A battere la ritirata, a ridosso della città di Napoli, infatti, verso il vesuviano interno, che già aveva dovuto sopportare le tempeste di fuoco dei cacciabombardieri americani o inglesi con conseguenti lutti (per esempio, 34 morti a Ottaviano, 82 a S. Giuseppe Vesuviano, 47 morti a Palma e molte altre vittime in altri posti) e distruzioni di immobili, c’erano i tedeschi della Division Hermann Goering.

Ed in quegli stessi paesi la Division Goering stava sfogando tutta la propria rabbia di un esercito tradito, minando strade, incendiando palazzi, razziando case ed animali, uccidendo innocenti civili.
A Somma Vesuviana, il 1° ottobre 1943, caddero tre civili; tra le abitazioni date al fuoco ci fu anche quella della famiglia di Gaetano Arfè, che, era solito raccontare dell’oltraggio subìto dai suoi libri in quella occasione. A Sant’Anastasia – dove finivano anche le corse della Circumvesuviana, perché la linea tra Ottaviano e San Giuseppe Vesuviano era stata minata – una batteria tedesca da Ponte di Ferro sparò verso la Chiesa di Santa Maria la Nova e procurò otto vittime civili. Altre dieci vittime ci furono a San Paolo Belsito (che aveva già subito la scandalosa distruzione del Grande Archivio), a Nola (città in cui furono perpetrate rappresaglie anche contro i militari ed in cui fu distrutto anche un imponente patrimonio immobiliare) e molte ancora ci furono a Terzigno, San Giuseppe Vesuviano ed in tutti gli altri territori in cui passavano o erano appena passati i soldati in ritirata della divisione Hermann Goering.

Si potrebbe, ovviamente, continuare con nomi di località e di vittime all’infinito, perché nessun paese della provincia di Napoli fu escluso dalla ferocia nazista e dall’aver dovuto scrivere un lungo elenco di vittime civili, per rappresaglia, per odio, per rivalsa, per il gusto di uccidere per mano tedesca. In questo caso si potrebbe rischiare, però, di incorrere in una narrazione di eventi, oggi, giudicati campanilistici o di trasmettere un’inutile tabella di celebrazione di cittadini, noti o meno noti, nella stretta cerchia paesana.
È in casi come questi – ma non solo – che la cosiddetta storia locale assume una valenza aristocratica nello studio del territorio, perché fortemente connessa alla vita quotidiana di un territorio, alle sofferenze, ai sentimenti ed alle sensibilità di donne e uomini, che ne hanno sostenuto il cammino con atteggiamenti, partecipazioni, scelte dalle più umili alle più alte quale l’estremo sacrificio della vita. In ogni scuola, in ogni associazione culturale, in ogni circolo politico bisognerebbe lavorare sull’assunto che ciascuno è la somma di un passato che si porta dietro. E siccome, specie quella del Novecento, è storia autobiografica, sarebbe auspicabile che le azioni ed i nomi di coloro che hanno segnato momenti drammatici ma significativi della “nostra” storia non fossero esclusi dai processi di conoscenza e fossero parte indelebile della nostra memoria.
Ciro Raia, responsabile cultura del comitato provinciale Anpi Napoli
Pubblicato domenica 27 Settembre 2020
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