Alawiti – È una setta sciita della quale hanno sempre fatto parte gli Assad, padroni della Siria, una setta che è sempre stata sostenuta, e lo è tuttora, dal potere sciita iraniano e dagli hezbollah libanesi. Nello scontro senza fine tra i vari poteri – i gruppi tribali e religiosi – l’Iran ha inviato gruppi dei suoi pasdaran per difendere, con l’appoggio dei russi, il governo siriano. I turchi, sunniti, darebbero, sottobanco, un qualche aiuto agli uomini del Daesh (che condannano a parole) contando anche sull’appoggio dei turcomanni, una minoranza turcofona stanziata tra la Siria e l’Iraq. L’Arabia Saudita e alcuni emirati del golfo, invece, da almeno un paio di anni, hanno armato e finanziato di nascosto il Daesh, in funzione anti Assad e anti Iran.
Califfato – È l’istituzione che designa l’autorità temporale e religiosa del mondo musulmano. Il califfo (in arabo khalifat rasul Allah e cioè “rappresentante del Messaggero di Dio”) è il guardiano della fede, vincolato alla sharia. Veniva eletto dalla comunità dei credenti. Secondo alcuni può anche nominare un successore. L’istituzione nacque dopo la morte del Profeta Maometto quando Abu Bakr, Umar, Uthman e Alì diventarono i capi della comunità islamica per acclamazione. Questi furono considerati i “quattro califfi ben guidati”. Gli sciiti, però riconoscono come califfo il solo Alì.
Nella storia islamica ci sono stati straordinari califfi: Umayyadi a Damasco e Abbassidi a Baghdad. Califfi anche in India e quello celeberrimo a Istanbul, poi destituito, insieme all’istituzione, nel 1924.
Corano – È il libro sacro dell’Islam, composto da 114 capitoletti o “sure”. Per i musulmani, il libro è la voce diretta di Dio, giunta agli uomini attraverso Maometto. Per i teologi, il Corano è coeterno a Dio. Dunque “increato”. Insomma, non è stato mai scritto. È nel libro sacro che si chiede ai fedeli di pregare cinque volte al giorno, di fare l’elemosina rituale, di recitare la professione di fede, di andare alla Mecca almeno una volta nella vita e di osservare il digiuno annuale. Si tratta dei celebri “cinque pilastri dell’Islam”. Il termine Corano deriva dall’arabo “Qur’an” che significa lettura salmodiata o recitata della rivelazione.
Curdi – I curdi sono circa 27 milioni e vivono in Turchia, in Iraq e Iran. Sono musulmani sunniti. Per secoli il Kurdistan ha fatto parte dell’Impero Ottomano e in parte di quello iranico. Da sempre i curdi si battono per l’indipendenza politica e culturale, ma sono anche divisi al loro interno. Dopo la guerra del Golfo del 1991, nell’Iraq settentrionale, è nato un piccolo stato curdo. Uno dei curdi più celebrati dalla storia islamica è il famoso Saladino che strappò ai cristiani Gerusalemme.
Uno dei leader politici più noti dei curdi, in questi anni, è Abdullah Ocalan, dirigente del PKK che ha condotto, fino all’arresto, anni di guerriglia contro i turchi.
I guerriglieri curdi, i celeberrimi peshmerga (in uno dei tanti dialetti curdi “coloro che sono pronti alla morte”) stanno ora combattendo contro i terroristi dell’Isis di Abu Bakr al Baghdadi.
Daesh o Isis – Il primo acronimo è in lingua araba e significa “Al dawla al islamica fi al Iraq wal Sham” e cioè il Califfato islamico di Siria e Iraq, fondato da Abu Bakral-Baghdadi. Il secondo acronimo significa, in inglese, “Islamic State of Iraq and Syria”. Gli assassini di Al Baghdadi sono contrari a che di loro si parli come “gli uomini di Daesh” perché il termine, in arabo, ha lo stesso suono di alcune parole che significano “distruggere” o “fare a pezzi”.
La bandiera nera dell’Isis ha più di un significato. La scritta bianca non è altro che la “shahada” e cioè la professione di fede islamica che dice: “Allah è grande e Maometto è il suo profeta”. Il colore nero, invece, nel mondo islamico, viene giudicato variamente: a volte malefico per i presagi negativi che si suppone porti con sé; a volte benefico perché alcuni abiti del Profeta erano neri. Si dice anche che Maometto, quando tornò ad occupare la Mecca da dove era “emigrato”, portasse in testa un grande turbante nero. Il nero era anche il colore portafortuna degli Abbassidi, nemici dei Fatimidi e, dunque, per la prima dinastia, era espressione di coraggio politico, di resistenza all’invasore o di particolari capacità diplomatiche.
Gerusalemme – La città viene definita “santa” in arabo e in altre lingue mediorentali e dell’Asia. Perciò si chiama anche Al Quds o Al Qods. Per i musulmani è sacra. Il terzo luogo sacro dell’Islam. Sulla spianata delle moschee si trova, infatti, anche quella cosiddetta “di Omar” dove si conserva la roccia dalla quale Maometto sarebbe partito su una scala dorata diretto in cielo per incontrare l’Altissimo e gli altri mondi. Il tutto in una sola notte, dopo un viaggio in sella al cavallo Buraq che aveva “volato attraverso i cieli”.
Gesù e Maria – In arabo sono Isa ibn Maryam, Gesù è considerato uno straordinario profeta inviato da Dio tra gli uomini. Rimasto, però, inascoltato. Per questo fu poi mandato tra la gente Maometto, “l’ultimo dei profeti” o il “sigillo dei profeti”. Gesù siede comunque alla destra dell’Onnipotente. Secondo i musulmani non è Dio “perché Dio non genera e non è generato”. E non venne neanche mai crocifisso. Si trattò di una menzogna giudaico-cristiana.
Islam – Significa “sottomissione alla volontà di Dio” (Allah) che è uno e solo. E che non è, come qualcuno pensa, il Dio dei musulmani, ma semplicemente Dio. L’Islam è, dunque, una delle tre grandi religioni monoteistiche del mondo e appartiene al ceppo abramatico (Abramo, in arabo è Ibrahim) come il Cristianesimo e l’Ebraismo. Venne fondata, nei primi decenni nel secolo VII d.C. da Muhammad (per noi Maometto).
Jihad – Ossia “guerra santa” sulla strada di Dio. Il termine era originariamente di tipo religioso. In arabo significa: sopportare, soffrire, sacrificarsi, impegnarsi. Per Maometto, la jihad più importante “era quella contro noi stessi e i nostri peccati”. L’altra è invece soltanto “una piccola guerra santa”. Per la tradizione musulmana, il mondo è diviso in due “Case”: quella dell’Islam (dar al-Islam) e quella della guerra (dar al-Harb). Fuori dalla casa musulmana tutti dovranno, prima o poi, essere sottomessi alla vera fede. In realtà, durante le guerre, i combattenti musulmani non obbligavano mai nessuno alla conversione, al contrario dei Cristiani. Bastava pagare una tassa in più e si poteva conservare la propria religione, nella condizione di “dimmi” cioè di protetti. Per i combattenti musulmani sulla terra – è stato scritto – ci sarà come premio il bottino e, nell’altro mondo, il Paradiso. Si potranno anche sottoscrivere tregue e accordi leciti. All’inizio era proibito, in guerra, uccidere donne e bambini e si dovevano trattare bene i prigionieri. Ma gli integralisti e gli integralismi, hanno cambiato tutto. La guerra – dice il Corano – è legittima, sulla via di Dio, quando i miscredenti (kafir) uccidono i musulmani, li cacciano dalle loro case e occupano le loro terre con la violenza.
Madrasa – Sono le scuole coraniche dove crescono i futuri teologi dell’Islam o i “lettori del Corano”. Dalle madrase, in Afghanistan, sono usciti i giovani integralisti chiamati talibani. “Talib”, in arabo, significa studente.
Martire – In arabo “Sahid”. Tutti hanno visto gli effetti devastanti delle “operazioni di martirio”, in tutti questi anni, in Palestina, in Iraq, in Cecenia, in Israele. È una tragedia senza fine. Ormai in tanti, scelgono il martirio nello stile dei kamikaze o in qualunque altro modo. Sono stati, spesso, ragazzi e ragazze giovanissimi che andavano a morire con il sorriso sulle labbra. Prima si facevano riprendere con il Corano in una mano un’arma nell’altra e, alle spalle, la bandiera della loro organizzazione. Poi leggevano i versetti del libro sacro, salutavano i parenti, sorridendo e spiegando la loro scelta, fasciavano la testa con una striscia di stoffa sulla quale erano tracciati versetti del Corano o la “basmala”. Cioè quella che dice: “Con il nome di Dio, ricco in clemenza, abbondante in misericordia”. O la frase: “Allah è grande e Maometto è il suo profeta”. E andavano a morire e a massacrare. Così in Palestina e Israele.
In Iraq, l’orrendo cerimoniale è cambiato. Gli assassini, con la bandiera nera alle spalle o la sigla di una organizzazione, hanno sgozzato, davanti alle telecamere, già alcune decine di “nemici” della fede.
Bisogna aggiungere che il martirio dei vecchi tempi permetteva di “sedersi accanto a Dio in Paradiso”, portava grande onore alle famiglie degli immolati che ricevevano dai vicini le condoglianze, congratulazioni e la richiesta di una intercessione presso l’Altissimo. I musulmani moderati (sono la maggioranza) hanno sempre considerato un obbrobrio le azioni dei martiri. Persino alcuni teologi hanno considerato il martire o il kamikaze, un apostata che aveva deciso di uccidersi e il suicidio, nell’Islam, è un peccato gravissimo.
Muhammad (per noi Maometto) – È il Profeta dell’Islam. Attenzione, solo il Profeta. Inviato da Dio sulla Terra per tutte le creature. Dunque, solo un uomo comune nato alla Mecca, in Arabia Saudita e rimasto presto orfano. Prima affidato al nonno e poi ad un celebre zio. Il nome Maometto significa “il lodato”. La madre si chiamava Amina e il padre Abd Allah. Il Profeta sposò la ricca vedova Khadigia e verso i quaranta anni ebbe le prime crisi religiose e le rivelazioni della fede, attraverso l’angelo Gabriele. Fu lui che cominciò a dettare le “sure” del Corano in “purissima lingua araba”. Il tempo musulmano inizia nel settembre del 622 dell’era cristiana. È la data in cui il Profeta lasciò la Mecca (dove si trova la celeberrima e venerata “pietra nera”) per trasferirsi a Yathrib che, da quel momento, si chiamò Medina. La partenza di Maometto segna l’egira, ossia la “higra” che vuol dire “emigrazione” o trasferimento. Alla morte del Profeta (è sepolto proprio a Medina) la nuova fede che intanto si era sparsa per deserti e città, ebbe una forte crisi. Il posto del fondatore dell’Islam venne preso, l’uno dopo l’altro, dai “rashidun” e cioè dai “quattro califfi ben guidati”: Abu Bakr, padre di Aisha, la sposa prediletta del Profeta, Omar, Othman e Alì, cugino di Maometto e poi sposo di sua figlia Fatima. Alì venne accusato di avere ucciso il predecessore per prenderne il posto. È allora che ebbero inizio guerre civili e ribellioni.
Salafiti – È il termine arabo usato per identificare una corrente di riformatori islamici che si richiamano agli “antenati virtuosi” e alle prime comunità musulmane, come modello per la creazione di una “società nuova” basata sullo “spirito purissimo dei primi credenti”. I salafiti, dunque, sono contro la “modernità della fede” e si battono insieme ai gruppi fondamentalisti.
Il nome deriva da “Salaf”, che indicava il gruppo dei primi compagni del Profeta.
Sciiti – Viene da “Sciia” che significa semplicemente “partito”. In questo caso il partito di Alì, cugino di Maometto e marito di Fatima. Alì fu “l’ultimo califfo ben guidato”. Era il padre di Husain e di Hossein. Husain, con appena 72 uomini armati, venne circondato e ucciso da migliaia di soldati nei pressi di Kerbala, in Iraq, il 10 ottobre del 680. La sua testa venne poi spedita a Damasco, al Califfo regnante. Gli sciiti affermano che quella morte fu scelta volontariamente come testimonianza di fede e come scelta di martirio in nome di Dio. Da quella morte nacque il “dolore della sciia”, il senso della tragedia e del martirio caratteristico degli sciiti che, una volta all’anno si flagellano e si autopuniscono percuotendosi con catene e coltelli, durante la celebrazione dell’ashura. Gli sciiti hanno imam e ayatollah (cioè grandi sacerdoti, la cui parola è legge divina e non può essere disobbedita) che al tempo della guerra Iraq-Iran (dove l’Islam sciita è religione di stato) mettevano al collo dei ragazzi una piccola chiave per l’accesso in paradiso. Poi, tutti, venivano inviati al fronte. Migliaia di questi giovanissimi soldati morirono così, senza battere ciglio sui campi minati. Nei cimiteri iraniani, in loro ricordo, l’acqua delle fontane è rossa come il sangue.
Sharìa – È il termine arabo che designa la parte della dottrina islamica che i musulmani, attraverso i secoli, hanno sempre considerato fondamentale. Regola, infatti, ogni attività umana: dal comportamento che deve essere seguito per i bisogni corporali, al modo di vestire, mangiare, camminare, vendere, comprare, stare a tavola. Insomma tutto, tutto. In materia esistono, comunque, quattro diverse scuole giuridiche. Bisogna solo – secondo i puristi e tradizionalisti – consultare i libri e applicare. Attenzione: il velo per le donne non c’entra. In quasi tutto il mondo musulmano, infatti, la tradizione del velo risaliva a tempi preislamici e antichissimi. Insomma, era la tradizione di un certo paese, di un certo luogo, di un certo ambiente.
Sunniti – Nel mondo dell’Islam sono oltre il 95% dei credenti. Seguono fedelmente i detti e i fatti della vita del Profeta. Si definiscono “gente della Sunna” e non hanno nessun tipo di clero, ma solo dei “direttori della preghiera” che vengono nominati di volta in volta. Il loro, dunque, è un rapporto diretto e personale con la divinità. Poi ci sono dei “dotti” che interpretano, a richiesta, i dogmi della fede.
Talibani – In arabo e in persiano, il termine “talib” significa “studente delle scienze islamiche”.
In Afghanistan, i talibani organizzarono veri e propri gruppi armati contro l’occupazione sovietica e conquistarono grandi città (anche Kabul) e vaste zone del Paese, istituendo gli “Uffici per la diffusione della virtù e la distruzione del vizio”. Gli uomini di questi “uffici” fecero a pezzi, in Afghanistan, celeberrimi e preziosi monumenti, obbligarono le donne a coprirsi di nuovo con il velo integrale, distrussero i negozi che vendevano apparecchi radio, registratori, televisori e tutto quanto appariva moderno e “peccaminoso”. Reintrodussero di nuovo le punizioni corporali e la sharia. Furono i primi e più grandi protettori di Usama bin Laden anche dopo gli attentati alle Torri Gemelle negli Stati Uniti.
Wahhabiti – Movimento rigorista musulmano sunnita, nato nell’Arabia Centrale alla metà del XVIII. Il fondatore fu Muhammad ibn Abd al Wahhab. La casa regnante al Saud, in Arabia Saudita, si regge, ancora oggi sull’aiuto costante dei wahhabiti. Osama Bin Laden, nato in Arabia Saudita da una famiglia di miliardari e lui stesso ricchissimo, è cresciuto nelle scuole coraniche wahhabite.
Pubblicato mercoledì 2 Dicembre 2015
Stampato il 06/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/le-parole-chiave-per-capire-lislam-e-il-medio-oriente/