(Imagoeconomica)

Se aumenta la domanda di un bene (dal prodotto energetico a quello alimentare), a fronte di uguale o minore offerta, il suo prezzo aumenta. Oppure, se cresce il costo di produzione di quel bene, con conseguente aumento del suo prezzo e contestuale eccesso di offerta di moneta, ne deriva la diminuzione del potere d’acquisto del denaro. Le formulette sull’inflazione – fedele compagna dei cittadini italiani e della loro vita negli anni 70 e 80 del secolo scorso – sono tornate di drammatica attualità fin dall’inizio del 2022.

(Imagoeconomica)

La preoccupante e sensibile diminuzione del potere di acquisto della moneta (e quindi dei salari dei lavoratori) significa, banalmente, che un risparmiatore con 5.000 euro sul conto corrente nel 2021, a un tasso di inflazione medio del 3% (stimato quindi al ribasso), dopo cinque anni si ritroverà con 4.250 euro: un salasso silenzioso e inesorabile, che inciderà enormemente sulla qualità della vita.

(Imagoeconomica)

Naturalmente l’evoluzione geopolitica può fare la sua parte per peggiorare il contesto economico, in uno scenario di incertezza planetaria acuita da una guerra alle porte di casa: il balletto sulla partenza o meno delle navi cariche di frumento dal porto di Odessa ha inciso direttamente sulla dinamica dei prezzi dei cittadini europei e ancor più sulla qualità della vita dei popoli del Sud del mondo, che sopravvivono anche grazie a quegli approvvigionamenti.

Non a caso, è in corso e non si arresta una crisi alimentare legata ai mostruosi aumenti del prezzo delle materie prime, se pensiamo che il costo del grano è aumentato dell’80% dal maggio 2021 allo stesso mese dell’anno successivo: l’India (secondo produttore al mondo, dopo la Cina) ha vietato con effetto immediato tutte le esportazioni di frumento quello stesso mese, proprio mentre in Italia venivano pubblicati i dati sullinflazione annuale all’8,4%, con i prezzi al dettaglio che, ad aprile, hanno toccato il massimo storico da otto anni (cifre confermate nella rilevazione Istat di agosto).

(Imagoeconomica)

Il secondo capitolo del disastro nelle microeconomie dei cittadini-lavoratori riguarda le tariffe energetiche: il costo del gas naturale sul mercato europeo – ha segnalato l’Arera (l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) – è aumentato del 500% nel corso del 2021: nel dettaglio, da 21 euro al megawattora si è passati a 120 euro.

A ridosso della data-spartiacque del 24 febbraio, il primo trimestre 2022 ha mostrato il prezzo del gas mantenersi su quei livelli, mentre l’elettricità ha iniziato a marcare la cifra di 300 euro al megawattora, segnando aumenti all’ingrosso vicini al 400%, arrivando addirittura a superarla nel corso del mese di agosto. Al netto degli interventi di contenimento della spesa operati dal governo, l’Arera ha reso noto che tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022 le spese medie per una famiglia rispetto all’anno precedente sono aumentate dell’83% per la bolletta della luce (+948 euro medi) e del 71% per quella del gas (+1.652 euro medi).

(Imagoeconomica)

Naturalmente, la “media del pollo” tra famiglie povere e ricche è adeguata a interpretare le nude statistiche, molto meno a capire quanto possano incidere aumenti di tale entità sulle tasche di chi fatica ad arrivare a fine mese: una bolletta da incubo può mandare a gambe all’aria una piccolamedia azienda o un lavoratore dal reddito medio-basso, ma non certo un colosso multinazionale (che avendo magari interessi economici nel mercato energetico può addirittura guadagnare moltissimo dalla crisi) o una figura aziendale apicale, che ammortizza gli aumenti in bolletta grazie al suo stipendio a più zeri.

(Imagoeconomica)

A fotografare la realtà di chi soffre davvero gli effetti della crisi, ossia i lavoratori dipendenti e i pensionati che vivono della loro modesta busta paga, ci ha pensato in primo luogo la Cgia di Mestre che, in un rapporto diffuso a fine marzo, ha stimato circa quattro milioni di famiglie in grave difficoltà, a partire dai nuclei numerosi “che vivono in case che versano in una cattiva condizione di conservazione”. Secondo il rapporto, nel Sud Italia la povertà energetica si attesta tra il 24% e il 36% dei nuclei familiari.

Ed è ipotizzabile un peggioramento della situazione con l’imminente arrivo dell’autunno. Sempre l’autorità di settore, l’Arera, ha prefigurato incrementi ulteriori dei costi fissi, ritenendo insufficiente la proroga delle agevolazioni previste dal governo nei giorni precedenti alla caduta e definendo “difficilmente sostenibili i costi per tutti i consumatori, non solo domestici, con potenziali ripercussioni sulla tenuta dell’intera filiera energetica”.

Il segretario generale Cgil, Maurizio Landini (Imagoeconomica)

Da questo punto di vista, la crisi politica non aiuta. Gli stessi sindacati hanno avanzato a più riprese le loro preoccupazioni per gli scenari a breve termine: “Linflazione è una tassa occulta che colpisce chi guadagna meno – ha osservato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini – e ora sono tanti i lavoratori e i pensionati che non arrivano a fine mese”. Da qui l’esigenza prioritaria di individuare le risorse necessarie ad aumentare i salari: “Penso a tutti i settori – ha spiegato Landini – che hanno ottenuto extraprofitti durante la pandemia, dal settore dellenergia a quello farmaceutico; e si recepisca al più presto la direttiva europea sul salario minimo, perché non è più accettabile – ha concluso il segretario della Cgil – che ci sia competizione tra le persone che per vivere devono lavorare: tra contratti a termine, part-time involontario e tutte le varie forme di contratti in Italia, ci sono almeno sei milioni di persone che vivono con un introito annuo lordo intorno ai diecimila euro”. E come sarà mai possibile, per un lavoratore beneficiario di quel reddito, pagare, il prossimo inverno, bollette energetiche triple rispetto a quelle del 2020? Senonché il dibattito sull’irrisolta questione salariale (leva “naturale” per affrontare l’aumento del costo della vita) si è interrotto con la caduta del governo, la cui “agenda” (che porta il nome dell’ex premier) non pareva certo in sintonia con gli auspici della Cgil.

Roberto Cingolani e Mario Draghi (Imagoeconomica)

Sembrano dunque rimaste in piedi – tra gestione degli affari correnti e campagna elettorale – soltanto le misure strategiche sull’approvvigionamento energetico di lungo periodo, pianificate a suo tempo dal ministro Cingolani a cui si è aggiunta – poco dopo Ferragosto – la scoperta da parte dell’Eni di un giacimento di gas a circa 160 chilometri al largo di Cipro, in una profondità d’acqua di oltre duemila metri. Le stime preliminari indicano circa 2,5 Tcf (trilioni di piedi cubi) di gas, “con un potenziale aggiuntivo che verrà valutato con un ulteriore pozzo esplorativo”. Ma quell’area è rivendicata dalla Turchia, che aveva già impedito in passato le esplorazioni ad altre multinazionali, e sono dunque attesi sviluppi in ordine a questioni economicodiplomatiche.

Il ministero della Transizione ecologica (Imagoeconomica)

Cingolani aveva intanto stilato un cronoprogramma per la messa in opera dei rigassificatori galleggianti. Attualmente si tratta di tre navi, già ancorate al largo dei porti di Livorno, Rovigo e La Spezia, che entro la fine del 2024 dovrebbero diventare almeno sei, con l’entrata in funzione di tre nuovi impianti a Ravenna, nella sarda Portovesme, e Piombino. Alla città romagnola è destinata la “BW Singapore”, con una capacità massima di stoccaggio di circa 170 mila metri cubi di gas naturale liquefatto (Gnl) e una capacità di rigassificazione di circa 5 miliardi di metri cubi l’anno; nel Cagliaritano dovrebbe approdare la “Golar Arctic” (capacità di stoccaggio di 140 mila metri cubi di gas), mentre appare più complesso il percorso che attende la “Golar Tundra” (medesime capacità di stoccaggio e rigassificazione dell’impianto ravennate), destinata alla cittadina toscana, finita però nel mezzo di un contenzioso politico piuttosto complesso.

Il polo siderurgico di Piombino (Imagoeconomica)

Storica capitale dell’operaismo siderurgico, Piombino è attualmente amministrata da un sindaco di Fratelli d’Italia, contrario alla nave rigassificatrice (che verrebbe ormeggiata dentro al porto) e contrapposto alla giunta regionale Giani a guida Pd, che è invece favorevole. Ma non tutte le dinamiche locali trovano una spiegazione nella disputa tra schieramenti politici: il sindaco Pd di Firenze è infatti schierato con la giunta regionale, diversamente dall’ex sindaco Pd di Piombino che appoggia i fautori delle proteste. A Ravenna si respira invece tutt’altra aria: la rigassificazione avverrebbe a circa 8,5 chilometri dalla costa e la giunta regionale guidata da Bonaccini va a braccetto con il sindaco della città, avendo espresso insieme parere favorevole al varo delle navi rigassificatrici.

Impianto di rigassificazione (Imagoeconomica)

Bisognerà però capire come le varie opzioni territoriali verranno intercettate dalla politica nazionale, in evidente fibrillazione verso l’appuntamento elettorale del 25 settembre. Il Pd, insieme a Calenda, Renzi e Forza Italia, spinge per mandare in porto il progetto dell’ex ministro Cingolani, varato nel decreto “Aiuti” del 17 maggio scorso, che all’articolo 5 definisce appunto tutte le “disposizioni per la realizzazione di una nuova capacità di rigassificazione”, in base alla quale (comma 8), “al fine di limitare il rischio sopportato dalle imprese di rigassificazione” dispone ben 30 milioni di euro all’anno per un periodo di 20 anni (dal 2024 al 2043) a chi realizza impianti di rigassificazione galleggianti.

Gianni Pietro Girotto, M5S (Imagoeconomica)

Mentre il M5S, pur senza sfilarsi del tutto, teme che questo ambizioso percorso legislativo possa “aprire le porte a una rigassificazione incondizionata” (contrapposta alla transizione ecologica basata su fonti energetiche alternative), come ha ipotizzato a chiare lettere il pentastellato presidente della Commissione Industria del Senato, Gianni Pietro Girotto.

Giorgia Meloni con l’attuale sindaco di Lucca, Mario Pardini, lo scorso giugno (Imagoeconomica)

Dal canto suo, Fratelli d’Italia ha provato a dare un colpo al cerchio e uno alla botte: a giugno, durante un comizio a Lucca a sostegno del candidato a sindaco locale, Giorgia Meloni ha citato sì il cavallo di battaglia della difesa “dell’interesse nazionale”, auspicando però che venga declinato secondo le specificità territoriali. Facendo proprie, così, le proteste del “suo” sindaco di Piombino e dando il via libera al Gruppo regionale, che ha organizzato per settembre la festa toscana del partito proprio lì, in solidarietà con la lotta contro il rigassificatore, trovando man forte dalla Lega ma non da Forza Italia, saldamente favorevole al progetto.

Difficile dunque capire come sbrogliare una matassa energetica così intricata, per le sue ripercussioni a più livelli. Con la guerra in Ucraina che prosegue, le bollette energetiche che aumentano esponenzialmente e un quadro politico nazionale più incerto che mai.

Paolo Repetto