Pieve di Santa Maria, Maserà di Padova

Lo scorso 8 aprile, a Maserà – meno di diecimila abitanti in provincia di Padova – si è tenuto un bizzarro Consiglio Comunale. Bizzarro per le contraddizioni che il sindaco Gabriele Volponi, iscritto FdI, e la sua maggioranza hanno evidenziato, ma in linea con l’aria che tira sempre più da quando Giorgia Meloni è presidentessa del Consiglio.

I fatti: i consiglieri comunali del gruppo di minoranza “Comunità e Territorio” portano in consiglio una mozione per conferire la cittadinanza onoraria a Giacomo Matteotti e, contestualmente, per chiedere di ritirare quella concessa a Mussolini il 18 maggio del 1924, quando tra l’altro era segretario comunale Carlo Perlasca, padre di Giorgio destinato poi a diventare noto come “giusto tra le nazioni”.

La mozione, letta dalla consigliera Nicoletta Pannocchia – figlia del partigiano Paolo Pannocchia e membro del direttivo della locale sezione Anpi “Silla” – è ben articolata e motivata: ripercorre l’impegno indefesso del deputato polesano, il suo coraggio nel contrastare in modo preciso e documentato il fascismo fin dai suoi albori, l’identità storicamente accertata di esecutori e mandante dell’assassinio, quest’ultimo essendo proprio il “duce” (allora anche ministro dell’interno ad interim). La mozione richiama inoltre la legge approvata dal parlamento italiano l’anno scorso per celebrare la figura di Giacomo Matteotti  “nella  ricorrenza  dei  cento anni dalla sua morte, promuovendo e valorizzando la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale” .

Tuttavia al sindaco Volponi una simile richiesta proprio non va giù, vuole respingerla a tutti i costi, ma per farlo accampa scuse: la mancanza della delibera del 1924, che però è presente negli archivi comunali di Maserà, e l’impossibilità procedurale di attribuire la cittadinanza post mortem, che però sempre lui ha attribuito (nel maggio 2022) al Milite Ignoto. Insomma, una vertiginosa arrampicata sugli specchi. Neanche l’emendamento proposto dalla minoranza durante la seduta del Consiglio di votare soltanto la revoca della cittadinanza onoraria al dittatore Mussolini ha successo. E così la votazione si chiude coi quattro voti favorevoli dei consiglieri di opposizione e l’astensione compatta della maggioranza.

Sentito dalla stampa locale, il sindaco di Maserà nasconde la sua allergia – ben nota in paese – per la Resistenza e i valori dell’antifascismo da cui nasce la Costituzione su cui pure ha giurato, dicendo che non sta lui riscrivere la storia, cancellando una decisione presa cento anni fa dagli amministratori suoi concittadini. Ma forse Volponi non sa che nel 1923 e in particolare proprio nella primavera del 1924 (come a Maserà) furono migliaia le cittadinanze onorarie concesse dai comuni a Mussolini. Un fenomeno che ebbe una diffusione tale da ritenere non credibile la spontaneità delle delibere, quanto piuttosto l’adesione a un ben preciso disegno di fomentare il culto del duce. D’altro canto, molte sono le città che hanno revocato questa ormai impropria e imbarazzante onorificenza: prime fra tutte, dopo la ritirata tedesca, le città di Napoli e di Matera.

Le giunte che invece vogliono mantenere il duce tra i loro concittadini illustri raramente ammettono che le loro ragioni sono politiche o, peggio, ideologiche, solitamente infatti si aggrappano a cavilli giuridici, come il fatto che non si possa fare nulla se il cittadino in questione è ormai defunto, o il fatto che la revoca debba essere votata all’unanimità, o ancora – ed avviene nella maggior parte dei casi come quello in questione – che non si possa con un nuovo atto amministrativo cancellare una pagina di storia già scritta… Peccato: le amministrazioni che decidono così purtroppo perdono l’occasione preziosa di aggiungere una pagina di storia nuova che, senza cancellare la precedente, ristabilisce anche a livello locale l’importanza di valori come la libertà e l’uguaglianza, sanciti anche dalla nostra Costituzione, che mai potrebbero premiare chi, come Mussolini, vi si è sempre opposto usando sopraffazione, coercizione e violenza.

Anche Volponi ha voluto perdere questa occasione e, non pago, vi ha aggiunto il carico, ha cioè accusato la consigliera Pannocchia, insegnante di scuola superiore, di svolgere il suo lavoro in maniera ideologizzata: “Mi stupisce – dichiara infatti il primo cittadino al quotidiano locale Il Mattino (27/04/2024) – che vi siano insegnanti che hanno ancora l’ideologia in testa e tentano di creare attriti sociali, non mi sembra consono con il lavoro che svolgono”. Numerose e immediate le dichiarazioni di solidarietà alla consigliera e professoressa Pannocchia, in primis quelle della presidente provinciale dell’Anpi di Padova, Floriana Rizzetto, che rammenta a Volponi “che non compirebbero il proprio dovere di insegnanti della scuola pubblica proprio quei docenti che, nella loro azione civica ed educativa, non si ispirassero ai valori della Costituzione, che del fascismo costituisce l’antitesi vivente”.

Limena (PD), 25 aprile 2024. Foto di gruppo con il sindaco Stefano Tonazzo (Fratelli d’Italia), al centro senza fascia tricolore, che ha dichiarato di essere antifascista

Una nota positiva in conclusione. C’è la possibilità, anche in questo Paese, di vedere finalmente una destra costituzionale e antifascista: Stefano Tonazzo, anch’egli di FdI e anch’egli sindaco di un Comune, Limena, in provincia di Padova e di meno di diecimila abitanti, nel suo discorso per la cerimonia del 25 aprile – disertata invece dal collega Volponi – ha ribadito per ben due volte “siamo tutti antifascisti”. Una frase semplice e chiara. Il sindaco di Maserà e i tanti, troppi politici che ancora faticano a pronunciarla, seguano questo esempio.