(Imagoeconomica, Carlo Lanutti)

L’input è arrivato direttamente il 9 ottobre da palazzo Chigi, che non ha ritenuto opportuno rivolgersi al ministero dell’Istruzione bensì al Viminale. Non perché il tema riguardi l’ordine pubblico, a meno che non si voglia far divenire tale “la necessità di dover fornire con immediatezza il quadro complessivo delle iniziative provinciali” promosse per commemorare “il massacro delle Foibe”. Fatto sta che istituti scolastici e sindaci sono stati ‘invitati’ dai prefetti “a dare particolare e significativo rilievo alla ricorrenza” e darne dunque riscontro “entro e non oltre il 20 ottobre prossimo”.

La circolare del prefetto di Potenza

Solerti i rappresentanti del governo nei territori hanno così scritto e protocollato. Dunque in largo un anticipo, ben quattro mesi, visto che il Giorno del Ricordo, per legge, si celebra il 10 febbraio. Il tutto condito da espressioni che la Storia la mandano in soffitta, essendo le foibe definite “rappresaglie di vera e propria pulizia etnica”.

Il prefetto di Parma ai sindaci dei Comuni della provincia

La premura e l’indicazione addirittura di un preciso termine temporale fa inoltre sorgere un dubbio: è prevista una punizione per i potenziali disobbedienti o per chi non rendesse “doveroso o omaggio alle vittime e un riconoscimento ai superstiti” e agli esuli giuliano-dalmati?

Il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo (Imagoeconomica, Clemente Marmorino)

Intanto a insorgere è stata l’Anpi, seguita a ruota da Cgil e da esponenti del Pd. Denuncia il presidente nazionale dei partigiani, Gianfranco Pagliarulo: «Non è certo in discussione la condanna e la giusta memoria delle foibe, ovvero della tragedia dell’esodo, di cui alla legge sul Giorno del ricordo. Ma non è vero che le foibe riguardarono solo gli italiani, che pure furono i più colpiti, e non è vero che si trattò di pulizia etnica». Il presidente dei partigiani segnala che «la circolare inoltre ignora colpevolmente e consapevolmente “la più complessa vicenda del confine orientale”, così nominata all’articolo 1 della legge stessa». L’elenco è lungo: «Si ignora cioè l’aggressione italiana alla Jugoslavia del 6 aprile 1941, la repressione bestiale della resistenza locale a tale invasione da parte dei comandi militari italiani, le stragi dei civili in particolare sloveni, le colpe dei criminali di guerra italiani, il ruolo dei partigiani per la liberazione dell’Italia dall’invasore nazista, il lager triestino della Risiera di San Sabba, i crimini della X MAS sul confine orientale, i campi di concentramento fascisti in Italia, a Gonars e Visco, dove erano internati croati e sloveni. Così facendo e così ignorando, si deforma la storia».

Qualche preoccupazione ha fondata ragione di esistere: «È sconcertante – prosegue il presidente Pagliarulo – che si invitino le scuole alla conoscenza e all’approfondimento di questi temi che riguardano il Giorno del Ricordo, cioè il 10 febbraio, e non ci sia analogo invito per la Giornata della Memoria, istituita con legge 211 del 2000 “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”».

(Imagoeconomica, Andrea Giannetti)

Le date hanno un peso rilevante nella vicenda. «Il silenzio su tale giornata, che peraltro avviene il 27 gennaio, cioè prima del Giorno del Ricordo – affonda Pagliarulo – a fronte dell’invito a ricordare le sole foibe, rivela la natura faziosa e strumentale dell’operazione didattica, funzionale soltanto a una narrazione delle tragedie di quegli anni tesa a screditare la Resistenza».

Infine, conclude il presidente Anpi, bollando l’iniziativa come poi hanno fatto la Flc Cgil con la segretaria nazionale Gianna Fracassi e due parlamentari del Pd, Irene Manzi e Silvia Roggiani: «è una forma di costrizione e di controllo del governo stesso sull’attività delle scuole, mettendo così in discussione i principi dell’autonomia scolastica e della libertà di insegnamento di tutti i docenti. Per queste ragioni – conclude Pagliarulo – chiedo al governo e al ministro dell’Interno di ritirare la circolare e recedere da questa pratica faziosa e pericolosa».