Al centro il sindaco di Maserà, Gabriele Volponi (dalla pagina Facebook)

Gabriele Volponi si schermisce: può, lui sindaco di un paese di provincia, revocare la cittadinanza onoraria concessa a Benito Mussolini? «È stata votata dai nostri antenati». Può il ragionier Volponi, titolare delle ditta “Volponi irrigazioni”, sindaco di Maserà di Padova, paesone di 9mila anime, andare contro gli antenati e «cambiare la storia»? Ma che diamine! Certo che no! Mica perché è di Fratelli d’Italia. Mica perché pensa in cuor suo che la Resistenza non sia stata una gran bella cosa e che il fascismo, in fondo, ha fatto anche tante cose buone. No, ci mancherebbe! Volponi non vuole offendere gli antenati. E così si è astenuto sulla mozione presentata dall’opposizione durante il Consiglio comunale dell’8 aprile scorso, diretta a revocare la cittadinanza al dittatore e a conferirla post mortem a Giacomo Matteotti per il centenario del suo assassinio.

L’ordine di uccidere il deputato socialista era arrivato direttamente da palazzo Venezia. Da Mussolini. Ma Volponi, per dirla fascistissimamente, se ne frega. Ha altro da pensare. Cose serie, non schermaglie ideologiche, lascia intendere con l’aria dell’uomo del fare. Qualcuno dalla sua maggioranza ha perfino sostenuto che «l’unica certezza su Matteotti è che fu rapito e ucciso». Mancava solo l’amen.

Il ritrovamento del corpo di Giacomo Matteotti

Togliere la cittadinanza onoraria a Mussolini dunque per Volponi non è cosa. «Io, sindaco di un paese di provincia, posso cambiare la storia?» dice. Sì, se solo volesse. Ma non vuole. E a giustificazione va sostenendo che mancherebbe la documentazione sul conferimento della cittadinanza a Mussolini.

Tanto zelo il primo cittadino di Maserà lo ha continuato a dimostrare, non concedendo allo storico del fascismo Mimmo Franzinelli una sala comunale per presentare, in collaborazione con l’Anpi provinciale di Padova, il suo ultimo libro “Matteotti e Mussolini”, edito da Mondadori. E alle polemiche esplose, Volponi pur sbottando che «è ora di finirla con questa storia del fascismo e dell’antifascismo» si ripara dietro più alte autorità: si sarebbe «adeguato alle disposizioni prefettizie sulla campagna elettorale» e su carta intestata, assicura chi ha visto il documento, ha tirato in ballo anche i regolamenti Agcom e Corecom, “è vietato lo svolgimento di attività che possano fornire contenuti non neutrali”. Come se si dovesse rispettare una sorta di par condicio tra un dittatore e un martire.

L’Anpi padovana non ci sta, il 21 maggio presenterà il lavoro di Franzinelli e difenderà la storia e la libertà di espressione “se necessario anche occupando la piazza del Comune”.

Ma il fetore di un passato che 80 anni di Repubblica non sono riusciti ancora a cancellare sembra aleggiare e forte in più luoghi del Bel Paese.

Da Bologna a Oristano, da Trieste a Perugia, da Salò a Latina e a Codogno, la città tristemente nota per il Covid, dove nel 2021 il sindaco leghista ha detto no alla revoca perché, parole sue, «è un atto storico, come quando Napoleone ha dormito a Codogno e poi andò a Lodi a far guerra»; fino a Finale Ligure, solo per citarne alcuni, sono tanti i Comuni in cui Mussolini risulta ancora cittadino onorario. Esemplare il caso di Anzio. È dal 2018 che in Consiglio comunale è stata presentata una mozione per la revoca della cittadinanza a Mussolini. Niente da fare: respinta. Anche a costo di finire sui giornali di tutto il mondo dopo la rinuncia della scrittrice Edith Bruck, ebrea ungherese naturalizzata italiana, a ritirare il Premio della Pace che il Comune le aveva assegnato nel 2021: «La ringrazio – ha scritto Bruck al sindaco laziale – ma non posso accettare il Premio per la Pace dove è in fermento la nostalgia attiva dell’epoca più vergognosa, incancellabile per chi l’ha vissuta».

La scrittrice e sopravvissuta alla Shoah, Edith Bruck ha rifiutato la cittadinanza onoraria di Anzio

Intendiamoci, in Italia non ci sono solo primi cittadini come Volponi o come l’ex primo cittadino di Anzio Candido De Angelis (il Comune pontino è commissariato e lui è indagato, en passant, per voto di scambio politico-mafioso). Ci sono anche città e paesi che quella cittadinanza­ nella maggioranza dei casi imposta, in altri accettata per servilismo o per convinta adesione negli anni che vanno dal 1923 al 1924­ l’hanno revocata. Alcuni subito, come Napoli ­dove l’annullamento fu uno dei primi atti del Comune nel 1944 ­seguita da Matera e Arezzo (1945). Altri in tempi più recenti, a cavallo degli anni 2000, come Firenze (1999) Torino (2014). Altri ancora in questi ultimi anni, come Rho (2018), Mantova (2018), Bergamo (2019) dove la revoca è stata parecchio sofferta e ha visto il sindaco Gori astenersi, Locorotondo e Troina (2023), Bovezzo alla vigilia della Festa della Liberazione 2024.

Ricostruire una mappa delle cittadinanze al dittatore fascista è impresa difficile. Nel giugno del 2017 i parlamentari di Sinistra italiana Fratoianni, Marcon e Farina, in una interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno chiedevano un censimento per sapere quali Comuni «conferirono la cittadinanza, in quale data e quanti l’abbiano successivamente revocata» e, soprattutto una iniziativa di natura legislativa per revocare quei provvedimenti. Ma dal Viminale fino ad oggi non è pervenuta risposta. È lecito immaginare, comunque, che siano diverse centinaia i Comuni di cui Mussolini risulta ancora cittadino onorario.

Il ministero dell’Interno (Imagoeconomica, Sara Minelli)

Bisogna seguire le cronache dei giornali locali, compulsare la Rete per trovare informazioni sulle comunità locali che si vogliono togliere dalle spalle questo pesante fardello. Operazione non sempre facile di questi tempi. La revoca della cittadinanza, in alcuni casi, quando arriva è circondata da così tante cautele da apparire perfino pilatesca. È accaduto nell’aprile scorso a Ustica, l’isola appartenente all’arcipelago delle Eolie. Luogo doppiamente simbolico: perché fu terra di confino per gli antifascisti italiani e perché è lì che si inabissò il Dc 9 dell’Itavia nel giugno del 1980. 81 morti per un’azione di guerra nei cieli del basso Tirreno. 81 morti che reclamano ancora giustizia piena.

Museo della memoria della strage di Ustica, i resti del Dc 9 Itavia

Ebbene, a Ustica il Consiglio comunale, a guida centrodestra, fedele al vecchio adagio “mal comune mezzo gaudio”, pur di non depennare solo Mussolini e i gerarchi fascisti Roberto Farinacci, Pietro Lanza di Scalea, Alfredo Cucco e Cesare Mori, ha deciso di togliere la cittadinanza a tutti i personaggi ai quali era stata concessa e che sono passati a miglior vita. E così bye bye a Mike Buongiorno, Lucio Messina, Walt Disney, Jacques-Yves Cousteau, Folco Quilici, Enzo Maiorca, l’astronauta americano Malcom Scott Carpenter. Con una bislacca operazione burocratico-revisionista, un salto mortale carpiato con mezzo avvitamento (su se stessi), i consiglieri di centrodestra hanno approvato una modifica al regolamento comunale che prevede la cessazione delle onorificenze per tutti i defunti. Da adesso “il conferimento e la revoca del riconoscimento onorifico possono essere deliberate dal Consiglio comunale solo se la persona è ancora in vita”.

Walt DIsnery nel 1935. Il Consiglio comunale di Ustica gli ha revocato la cittadinanza onoraria

Insomma, una revoca che non è una revoca. Operazione gattopardesca, questa della cessazione, per non dare il suo giusto significato storico e politico alle nefandezze del fascismo. «Scriveremo a tutti i Comuni Italiani – dichiarano i consiglieri d’opposizione del gruppo Tutti insieme per Ustica –  chiedendo di procedere alla revoca della cittadinanza precedentemente conferita, nel 1924, a Benito Mussolini e ai suoi seguaci gerarchi fascisti. Ricordiamo che Ustica è stata isola di vero antifascismo, resistenza e libertà, in cui sono stati confinati anche Antonio Gramsci, Nello Rosselli e Giuseppe Romita, uno dei padri costituenti».

Ustica 1927, nella foto tra i confinati Antonio Gramsci e Amedeo Bordiga

Anche Massa e Carrara sono alle prese con la revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini. Nel primo Comune la strada ricalca in qualche misura quella cerchiobottista di Ustica: la cittadinanza decade con la morte. Perciò Mussolini finisce (annacquato) nel calderone assieme a tante e tanti altri illustri deceduti, vedi Rita Levi-Montalcini. Il Comune – a guida Lega e Forza Italia – annuncia l’istituzione della Cittadinanza onoraria alla Memoria. Decadenza per tutti i trapassati e recupero solo per alcuni: una sorta di ripescaggio, stile mondiali di calcio. Dura la reazione del centrosinistra. Daniela Bennati del Polo Progressista ha detto chiaro e tondo: «Vi manca il coraggio di dire che volete togliere la cittadinanza a Mussolini in quanto Mussolini». Mentre Stefano Alberti (Pd), proponente della mozione per la revoca a Mussolini, parla di un «pasticciaccio. Per non revocare la cittadinanza a Mussolini vi siete inventati due modifiche e una nuova fattispecie di cittadinanza, ma senza dire come viene applicata, svilendo l’istituto della cittadinanza».

Giannetto Dini, un antifascista e partigiano italiano, martire della libertà fucilato dai nazisti a 18 anni

Se Ustica e Massa brillano per felpata furbizia a Fano, nelle Marche, il Consiglio comunale il 15 febbraio ha approvato il ritiro della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, ancora in essere dal 24 maggio 1924. L’ordine del giorno è stato presentato dalla consigliera di “In Comune”, Carla Luzi. L’approvazione è avvenuta dopo l’uscita dall’aula di Lega e Fratelli d’Italia. «A cento anni dall’assassinio di Giacomo Matteotti – ha commentato l’assessore Samuele Mascarin – e a ottant’anni dalla fucilazione di Giannetto Dini (il giovane partigiano maceratese ucciso dai nazifascisti nell’aprile 1944, ndr) questa risulta come una scelta simbolica, ma dall’enorme valore civile, coerente con la storia democratica e antifascista della nostra città».

Anche a Fano però non sono mancate polemiche e gattopardismi, con il consigliere della Lega Luigi Scopelliti che in quei giorni è andato sostenendo che «le cittadinanze onorarie si concedono ai vivi e si perdono quando si muore e semmai si revocano quando l’interessato è ancora in vita». Scopelliti non sa o non ricorda che la sua regione, terra di socialisti, anarchici e repubblicani, ha pagato un duro tributo alla violenza fascista. A Fano il 5 agosto 1922 furono barbaramente assassinati gli antifascisti Amilcare Biancheria e Giuseppe Morelli.

La revoca generalizzata e per legge dello Stato delle cittadinanze onorarie concesse dai Comuni al capo del fascismo avrebbe un forte valore simbolico. Non c’è da sperarci. Non oggi. Ecco perché quei Municipi dove l’antifascismo ha salde radici si muovono autonomamente.

In Sicilia, a Troina, oltre millecento metri di altezza nella parte del Parco dei Nebrodi in provincia di Enna, uno dei primi atti del Consiglio comunale eletto nel maggio 2023 è stato deliberare, alla presenza del nuovo primo cittadino Alfio Giachino e della giunta, la revoca conferita nel 1924 in seduta straordinaria al dittatore, definito per di più “colui che ha
salvato la Patria dalla rovina”.

La notizia non è passata inosservata alla stampa nazionale. Troina ha una storia imponente, baluardo della lotta alla mafia nelle precedenti amministrazioni con tanto di sindaco (ora in Ars) sotto scorta, fu teatro dopo lo sbarco alleato del 1943 di una delle più cruente battaglie tra la VII Armata statunitense e i tedeschi in ritirata verso Messina. Dopo cinque giorni di fuoco, e rappresaglie e rastrellamenti della Wehrmacht si contarono tra la popolazione del paese ridotto in macerie 116 vittime.

A documento della drammaticità dei fatti c’è una delle foto più celebri di Robert Capa, quella di un uomo con in braccio una bambina rimasta ferita nei bombardamenti. E non mancò neppure la solidarietà nei confronti di chi cercava aiuto per aver salva la vita, come riporta la motivazione della Medaglia d’oro al Merito Civile conferita nel 2007 dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Insomma alla luce di tutto ciò quella onorificenza, stonava assai. Inoltre come ha sottolineato la consigliera Martina Amata del gruppo di maggioranza Troina Bene Comune che ha proposto la revoca è incompatibile «con i principi di pace, di uguaglianza, di democrazia e libertà che oggi fortunatamente ispirano e guidano la nostra Costituzione italiana, principi e valori di cui il Comune di Troina, ma anche la sua comunità risulta essere portatore». Ricorda Matteotti, la consigliera, per poi affermare che la revoca «è un atto simbolico che rende giustizia a tutti coloro che in quegli anni hanno subìto delle violenze e delle vessazioni, penso ai partigiani che morirono per la liberazione dal nazifascismo».

Altri Comuni a non volersi riconoscere  in un atto imposto cento anni fa sono Mira, nel veneziano, e Osimo, in provincia di Ancona. Qui la vicesindaca Paola Andreoni sottolinea che un riconoscimento al duce, seppur dopo 100 anni, «appare oggi imbarazzante e motivo di vergogna per la nostra città. Quella scelta di conferire la cittadinanza a Mussolini – spiega la vicesindaca – non è stata attribuita con un atto spontaneo dell’allora comunità osimana, ma sicuramente suggerita dagli organi prefettizi, come avvenuto in molti altri Comuni italiani, rispondendo a un piano di propaganda fascista indirizzata al culto del duce». Come andrà a finire a Osimo è presto per dirlo anche perché i colleghi della vicesindaca non appaiono molto convinti della revoca. A partire dal primo cittadino Simone Pugnaloni, secondo il quale «tutto ciò assume un puro valore di cronaca storica. Infatti la nostra fedeltà democratica è forte, è salda. La revoca può risultare simbolica ed è stata ormai superata dai fatti storici. Ciò di cui ci dobbiamo molto preoccupare sono i tentativi continui di restaurare forme di neofascismo».

La senatrice Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah (imagoeconomica, Ermes Beltrami)

A gennaio, a cento anni esatti dall’atto che conferiva a Mussolini la cittadinanza onoraria di Mira i gruppi consiliari di maggioranza del Comune veneziano hanno presentato un ordine del giorno con primo firmatario il consigliere Dario Frezza per revocare la cittadinanza. «Non possiamo che agire di conseguenza – ha spiegato Frezza – anche per un’evidente incompatibilità con la cittadinanza onoraria conferita alla senatrice a vita Liliana Segre nel 2019, perseguitata a causa delle leggi razziali introdotte da Mussolini o la nostra Adele Zara, Giusta tra le Nazioni per aver salvato la famiglia ebrea dei Levi, in fuga dalle persecuzioni, nascondendola nella propria abitazione. L’ordine del giorno mette l’accento sui fatti storici – ricorda Frezza – ricordando anche che il municipio è sito in Piazza IX Martiri, in memoria proprio dei 9 partigiani che persero la vita lottando per la liberazione del paese dal nazifascismo. Motivo in più per decidere sulla revoca della cittadinanza a Mussolini».

Ovviamente, come da copione, da destra solo strali e accuse: di voler «innescare tensioni e contrapposizioni inutili e provocatorie»; di «sollevare problematiche ideologiche legate a fatti che fanno parte della memoria storica italiana, tentando di innescare discussioni e contrasti in un periodo in cui bisognerebbe evitare polemiche senza senso».

Il Monte Giano in provincia di Rieti con la scritta Dux. composta con alberi di pino ai tempi del regime

Insomma, strisciando, nel dibattito si è insinuato il concetto di cancel culture, per cui tutto ciò che riguarda Mussolini è storia, sia la scritta Dux su Monte Giano in provincia di Rieti, che guai a toccarla perché “fa parte del nostro passato”, o le cittadinanze imposte a tutti i Comuni italiani, o le vie e piazze intitolate ai gerarchi. Eppure è indiscutibile che giudicare il passato è un compito ineliminabile del presente. Non è perdita di tempo. Lo prova il fatto che in una sorta di riflesso pavloviano la destra saliva rabbiosa quando si parla delle responsabilità di Mussolini e del fascismo. Perché il punto vero delle revoche non è cancellare la memoria di Mussolini e del fascismo ma, al contrario, fare i conti fino in fondo con quel passato. Che è operazione, peraltro, propedeutica a fare i conti con il nostro presente.