Il volume di Francesco Filippi

Francesco Filippi nel suo Noi però gli abbiamo fatto le strade (Bollati Boringhieri, 2021), un libro che prova a dare conto con quel che davvero, da fine ’800 e in particolare durante il Ventennio fascista, gli italiani “brava gente” hanno compiuto in Africa orientale, scrive che l’Italia ha letto e riletto – a livello pubblico – tanti momenti “importanti” della sua storia, sia per favorirne la conoscenza e l’interpretazione sia per usarli retoricamente e strumentalizzarli nel dibattito politico. Tanti, tutti quasi. Tranne uno: il colonialismo italiano.

Mussolini e il generale Graziani, criminale di guerra (pinterest)

Filippi ricostruisce agilmente la genesi della nostra avventura coloniale, con i suoi abbagli e fallimenti, i crimini di guerra e l’immagine riflessa dalla propaganda. E appunto alla propaganda di regime, che amplificava successi difficilmente verificabili e taceva miserie, storture e violenze, è dedicato un paragrafo intitolato “Il mito della bontà ha bisogno di prove: le strade”. Qui l’autore racconta come proprio questo mito sia il più duro a morire. Il refrain “Noi però gli abbiamo fatto le strade” è il contravveleno buono ad annullare ogni nefandezza compiuta dagli italiani, dall’aggressione ai gas, dall’invasione ai massacri di civili, dalle discriminazioni razziali ai soprusi. Tutto questo passa in secondo piano, quasi fosse il modico prezzo da pagare, rispetto al decantatissimo sistema viario, degno erede di quello della Roma imperiale, che sulle sue strade porta ai barbari conquistati la sua civiltà superiore.

La mappa interattiva con le strade che richiamano il colonialismo italiano realizzata da Wu Ming 2 (da umap.openstreetmap.fr/it)

Ma, a conti fatti, più che le strade effettivamente costruite durante l’impresa coloniale sono quelle a essa intitolate che a noi qui interessano. Lo mette in luce, in maniera dettagliatissima, Giap (il collettivo dei Wu Ming) nell’articolo Yekatit 12 | Febbraio 19. Ricordiamo i crimini del colonialismo italiano dove si può visualizzare una mappa interattiva con tutte le strade legate alla stagione coloniale italiana, soprattutto ad alcune battaglie. Sulla mappa appare qualcosa anche per Padova: tre vie dedicate agli scontri di Amba Aradam, Tembien, Lago Ascianghi. Per cui il gruppo consigliare di maggioranza Coalizione Civica aveva ideato e depositato, ormai nel novembre 2019, una mozione che ne prevedesse il completamento dell’intestazione.

Padova, Municipio (wilipedia)

Finalmente durante il consiglio comunale dello scorso 28 marzo, questo documento è stato presentato dal capogruppo Nicola Rampazzo e approvato all’unanimità, come già era accaduto il 21 febbraio per la mozione del Partito democratico volta a ricordare il grande impegno e contributo di padre Placido Cortese alla causa dei civili sloveni e croati deportati e internati nel campo di concentramento allestito presso la caserma “M. Romagnoli” di Chiesanuova.

Etiopia, durante l’occupazione fascista

Gli odonomastici riportati su quei cartelli, nati con intenti celebrativi e propagandistici, devono invece essere conosciuti per quel che furono:
Via Tembien – bombardamento con gas ed iprite durante le battaglie lì combattute nel gennaio 1936;
Via Amba Aradam – bombardamento dell’omonimo massiccio nel febbraio 1936, la battaglia fu preparata nelle settimane precedenti con bombardamenti a base di iprite e granate all’arsina;
Via Lago Ascianghi – bombardamento con gas ed iprite durante la battaglia lì combattuta nell’aprile del 1936.

Le targhe toponomastice che verranno completate

La toponomastica, insomma, resta uno dei campi su cui è possibile giocare la partita della memoria e dei valori che una comunità sceglie di veicolare e diffondere. «È un tema – spiega Nicola Rampazzo – straordinariamente vasto e delicato ma che, grazie all’idea Maurizio Marinaro, giovane attivista e storico, si è deciso di iniziare ad affrontare circoscrivendo l’azione alle vie dedicate al colonialismo italiano».

Ma la questione non è solo ideale o ideologica, presenta anche risvolti e difficoltà strettamente pratici: gli uffici comunali, infatti, hanno rilevato che la re-intitolazione delle strade crea alcuni problemi, anche ai residenti, poiché gli indirizzi sono registrati in numerosissimi data-base. E allora che fare? Trasformare il problema in opportunità: la cancel culture in context culture. Non rimuovere, ma spiegare; contestualizzare per contestare.

«Uno dei vantaggi di una simile operazione rispetto alla grossolana (e spesso fanatica) rimozione tout court – continua Rampazzo – è che contribuisce a dare identità ai luoghi che tocca, specie se si tratta di quartieri di periferia, com’è quello di San Giuseppe a Padova, dove si trovano le vie incriminate».

Un quartiere, questo, che per di più, come si argomenta nella mozione, viene così risarcito per la storia di cui è stato protagonista. La toponomastica della zona, infatti, “risale prevalentemente agli anni 20 e 30 del Novecento, quando venne edificata a seguito di un programma di costruzioni di case popolari pianificato dal regime fascista. […] Quella stessa zona negli anni 70 del Novecento ricevette la medaglia d’oro al valore della Resistenza e Piazza Toselli è stata intitolata piazza Caduti della Resistenza” per i fatti di cui si resero protagonisti i cittadini lì residenti. È doveroso ricordare, inoltre, che proprio in via Lago Ascianghi è vissuta per molti anni Rosetta Molinari, figlia di Aronne, comandante partigiano della Brigata Garibaldi Padova-Sabatucci, ed essa stessa giovanissima staffetta.

Sotto i cartelli di queste vie, la mozione impegna il sindaco Giordani e la giunta ad aggiungere, durante una cerimonia pubblica, delle targhe con la dicitura “crimini fascisti”, per ricordare – e mai cancellare né dimenticare – che “il colonialismo europeo, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, ha comportato la morte di decine di migliaia di persone e che anche dal colonialismo europeo prende il via la scia di guerre che ancora oggi incendia il continente africano”.