Si sta concludendo la prima fase, quella della raccolta delle firme e ci stiamo avviando verso la campagna referendaria, in senso stretto. Per la verità, noi – l’ANPI – siamo già da tempo in “campagna” ed abbiamo sempre ritenuto che la raccolta delle firme fosse soprattutto uno strumento di informazione, di comunicazione, di invito alla riflessione. E questo è avvenuto, ad opera delle nostre compagne e dei nostri compagni, del nostro volontariato disposto a raccogliere firme ed a parlare con i cittadini anche sotto la pioggia. Altrettanto, e assai di più, faremo nel prossimo periodo e soprattutto a settembre quando ormai saremo alla vigilia del voto. Un periodo al quale ci stiamo preparando, con l’intenzione di dare vita ad una delle più grandi campagne di informazione e di orientamento dal basso, che la storia italiana abbia conosciuto.
Ma bisogna dire però, con franchezza, che è come scalare una montagna. Nell’epoca del predominio della televisione, della stampa, dei mille nuovi strumenti di comunicazione, noi siamo pressoché soli, potendo contare, al massimo, su un paio di quotidiani e non sempre sulle stesse radio private. È scandaloso il fatto che la televisione pubblica sia così palesemente schierata con gli indirizzi governativi; ed è altrettanto scandaloso che la stampa, cosiddetta libera, lasci tanto spazio al Governo ed ai sostenitori del SÌ, riducendo ad un livello ridicolo i tempi che vengono “benignamente” concessi a chi è contrario a queste riforme. Bisognerebbe parlare di servilismo, di “pensiero unico”, di adeguamento alla volontà di chi è ritenuto (forse a torto) il più forte.
Ma sono soprattutto i dati, che sono di per sé significativi e preoccupanti per la tenuta democratica di questo Paese. Sono stati diffusi dalla stessa AGCOM e pubblicati sul Manifesto dati che dimostrano il dilagare dei sostenitori del SÌ, sotto ogni forma, dichiarazioni dei membri del Governo, di uomini e donne di partito, interventi nel corso di trasmissioni televisive e così via. Analizzando un determinato periodo di tempo, è stato valutato che al SÌ sono state dedicate 17 ore ed al NO 6 minuti! A guardare poi i dati relativi alle persone, c’è da rabbrividire. Il Presidente del Consiglio, nella duplice veste anche di segretario del PD, ha il primo posto coprendo il 50% dei tempi nei TG ed il 34% nei talk-show. La Ministra Boschi occupa il 17% nei telegiornali e il 24% nei talk-show. E poi grande spazio a Napolitano, a Benigni, a Verdini.
Se resistono, in qualche modo, personaggi che parlano di tutto, come Berlusconi e Di Maio, si scende a precipizio quando si osservano i tempi riservati all’autorevolissimo Presidente del Comitato per il NO (il professor Alessandro Pace), il quale riesce a raggranellare un minuto e quindici secondi. Appena pochi secondi in più rispetto al minuto (!) che è stato occupato dal Presidente nazionale dell’ANPI (chissà in che modo, magari con un saluto). Ci sono state proteste da parte dei Comitati per il NO alla Riforma del Senato e per le modifiche alla legge elettorale; ma con risultati pressoché nulli. Ed anche autorevoli esponenti dei due Comitati sono intervenuti a tutti i livelli, senza ottenere nulla di concreto. Ora questo è davvero grave e non ha nulla a che fare con la democrazia. Da qualche parte si replica osservando che non ci sono obblighi particolari se non per il periodo di campagna vera e propria e per i soggetti che si sono “qualificati” per parteciparvi. Ma è un ragionamento che non tiene. Il dovere di imparzialità esiste sempre, prima di tutto per la televisione pubblica, ma poi – almeno sul piano della correttezza – per i talk-show, per la stampa, per la radio, la regola della par condicio dovrebbe essere implicita e pacifica.
Se non è così, è perché viviamo in un’epoca in cui il rigore morale, la schiena dritta non sono più un merito, ma costituiscono un rischio. Molti preferiscono pensare alla propria carriera ed ai propri interessi personali; ci risparmino, però, almeno i discorsi sulla stampa libera, sulla TV indipendente e così via. Facciano tutti, il loro dovere democratico. Lo facciano anche coloro che hanno il compito di garantire la parità di condizioni, il giusto equilibrio fra le varie posizioni ed il rispetto di princìpi addirittura elementari.
Noi ci mobiliteremo anche su questo piano, cercando di far cessare questo autentico scandalo. E pretenderemo al centro ed in periferia che si cambi registro e si dia uguale spazio a tutte le posizioni. Si tratta, nientemeno, di un referendum sulla Costituzione, vale a dire uno dei momenti più alti dell’esercizio della sovranità popolare. Si rispetti, dunque, almeno una volta, ciò che dalla Costituzione si desume con estrema chiarezza.
Da ANPInews n. 208 – 28 giugno/5 luglio 2016
Carlo Smuraglia, Presidente nazionale dell’ANPI
Pubblicato mercoledì 6 Luglio 2016
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