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem. Arriviamo così all’anno successivo, quando il 7 aprile Rudolf Vrba e Alfred Wetzler riescono a fuggire da Birkenau e a raggiungere la Slovacchia. Questi scrivono un rapporto dettagliato, conosciuto come «Rapporto Vrba-Wetzler» o «I protocolli di Auschwitz» sul meccanismo di sterminio di massa degli ebrei che giunge nelle mani delle autorità ebraiche di Bratislava e di monsignor Giuseppe Burzio, diplomatico del Vaticano.
In breve tempo raggiunge Londra e gli Stati Uniti, e il rapporto viene proposto via radio dalla Bbc e a seguire dal New York Times. Il 14 aprile 1944 per la prima volta gli Alleati scattano una serie di fotografie aeree della zona di Auschwitz-Birkenau. Il loro interesse è soprattutto concentrato sugli impianti industriali della IG Farben, situati ad Auschwitz III. A scattare le foto erano stati due giovani piloti sudafricani, Charles Barry e Ian McIntyre, tra i primi a fotografare la zona. Gli Alleati a questo punto avevano il tempo per bombardare le linee ferroviarie o Auschwitz, per impedire la deportazione e lo sterminio della comunità ebraica ungherese, 750 mila persone. Il 10 maggio comincia la deportazione degli ebrei ungheresi, in tutto 437 mila persone, uomini-donne-bambini-anziani, verranno deportati, e quasi nessuno di loro farà più ritorno. A fine maggio, quello che resta della comunità ebraica di Bratislava, stenderà un comunicato, arrivato agli uomini competenti di Washington il 24 giugno, dove chiede un’azione urgente ed il bombardamento per salvare gli ebrei. Nonostante tutto gli Alleati decidono di non intervenire.
Due giorni dopo, il 26 giugno, l’aviazione Usa scatta una foto che ritrae il nuovo binario di arrivo con la banchina nella vicinanza dei crematori II e III di Auschwitz-Birkenau. Mentre è in atto la distruzione della comunità ungherese a Birkenau, tra luglio e agosto, aerei dell’aviazione alleata puntano i territori dell’Alta Slesia (dove si trovavano i campi secondari di Auschwitz), per colpire strutture industriali, specie raffinerie petrolifere, documentando con foto aeree la situazione del territorio sottostante.
In tale contesto gli Alleati colpiscono anche gli impianti industriali della IG Farben, situati ad Auschwitz III, e decidono di documentare gli effetti del raid con delle foto aeree. Nelle foto aeree della Raf britannica, con tanto di didascalia “3 agosto 1944”, si vedeva anche il fumo delle camere a gas. Successivamente nel corso di questi bombardamenti, avviene un cosiddetto incidente di percorso, quando il 13 settembre, gli aerei statunitensi per errore lasciano cadere ordigni, destinati agli obiettivi dell’apparato industriale tedesco, sulle baracche del campo, uccidendo circa 40 deportsti e 15 SS. Inoltre tra il 23 e il 26 dicembre, gli attacchi aerei alleati causano «danni collaterali» sull’ospedale di Birkenau.
Come si evince, le forze alleate dall’estate 1944, sapevano e avevano la possibilità, di colpire e bombardare Auschwitz-Birkenau, quindi perché non lo fecero?
Le forze Alleate (Usa-Uk) tra agosto e dicembre 1944 bombardano 4 volte l’IG Farben, a circa 7 km di distanza da Birkenau, quindi spostando la traiettoria di pochi chilometri avrebbero potuto bombardare le camere a gas. Anche gli altri Alleati, i sovietici, con i loro bombardieri con base a Poltava, potevano raggiungere da est i suddetti territori, con un raggio d’azione più breve, in meno tempo e disperdendo meno risorse. Tuttavia anche l’Unione Sovietica decise di non bombardare Auschwitz. La coalizione antihitleriana, la classe dirigente di politici e militari, era contraria al distogliere forze e risorse per bombardare un obiettivo legato alla possibile salvezza di un gruppo consistente di ebrei dell’Europa orientale. Salvare gli ebrei e le altre vittime civili dalle politiche del nazismo, non è mai stato un obiettivo primario della guerra.
La guerra al nazismo era partita per impedire che potesse conquistare il mondo, e non per salvare le sue vittime. Quindi l’unico obiettivo degli Alleati era raggiungere la vittoria finale nel più breve tempo possibile. L’unica salvezza per tutti sarebbe stata rappresentata dalla vittoria finale e dalla resa incondizionata della Germania. Peccato però, che mentre per gli Alleati salvare gli ebrei non era un obiettivo che richiedesse di distogliere risorse alle battaglie militari, per il nazismo la distruzione degli ebrei era uno degli obiettivi principali della guerra. Infatti il 2 aprile 1945, il Führer, Adolf Hitler, dettando il suo testamento politico, disse che si sarebbe dovuti essere sempre grati al nazionalsocialismo (omettendo chiaramente gli indifferenti, gli Alleati e i collaborazionisti), e a lui, che siano stati sradicati gli ebrei dalla Germania e dall’Europa Centrale.
E ovviamente insieme a loro tutte le altre categorie di persone non accettate dal nazismo, come rom e sinti. Bombardare Auschwitz avrebbe sicuramente rappresentato una reazione a quella indifferenza verso le vittime del nazismo, e ad oggi risulta moralmente incomprensibile il perché non sia stato fatto. Il fatto che le forze antihitleriane, nell’estate del 1944, non abbiano neanche provato a salvare l’allora più grande comunità ebraica europea, quella ungherese, non può che risultare e apparire come un fallimento umano e morale.
Andrea Vitello, storico e scrittore, autore. Tra i suoi testi “Il nazista che salvò gli ebrei. Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca”, pubblicato da Le Lettere con prefazione di Moni Ovadia
Fonti utilizzate per l’articolo
Gentiloni. Silveri, Bombardare Auschwitz. Perché si poteva fare, perché non è stato fatto, Mondadori editore, Milano 2020; G. Nissim, Il tribunale del bene: La storia di Moshe Bejski, l’uomo che creò il Giardino dei Giusti, Mondadori editore, Milano 2004; M. Flores, Il Genocidio, Il Mulino, Bologna 2021; F. Sessi, Auschwitz. Storia e memorie, Marsilio Editori, Venezia 2020; R. Hilberg, La distruzione degli ebrei d’Europa [3 volumi indivisibili], Einaudi Editore, Torino 2017; AA.VV, Testimonianza, Memoria della Shoah a Yad Vashem, Yad Vashem editore, Gerusalemme 2013.
Pubblicato lunedì 25 Novembre 2024
Stampato il 14/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/auschwitz-25-novembre-1944-armata-rossa-in-arrivo-cancellare-le-tracce-dello-sterminio/