3 ottobre. Due tappe in città davanti ai monumenti ai caduti. E poi, a qualche chilometro da Ascoli, sul Colle San Marco, prima il raccoglimento davanti alle lapidi alla memoria dei partigiani e dei civili, poi, ancora, l’onore ai martiri davanti al Sacrario ai Caduti della Resistenza picena.
Qui, dopo le corone, i discorsi davanti alle autorità e a più di un centinaio di ragazze e ragazzi delle medie inferiori: il rappresentante del Prefetto, e poi del Sindaco, e poi del Presidente della Provincia. Poi ancora l’intervento di Pietro Perini, Presidente dell’Anpi provinciale e figlio di Spartaco, sottotenente degli alpini, reduce della drammatica ritirata di Russia, capo dei partigiani rifugiati sul Colle.
A quei ragazzi ha parlato Pietro, da cuore a cuore, denunciando gli errori degli adulti, raccontando il mondo devastato dalle guerre, dalle diseguaglianze, dal riscaldamento ambientale in cui si trovano a vivere.
“Care ragazze e cari ragazzi – ha detto Pietro Perini – fra qualche anno anche voi sarete degli adulti e diventerete i protagonisti della società futura, abbiate sempre memoria di questi insegnamenti e fate in modo di non ripetere gli errori di chi vi ha preceduto, quando dovrete fare delle scelte, quando avrete a che fare con il prossimo, quando dovrete parlare con delle persone, ricordate sempre che non dovrete parlare al loro cervello ma dovrete parlare al loro cuore per far capire loro che siete dalla loro parte, che volete impegnarvi per loro, per far capire che di voi si possono fidare; perché è nel cuore che trovano posto i sentimenti umani e sono i cuori che palpitano per i propri cari e quando si vuole bene a qualcuno, ma anche quando non si ha un lavoro, quando non si hanno possibilità economiche e quando si ha paura del futuro”. Parole di verità, di pedagogia partigiana verso la generazione che si affaccia all’Italia.
Cosa era avvenuto su quel Colle? La Resistenza ad Ascoli era iniziata poco dopo l’8 settembre del 1943. Nei primi giorni del mese successivo un rilevante numero di antifascisti e partigiani si era rifugiato sul Colle, immaginando che fosse il luogo più idoneo per contrastare la furia degli occupanti nazifascisti. Male armati, con una scarsa pratica militare, quegli uomini, quei giovani furono sconfitti da una forza soverchiante. Tanti rimasero sul campo. Molti prigionieri furono fucilati. Furono 37 i martiri del Colle. Furono 278 i Caduti in città e in provincia. Entrambe le istituzioni sono state insignite di Medaglia d’Oro al valor Militare.
Il discorso del Presidente nazionale Anpi Gianfranco Pagliarulo è stato l’ultimo.
Anche lui si è rivolto all’attentissimo pubblico giovanile: “Allora non c’erano i social. Al massimo – ha detto – qualcuno poteva ascoltare la radio. Le condizioni di vita erano molto peggiori. C’era la guerra, i bombardamenti, spesso la fame. Eppure quei ragazzi, come voi, avevano le stesse speranze, le speranze della vita, dell’amore, della felicità. Sono tutti morti, protagonisti volontari o casuali dei primi giorni di quel complesso fenomeno che abbiamo chiamato la Resistenza italiana”. E ha aggiunto: “Resistenza per che cosa? Per un Paese, una società e uno Stato che fossero l’esatto contrario del Paese, della società e dello Stato fascista. E quelle idee dei resistenti, alle volte chiarissime, alle volte confuse, si incarnarono pochi anni dopo la Liberazione, e cioè nel 1948, nella Costituzione della Repubblica, che stabiliva principi di libertà, di eguaglianza, di pari dignità sociale, di solidarietà, di ripudio della guerra, e disponeva che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. Esattamente tutto il contrario dello Stato e della società fascista. Ecco perché la Costituzione è il manifesto dell’antifascismo, ne incarna i valori e ne disegna il programma”.
Il presidente nazionale Anpi ha proseguito: “Mai come oggi questa Costituzione ci serve, davanti alle insopportabili diseguaglianze sociali, laddove è scritto che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono l’eguaglianza fra i cittadini. Mai come oggi questa Costituzione ci serve, davanti agli spaventosi pericoli di guerra che incombono, laddove è scritto che l’Italia ripudia la guerra. Mai come oggi questa Costituzione ci serve, davanti al crescente disincanto degli elettori, per cui il 40% non va più a votare o vota scheda bianca, laddove la partecipazione dei cittadini è un’anima essenziale della democrazia costituzionale”.
Per questo, ha continuato Pagliarulo “preoccupa chi oggi sostiene che l’antifascismo sia superato. Una lontana pagina di storia, come le guerre puniche o le imprese di Napoleone. E invece, se ci pensate, non è mai stato attuale come oggi, quando le sue parole chiave – democrazia, libertà, eguaglianza, lavoro, solidarietà, pace – sono messe in discussione in tante parti del mondo. Quando qualcuno vi dice che la Costituzione del 1948 è una cosa vecchia, ricordategli che la Costituzione americana venne ratificata nel 1788 e nessuno si permette di metterla in discussione. Quando qualcuno vi dice che l’antifascismo è superato, ricordategli i caduti di Colle San Marco e pensate, care ragazze e cari ragazzi, all’antifascismo e alla Resistenza non solo come un elemento di ricerca storica o come una rievocazione del passato, ma anche come uno strumento presente di impegno civile quotidiano, di partecipazione, pensate all’antifascismo come uno scrigno di valori che danno un senso alla vita sociale e che non sono ancora pienamente realizzati”.
Dopo l’intervento del Presidente nazionale dell’Anpi, si sono succeduti al microfono sei pensieri di altrettanti ragazzi. Pensieri di Costituzione, di civiltà, di Resistenza.
Presente e passato si sono così intrecciati in una celebrazione senza retorica, e perciò particolarmente carica di emozione e di commozione dove al “Silenzio” eseguito dalla tromba militare è seguito il silenzio dei presenti nell’ascoltare le parole degli oratori. Un silenzio grazie a cui gli scomparsi, quei ribelli del Colle San Marco, sono tornati presenti nel ricordo di tutti. Per questo ha detto Pagliarulo concludendo “oggi, quando di nuovo appaiono come ogni autunno le foglie di ruggine dell’Appennino centrale, siamo riuniti con loro, con i caduti, i fucilati, per onorare un inestinguibile debito di riconoscenza verso tutti coloro che hanno dato la vita per consegnarci un Paese democratico di uguali e di liberi”.
Al termine, prima della Messa, il canto di Bella Ciao è partito spontaneo dalle voci dei quattordicenni, dei quindicenni, come un rito liberatorio, un’affermazione di dignità, una carezza sui tanti nomi incisi sulle lapidi.
Pubblicato martedì 4 Ottobre 2022
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