Nulla ci è più caro che la libertà, e l’indipendenza dei popoli
Ho Chi Min

Proprio mentre stavamo chiudendo questo articolo è giunta la notizia dell’attacco di Israele all’Iran. Risultano evidenti alcune considerazioni che debbono farsi a caldo. Anzitutto che Netanyahu e il suo governo hanno bisogno per sopravvivere e portare a termine i loro piani di qualcosa di sempre più grande di loro. Ovvero oggi trascinare l’Occidente in una nuova guerra, in una continua escalation, mettendo in secondo piano e portando a compimento le brutalità superiori all’orrore che stanno perpetrando contro i palestinesi e che gli sono già valse, fin dal gennaio 2024, una incriminazione e la pronuncia di misure cautelari della Corte Internazionale di Giustizia per un “plausibile rischio di genocidio”.

In secondo luogo c’è da dire che questo attacco non sarebbe stato possibile senza il via libera e il sostegno degli Stati Uniti, che continuano a fornire armi e assistenza militare a Israele. In terzo luogo, bisogna avere consapevolezza che ora si rischia seriamente e pericolosamente un allargamento della guerra, non solo con l’Iran, che è alleato di Russia e Cina, fa parte dei Brics e presumibilmente risponderà come sembra abbia già cominciato a fare, ma anche con lo Yemen, il Libano, l’Irak, incendiando nei prossimi giorni tutta la regione, Siria compresa. Ai confini della regione, tra gli altri, la Turchia (Paese Nato), l’Egitto, l’Arabia Saudita, il Pakistan e l’Afghanistan. L’Italia e l’Europa continueranno a sostenere Israele?

I popoli non hanno sempre finito per vincere. Lo diceva già Arafat che Israele avrebbe voluto ridurre i palestinesi come gli indiani d’America. Per questo è necessario che la lotta e l’impegno per fermare Israele continui con grande determinazione. Facciamo quindi un passo indietro, perché la Storia sia veramente maestra di vita. Fin dalle prime ore del 29 settembre 1944, sull’appennino emiliano, mille SS tedesche guidate dal maggiore Walter Reder, con l’appoggio delle istituzioni e delle forze armate fasciste, circondarono una vasta area attorno a Monte Sole, in provincia di Bologna. Si aprì così una settimana di sangue: furono almeno 770 vittime di cui 217 bambini, 392 donne e 132 anziani, con epicentro a Marzabotto. La violenza praticata fu atroce, con anziani decapitati, donne stuprate, bambini gettati vivi tra le fiamme. Il tutto inframmezzato dai bagordi degli assassini. Per questo Marzabotto resta nella memoria collettiva come un emblematico caso di guerra ai civili.
Ed è per questo che domenica 15 giugno l’Anpi manifesterà in corteo, da Marzabotto a Monte Sole, tra gli altri con la sindaca di Marzabotto e il Comitato Monte Sole, per salvare Gaza, per fermare il governo di Israele.

A chi mostra stupore o addirittura indignazione
Dopo avere unilateralmente rotto la tregua già concordata; completamente bloccato gli aiuti umanitari dal 2 marzo scorso – autorizzando negli ultimi giorni solo 90 camion di aiuti per oltre due milioni di persone, ovvero un camion ogni 25mila persone, uccidendo oltre 100 persone affollate nei pressi della distribuzione del cibo – dopo aver ripreso a bombardare Gaza completamente assediata, Israele ha lanciato l’operazione “Carri di Geeone”, ovvero l’occupazione e annessione di Gaza, con massacri di massa giornalieri, rendendosi colpevole della più grande strage di civili del nostro secolo.

Perché, calpestando ogni regola del diritto internazionale, l’esercito di Israele continua a bombardare una popolazione prigioniera, completamente assediata e affamata? L’unica risposta razionale è che stia conducendo una campagna di pressione internazionale per la deportazione della popolazione. Già dichiarata inaccettabile da Germania, Francia, Gb e Cina, è sostenuta dagli Stati Uniti col dichiarato proposito di pulizia etnica dell’enclave. L’Europa, con Inghilterra, Francia, Spagna e altri hanno dichiarato di voler “valutare” la sospensione degli accordi commerciali con Israele. Il governo Meloni, incapace di un minimo di umanità, prosegue nel proprio appoggio al governo Netanyahu e ha votato contro la presa di posizione.
Il presidente dell’Onu aveva già avuto modo di definire Gaza un campo di sterminio. Essa è già un immenso cimitero, con oltre 60mila morti, di cui almeno 18mila bambini, contando solo le vittime dirette dei bombardamenti degli ultimi 19 mesi. In proporzione ai 2,3 milioni di abitanti di Gaza può solo immaginarsi il peso di tale tragedia sulla popolazione. In Italia equivarrebbe all’uccisione di 1.500.000 persone. Strage nella strage oltre 200 giornalisti sono stati uccisi. Presi di mira per impedire loro di svolgere il proprio lavoro.

Gaza soffre già, con il blocco all’ingresso degli aiuti umanitari una catastrofe umanitaria che non ha precedenti nella storia recente. Secondo dati Onu, 66mila bambini soffrono di gravi forme di malnutrizione e le persone consumano di regola un pasto ogni due o tre giorni, nei prossimi giorni potrebbero morire più di 14.000 bambini. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha denunciato già da un anno che l’acqua è contaminata e la sua assunzione provoca epatite, colera e diarrea soprattutto nei bambini, con mancanza di medicine e di strutture sanitarie, quasi ovunque completamente distrutte. Non solo sono sostanzialmente bloccati gli aiuti, ma l’esercito spara su di essi e spara su chi cerca di portarli, come nelle scorse settimane sulla nave della Freedom Flottilla, poi illegalmente rapita in acque internazionali. Il risultato è, denuncia Emergency, che nel mondo nel 2024 la maggior causa di morti infantili e di uccisione di giornalisti è stata Israele.

In Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, in 19 mesi più di 1.500 attacchi dell’esercito e dei coloni hanno fatto oltre 960 morti e più di 7.000 feriti; più di 40.000 palestinesi sono stati deportati con la forza. Poche settimane fa la Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset, il parlamento israeliano, ha discusso un disegno di legge che consentirà ai coloni di prendere possesso di terreni nelle città e nei villaggi palestinesi senza dover ottenere la preventiva autorizzazione delle autorità israeliane. Non si arrestano i raid israeliani intanto a Jenin a Tammun a Nablus e altrove, i coloni stanno cacciando i palestinesi dalla Valle del Giordano.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha decretato, col suo voto del 18 settembre 2024, la fine dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi occupati e lo smantellamento delle colonie entro il 18 settembre 2025. Bezalel Smotrich, il ministro israeliano che a ragione si definisce fascista, ha detto in questi giorni che finalmente si può parlare della completa distruzione di Gaza. Che qualche aiuto sarà fatto entrare solo per continuare a godere dell’appoggio occidentale. Yoav Gallant, ex ministro della Difesa, aveva detto che tutti i palestinesi devono essere considerati animali e come tali eliminati. Tempo addietro, molto prima del 7 ottobre 2023, già Sharon aveva detto che i palestinesi andavano schiacciati come insetti.

Fin dal 3 novembre 2023, in una lettera ai suoi soldati, Netanyahu ha citato il Deutoronomio della Bibbia ebraica (25:17) “ Ricordati di quel che ti ha fatto Amalek”. Amalek è il nemico originario, il male assoluto, sterminarlo un dovere. Dio ordina agli ebrei di condurre una guerra senza pietà contro il popolo di Amalek, che aveva attaccato la retroguardia del popolo ebraico in fuga dall’Egitto. E ordina al suo popolo di conservarne la memoria finché non sia cancellata con la conquista della terra promessa. Una guerra sterminatrice (Samuele 15:18), uccidi tutti: “..uomini e donne, bambini e neonati, bovini, caprini, cammelli, asini”. Nonostante molti saggi abbiano nel tempo interpretato questi passi per spegnere il suo potenziale di violenza, Amalek si è col tempo identificato nell’impero romano, nel cristianesimo, nel nazismo, oggi nell’intero popolo palestinese.
La Corte Internazionale di Giustizia, con l’Ordinanza assunta il 26 gennaio 2024 ha pronunciato 5 misure cautelari per evitare un “plausibile rischio di genocidio”. Il suo intervento è anzitutto sintomo del fallimento della politica e delle istituzioni internazionali, a cominciare dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, incapace di imporre il cessate il fuoco. Israele non riconosce la Corte ma fa parte dei 153 Paesi che hanno sottoscritto la convenzione del 1948 contro il genocidio (per opportuna conoscenza, in coda troverete il testo in italiano).

Questo è il crimine internazionale più grave, che ricorre in presenza di atti, come i massacri, e in presenza dell’intenzione di distruggere una popolazione, o parte di essa, in quanto tale per motivi di razza, di etnia, di religione. Questo criterio dell’intenzione è particolarmente rigoroso, concretandosi quando, a giudizio della Corte, non possa essere tratta altra conclusione logica dagli atti esaminati che quella di voler commettere un genocidio. Sono altresì punibili il tentativo di genocidio e la complicità nel genocidio. La Corte avrà bisogno di diverso tempo, presumibilmente, per poter emettere il proprio giudizio. Proprio per questo la convenzione prevedeva la possibilità di pronunciare ordinanze cautelari.

Un rischio reale e imminente
Fin dal 26 gennaio 2024 la Corte, riconosciuta l’esistenza di un rischio reale e imminente di un danno irreparabile per i palestinesi di Gaza, ha quindi ordinato 5 misure cautelari: Israele deve prendere tutte le misure in suo potere per impedire che venga commesso contro i palestinesi di Gaza qualsiasi atto rientrante nella Convenzione sul genocidio; lo Stato di Israele deve adottare tutte le misure in suo potere per prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio contro i membri del gruppo palestinese nella striscia di Gaza; lo Stato di Israele deve adottare misure immediate e efficaci per consentire la fornitura d’urgenza di servizi di base e di assistenza umanitaria; lo Stato di Israele deve garantire, con effetto immediato, che il suo esercito non commetta atti proibiti dalla Convenzione del 1948; lo Stato di Israele deve adottare misure efficaci per prevenire la distruzione e assicurare la conservazione delle prove relative alle accuse; importante osservare che, in caso di sentenza di condanna, le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza sono tenuti a rispettare la sentenza della Cig (Corte internazionale di giustizia), adottando le misure necessarie al rispetto della sentenza. Queste misure possono comprendere l’imposizione di sanzioni e l’uso della forza per la protezione delle popolazioni.
Ancor di più, tutti gli Stati vengono fatti carico dell’obbligo di prevenire e reprimere il genocidio. Quindi già oggi tutti gli Stati firmatari sono gravati dall’obbligo di intervenire per prevenire il genocidio, giuridicamente oltre che moralmente. La Corte penale internazionale (Cpi) ha inoltre incriminato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità”. Fin dal 20 maggio 2024 il procuratore generale ne ha chiesto l’arresto, anche in ragione del fatto di: “… affamare deliberatamente i civili … di provocare intenzionalmente grandi sofferenze e attentare gravemente all’integrità fisica e alla salute” delle popolazioni civili. Lo spaventoso numero di vittime palestinesi si spiega anche con l’uso massiccio di bombe che dovrebbero essere vietate nelle aree urbane. Secondo il New York Times quasi il 90% dei proiettili sganciati su Gaza nelle prime due settimane erano bombe da mezza o da una tonnellata, di cui si è fatto un uso sfrenato in aree densamente popolate, la cui devastazione è enorme per il raggio di distruzione. Tutto ciò non sarebbe possibile senza la complicità del cosiddetto Occidente, Usa, Germania e Italia in testa.
La razzia in corso
Alla volontà di impadronirsi delle terre ancestrali dei palestinesi, in un processo di evidente “de-palestinizzazione”, si accompagna la razzia del patrimonio palestinese, nonostante Israele abbia ratificato fin dal 1957 la Convenzione dell’Aia sulla protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato. Secondo le stime degli organismi Onu, tra il 1967 e il 1992, gli israeliani hanno sequestrato nei territori palestinesi circa tre milioni di oggetti di interesse archeologico e quasi centoventimila ogni anno a partire dal 1995. Nella striscia di Gaza erano censiti oltre trecentocinquanta siti, edifici e monumenti storici, che non sono stati risparmiati. Ridotta in cenere la mosche di Al Omari del VII secolo, la chiesa di San Porfirio del XII secolo e via dicendo, senza contare i saccheggi. Di fronte a tanto orrore non può passare sotto silenzio la vera e propria complicità del governo italiano, che in tutti questi mesi ha continuato a commerciare armi con Israele offrendo la collaborazione militare e rifiutandosi di denunciare gli accordi commerciali che sono subordinati al rispetto dei diritti umani. Senza dimenticare che in forza di un accordo di fine ottobre 2023 l’Italia ha ottenuto il diritto di sfruttare i giacimenti di gas palestinesi al largo di Gaza. E che col suo voto all’Onu ha sempre rifiutato di approvare le risoluzioni dell’Assemblea generale per la tregua e il cessate il fuoco.

Quale ipocrisia allora sentire gli esponenti del governo parlare di una futura soluzione a due Stati quando si stanno sottraendo risorse fondamentali alla sua costituzione e si rinvia continuamente il riconoscimento dello Stato di Palestina, che hanno invece recentemente riconosciuto tre Paesi europei, Spagna, Irlanda e Norvegia; quando non si muove un passo verso la costituzione di forze internazionali di interposizione, per l’immediato cessate il fuoco, per lo sblocco degli aiuti umanitari, col mandato strategico di riportare i coloni nei confini di Israele. Quando non si adotta alcuna sanzione nei confronti di Israele ma si mantiene l’assistenza militare e il commercio. L’Italia ha recentemente acquistato i nuovi aerei G55 realizzati con tecnologia israeliana legata al sistema degli F35 e ha rinnovato l’8 giugno scorso il Memorandum Italia – Israele.

E ancora, con la diplomazia dei due pesi e delle due misure, si prepara il vertice Nato del 21 giugno in cui verrà discusso e presumibilmente approvato il programma ELSA, ovvero nuovi euromissili che potranno colpire Mosca in soli 8 minuti, con la programmazione per il prossimo ottobre di esercitazioni militari Nato in Europa e in Italia per preparare le forze armate ad operazioni in una guerra di tipo nucleare contro la Russia. Il tutto mentre Israele in questi 19 mesi ha ripetutamente attaccato l’Iran, il Libano, la Siria, l’Irak e lo Yemen, Paesi che minaccia costantemente. D’altra parte Israele non ha mai riconosciuto formalmente i confini assegnati dalle Nazioni Unite e molta parte del suo governo vagheggia apertamente della grande Israele descritta nella Genesi, dal fiume al fiume, ovvero dal Nilo all’Eufrate (Genesi 15:18-21), dall’Egitto all’Irak.
L’Anpi sarà dunque alla manifestazione che si terrà domenica 15 giugno a Marzabotto, con corteo che arriverà a Monte Sole. I luoghi dei massacri nazisti della popolazione civile si ergono infatti ancora a monito contro l’occupazione militare di terre altrui, contro i massacri dei civili, contro tutti coloro che collaborano con l’occupante militare e contro coloro che si voltano dall’altra parte.
Contro l’abisso. Nel ricordo e con l’esempio del movimento dei Partigiani per la Pace, il bene primario e assoluto nell’epoca delle armi nucleari. Con tutti coloro che vogliono con noi realizzati i principi di pace e di giustizia sociale conquistati dalla Resistenza e sanciti dalla Costituzione. A Marzabotto per proseguire sulla strada aperta dalla Resistenza.
Fabrizio De Sanctis, segreteria nazionale Anpi
Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (1948)
Data di adozione: 9 dicembre 1948. Data di entrata in vigore: 12 gennaio 1951
Organizzazione: ONU – Organizzazione delle Nazioni Unite
Annotazioni: adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con Risoluzione 260 (III) A del 9 dicembre 1948. Entrata in vigore internazionale: 12 gennaio 1951. Annotazioni relative all’Italia: Autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione in Italia dati con legge n. 153 dell’ 11 marzo 1952 (Gazzetta Ufficiale n. 74 del 27 marzo 1952). Data dell’adesione: 04 giugno 1952 (Gazzetta Ufficiale n 161 del 14 luglio 1952). Entrata in vigore per l’Italia: 02 agosto 1952. Stati Parti al 1° Gennaio 2018: 149.
Le Alte Parti Contraenti,
considerando che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella Risoluzione 96/1. dell’11 dicembre 1946 ha dichiarato che il genocidio è un crimine di diritto internazionale, contrario allo spirito e ai fini delle Nazioni Unite e condannato dal mondo civile;
riconoscendo che il genocidio in tutte le epoche storiche ha inflitto gravi perdite all’umanità;
convinte che la cooperazione internazionale è necessaria per liberare l’umanità da un flagello così odioso,
convengono quanto segue:
Articolo I
Le Parti contraenti confermano che il genocidio, sia che venga commesso in tempo di pace sia che venga commesso in tempo di guerra, è un crimine di diritto internazionale che esse si impegnano a prevenire e a punire.
Articolo II
Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religiose, come tale:
- a) uccisione di membri del gruppo;
- b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
- c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
- d) misure miranti a impeire nascite all’interno del gruppo;
- e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.
Articolo III
Saranno puniti i seguenti atti:
- a) il genocidio;
- b) l’intesa mirante a commettere genocidio;
- c) l’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio;
- d) il tentativo di genocidio;
- e) la complicità nel genocidio.
Articolo IV
Le persone che commettono il genocidio o uno degli atti elencati nell’articolo III saranno punite, sia che rivestano la qualità di governanti costituzionalmente responsabili o che siano funzionari pubblici o individui privati.
Articolo V
Le Parti contraenti si impegnano ad emanare, in conformità alle loro rispettive Costituzioni, le leggi necessarie per dare attuazione alle disposizioni della presente Convenzione, e in particolare a prevedere sanzioni penali efficaci per le persone colpevoli di genocidio o di uno degli altri atti elencati nell’articolo III.
Articolo VI
Le persone accusate di genocidio o di uno degli altri atti elencati nell’articolo III saranno processate dai tribunali competenti dello Stato nel cui territorio l’atto sia stato commesso, o dal tribunale penale internazionale competente rispetto a quelle Parti contraenti che ne abbiano riconosciuto la giurisdizione.
Articolo VII
Il genocidio e gli altri atti elencati nell’articolo III non saranno considerati come reati politici ai fini dell’estradizione. Le Parti contraenti si impegnano in tali casi ad accordare l’estradizione in conformità alle loro leggi e ai trattati in vigore.
Articolo VIII
Ogni Parte contraente può invitare gli organi competenti delle Nazioni Unite a prendere, ai sensi della Carta delle Nazioni Unite ogni misura che essi giudichino appropriata ai fini della prevenzione e della repressione degli atti di genocidio o di uno qualsiasi degli altri atti elencati all’articolo III.
Articolo IX
Le controversie tra le Parti contraenti, relative all’interpretazione, all’applicazione o all’esecuzione della presente Convenzione, comprese quelle relative alla responsabilità di uno Stato per atti di genocidio o per uno degli altri atti elencati nell’articolo III, saranno sottoposte alla Corte internazionale di Giustizia, su richiesta di una delle parti alla controversia.
Articolo X
La presente Convenzione, di cui i testi cinese, inglese, francese, russo e spagnolo fanno ugualmente fee, porterà la data del 9 dicembre 1948.
Articolo XI
La presente Convenzione sarà aperta fino al 31 dicembre 1949 alla firma da parte di ogni Membro delle Nazioni Unite e di ogni Stato non membro al quale l’Assemblea Generale abbia rivolto un invito a tal fine. La presente Convenzione sarà ratificata e gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Dal l° gennaio 1950, alla presente Convenzione potrà aderire qualsiasi Membro delle Nazioni Unite e qualsiasi Stato non membro che abbia ricevuto l’invito sopra menzionato.
Gli strumenti di adesione saranno depositati presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Articolo XII
Ogni Parte contraente potrà, in qualsiasi momento, meiante notificazione indirizzata al Segretario Generale delle Nazioni Unite, estendere l’applicazione della presente Convenzione a tutti i territori o ad uno qualsiasi dei territori dei quali diriga i rapporti con l’estero.
Articolo XIII
Nel giorno in cui i primi venti strumenti di ratifica o di adesione saranno stati depositati, il Segretario Generale ne redigerà un processo verbale e trasmetterà una copia di esso a ciascun Membro delle Nazioni Unite e a ciascuno degli Stati non membri previsti nell’articolo XI. La presente Convenzione entrerà in vigore il novantesimo giorno successivo alla data del deposito del ventesimo strumento di ratifica o di adesione. Qualsiasi ratifica o adesione effettuata posteriormente a quest’ultima data avrà effetto il novantesimo giorno successivo al deposito dello strumento di ratifica o di adesione.
Articolo XIV
La presente Convenzione avrà una durata di dieci anni a partire dalla sua entrata in vigore. In seguito essa rimarrà in vigore per successivi periodi di cinque anni fra quelle Parti contraenti che non l’avranno denunciata almeno sei mesi prima della scadenza del termine. La denuncia sarà effettuata mediante notificazione scritta indirizzata al Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Articolo XV
Se, in conseguenza di denunce, il numero delle Parti alla presente Convenzione diverrà inferiore a seici, la Convenzione cesserà di essere in vigore dalla data in cui l’ultima di tali denunce avrà efficacia.
Articolo XVI
Una domanda di revisione della presente Convenzione potrà essere formulata in qualsiasi momento da qualsiasi Parte contraente, mediante notificazione scritta indirizzata al Segretario Generale. L’Assemblea Generale deciderà le misure da adottare, se del caso, in ordine a tale domanda.
Articolo XVII
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite notificherà a tutti i Membri delle Nazioni Unite e agli Stati non membri previsti nell’articolo XI:
- a) le firme, ratifiche e adesioni ricevute in applicazione dell’articolo XI;
- b) le notificazioni ricevute in applicazione dell’articolo XII;
- c) la data in cui la presente Convenzione entrerà in vigore, in applicazione dell’articolo XIII;
- d) le denunce ricevute in applicazione dell’articolo XIV;
- e) l’abrogazione della Convenzione, in applicazione dell’articolo XV;
- f) le notificazioni ricevute in applicazione dell’articolo XVI.
Articolo XVIII
L’originale della presente Convenzione sarà depositato negli archivi delle Nazioni Unite. Una copia certificata conforme sarà inviata a tutti i Membri delle Nazioni Unite e a tutti gli Stati non membri previsti nell’articolo XI.
Articolo XIX
La presente Convenzione sarà registrata dal Segretario Generale delle Nazioni Unite alla data della sua entrata in vigore.
Pubblicato venerdì 13 Giugno 2025
Stampato il 14/06/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/fermiamo-lo-stragista-netanyahu-a-marzabotto-per-gaza/