L’articolo 48 della Costituzione della Repubblica Italiana conferisce a tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età, la capacità di esprimere, in sede politica, amministrativa, e in qualsiasi altra occasione si tratti di scegliere rappresentanti per ricoprire posti di pubblica rilevanza e interesse, la facoltà di esprimersi mediante un voto uguale, libero e segreto. La stessa norma stabilisce inoltre che l’esercizio del voto è dovere civico e che il diritto di voto non può essere limitato se non per specifiche motivazioni stabilite tassativamente dalla legge. Senonché nella attuale situazione politica in cui versa il nostro Paese le disposizioni sopra richiamate vengono interpretate nel modo più estensivo e largo possibile per cui, benché si affermi in modo retorico che il diritto di voto corrisponda ad un dovere civico, in pratica si ritiene che ciò che facoltizza il cittadino elettore ad esprimersi prevalga nettamente sul dovere di quest’ultimo a svolgere la funzione elettorale attiva.

In altri termini il diritto di voto viene rappresentato più come un diritto che come un dovere, e per tale motivo, da circa quarant’anni e particolarmente in occasione di referendum abrogativi promossi dall’elettorato, l’opinione prevalente di autorevoli personaggi politici è quella secondo cui andare a votare oppure astenersi da tale esercizio è una mera facoltà del cittadino. Da tale convinzione – peraltro assai discutibile, come si dirà oltre – ne discende l’invito, ormai quasi sempre ripetuto da parte di questo o quell’esponente politico, di non recarsi nelle cabine elettorali, bensì di andare al mare (atteso che le consultazioni elettorali avvengono prevalentemente nella bella stagione).

Ma se ci accingessimo a leggere, analizzare e osservare attentamente l’art. 48 della Costituzione della Repubblica Italiana, ci potremmo rendere conto che le cose non stanno nel modo sostenuto da quegli esponenti politici, purtroppo appartenenti a tutti i rispettivi e contrapposti schieramenti. La disposizione citata evidenzia una costruzione logica ed un dispositivo articolato che paiono essere assai chiari e coerenti, e che rifuggono dalla qualunquistica interpretazione che, banalmente, la politica ne dà, risolvendosi in una sequenza di prescrizioni del tutto conseguenti e armoniche tra loro.

Innanzitutto si individuano gli aventi diritto in tutti i titolari di cittadinanza, senza distinzione tra loro, ai sensi dell’articolo 3 Cost, che abbiano raggiunto la maggiore età, oggi fissata al compimento del 18° anno di età. Tale diritto ha delle caratteristiche sostanziali e specifiche che consistono nella uguaglianza (ogni voto espresso vale come singolo voto espresso e non è delegabile); per questo il voto è segreto ed è emendabile solo dal suo titolare; ma il voto è anche libero e non tollera pressioni, lusinghe o altri atti condizionanti. Tuttavia, il diritto sancito dall’articolo 48, si esaurisce qui, con la delineazione di quelle che sono le prerogative dell’individuo inteso come “homo politicus” e cioè cittadino appartenente alla “polis”, ovvero la comunità di cittadini. Va però qui richiamato il comma 2° dell’articolo 1 della Costituzione, secondo cui la sovranità popolare (e il voto è la manifestazione prima di tale sovranità) si esercita “nelle forme e nei limiti espressi dalla stessa Costituzione”.

Ebbene, secondo quello stesso principio, il voto popolare spetta a chi fa parte della collettività e lo esercita in modo egualitario, libero e segreto. Questi sono i termini, ma anche i limiti di tali diritti, stabiliti per garantire un’espressione non prevaricante, libera nelle scelte e propria dell’elettore, nello svolgimento della funzione elettorale attiva. Subito di seguito a tale disposizione però la Costituzione ci dice anche che il voto è un “dovere civico”. Si tratta di un’espressione moraleggiante, o di mero auspicio, oppure di una norma precisa e prescrittiva?

La risposta sta tutta nella sequenza dispositiva del già citato articolo 48 Cost. Infatti lo stesso, in una prima parte, come appare logico, descrive l’estensione e i caratteri del diritto di voto come espressione principale della sovranità popolare; in un secondo momento delinea il limite costituzionale al predetto diritto, sancendone la doverosità, e cioè l’obbligo civico al suo esercizio. È ben vero che tale atto doveroso è praticamente privo di sanzione, ma ciò nulla toglie al significato dell’inciso “dovere civico”. Qualora il legislatore ordinario, come per tanti altri argomenti di sua competenza, non abbia ritenuto, o non abbia ancora ritenuto, di comminare sanzioni al mancato esercizio di tale dovere, rileviamo che ciò non costituisce certamente un fatto isolato nel nostro ordinamento, in cui tante materie attendono ancora di essere regolamentate secondo gli inviti e sollecitazioni della Corte Costituzionale, come ad esempio per la normativa sul fine vita.

Dunque mi pare di poter individuare nella pur sintetica ma complessa e strutturata norma di cui all’articolo 48 Cost. un preciso schema dispositivo e interpretativo che, in sostanza, afferma: il diritto di voto libero, individuale e segreto Ti appartiene come cittadino, ma Tu devi esercitarlo. E ciò ad onta di strumentali e severe interpretazioni “libertarie” sul diritto di voto, che nonostante l’apparenza di tolleranza e larghezza, di fatto costituiscono un subdolo strumento di dissuasione dei cittadini ad esercitare correttamente la propria principale funzione di sovranità. In realtà, a un potere che vuole mantenere e consolidare sé stesso l’esercizio della sovranità, strumentalmente richiamato ad ogni piè sospinto, non fa comodo. Dunque i cittadini, in nome di una apparente libertà che in realtà è una rinunzia alla stessa, possono anche andare a non votare. Il risultato sarà tuttavia quello di un forte indebolimento dello Stato democratico, e non è detto che ciò non corrisponda a una precisa volontà politica.
Pietro Garbarino, avvocato cassazionista, iscritto Anpi, sezione Caduti di Piazza Rovetta, socio di Libertà e Giustizia, legale di parte civile nei processi celebrati per la strage di Brescia, e autore con Saverio Ferrari del libro “Piazza della Loggia cinquant’anni dopo”
Pubblicato martedì 17 Giugno 2025
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