San Marino

A 22 chilometri da Rimini sorge la Repubblica di San Marino, conosciuta anche come Repubblica del Titano, le cui origini affondano nel IV secolo d. C.. La città ha difeso, nel corso dei secoli, l’appellativo di “Repubblica della Libertà” e, più di una volta, s’è opposta alle aggressioni dei signorotti vicini e alle mire del vicino Stato Pontificio, anche se al contempo ha mantenuto un atteggiamento neutrale. Una scelta frutto, per usare le parole dell’ex giudice della Corte internazionale di giustizia Roberto Ago, di “un comportamento ispirato alla saggezza e sostenuto da una severa autodisciplina, il quale ben più delle belle mura e dei ben disegnati castelli ha valso a difendere nei secoli la sua indipendenza e la sua libertà”. “Tale neutralità – continua il giurista Ago – proclamata in modo solenne e tenacemente mantenuta e difesa dalla Repubblica durante il Secondo conflitto mondiale venne riconosciuta dagli Stati belligeranti, i quali presero anche opportune disposizioni per prevenire violazioni di essa da parte delle proprie Forze Armate; e quando simili violazioni ebbero purtroppo luogo, essi addussero a propria scusante o il preteso fatto di precedenti violazioni da parte del nemico, o l’errore, o ancora, la forza maggiore e la necessità”.

L’avvocato Giuliano Gozi

Nelle mani della famiglia Gozi

A San Marino, durante il ventennio fascista, il potere era nelle mani della famiglia Gozi, amica del quadrumviro ferrarese Italo Balbo. In particolare, il ruolo di segretario di Stato venne ricoperto dall’avvocato Giuliano Gozi, a detta dei conoscenti più conservatore che fascista, e la guida del partito fascista sammarinese toccò al fratello Manlio. Quando cadde il regime di Mussolini, il 25 luglio 1943, e nacque il governo Badoglio, la notizia si sparse a macchia d’olio per l’intero Stivale. Nella Repubblica arrivò mentre il segretario di Stato era intento a giocare a poker nella hall dell’Albergo Titano. Senza scomporsi, a differenza del fratello Manlio, sentenziò: “Vorrà dire che a Palazzo al posto del ritratto del duce metteremo quello di Badoglio”. Da buon conservatore, ispirandosi al principio del Principe di Salina “cambia tutto per non cambiare niente” era quanto mai convinto che non sarebbe accaduto nulla. Si sbagliava di grosso. Infatti, un gruppo di dissidenti fascisti appartenenti alla media borghesia, tra cui alcuni studenti universitari, decisero d’unirsi agli antifascisti. Così l’indomani venne istituito il Comitato per la Libertà al quale aderirono, tra gli altri, i fratelli Alessandro, Wilson e Virginio Reffi, Remo Giacomini, Pio Galassi, Vincenzo Morri, Teodoro Lonferini, Alvaro Casali, Fausto Amadori.

Si scioglie il Partito fascista sammarinese

Il primo atto di questa deputazione fu lo scioglimento, il 27 luglio, del Partito fascista sammarinese (l’ufficialità sarà del 10 agosto). Si ribadiva però il patronage di Vittorio Emanuele III e del generale Pietro Badoglio indicati come “la miglior garanzia della tranquillità presente e futura”. All’indomani, il 28 luglio, al Teatro Concordia si tenne un comizio “al quale partecipò una fremente folla di popolo, che dopo aver approvato per acclamazione un perentorio ordine del giorno” inviò una rappresentanza, capeggiata dall’avvocato Teodoro Lonferini, dal dottor Casali e dal preside del liceo Belluzzi, professor Francesco Balsinelli, presso i Capitani Reggenti: l’avvocato Marino Michelotti e il conte Bartolomeo Manzoni Borghesi. La delegazione ingiungeva lo scioglimento del Consiglio Principe e Sovrano, cioè il parlamento monocamerale [1] e l’insediamento di un Consiglio provvisorio composto da 20 membri. Si informava che la richiesta era nata anche da un gruppo di fascisti dissidenti che volevano partecipare alla vita politica. I Capitani Reggenti rimanevano in carica per assicurare il funzionamento della Magistratura rappresentativa, affiancati per la gestione dell’ordinaria amministrazione da un Congresso di Stato provvisorio [2]. Invece tutti “i gerarchi tronfi e prepotenti, i sicarietti e i caudatari camuffati da persone per bene, temendo le giuste rivalse” s’imboscarono.

Con il nuovo organo veniva emanato un provvedimento finalizzato a imporre alle ditte private il pagamento “ai loro operai delle giornate festive del 28 luglio e del 14 agosto” [3]. Sempre a opera del medesimo organo, sabato 31 luglio, vennero indetti per il 5 settembre i comizi elettorali e l’avvocato Giuseppe Forcellini ricevette il titolo di segretario di Stato agli Interni e l’avvocato Gustavo Babboni di segretario di Stato agli Affari esteri [8]. L’indomani, 1 agosto, veniva pubblicato un proclama [9] dove si esultava per “la caduta della tirannia che per oltre un ventennio ha deviato la Repubblica dal suo millenario cammino di difesa della libertà”. Tre giorni dopo vennero sciolte tutte le organizzazioni giovanili fasciste, la guardia repubblicana e le organizzazioni sindacali del regime, quest’ultime sostituite dal commissario Gino Giacomini, socialista [10]. Il cambiamento però lasciava remore e risentimenti.

Pietro Badoglio

Vince la lista unica

Il 5 settembre 1943, il voto fu partecipato da 5.932 elettori [11] che sancirono la vittoria della Lista unica, composta da 60 candidati confluiti sia da forze progressiste sia conservatrici. Tre giorni dopo il generale Badoglio annunciava la firma dell’armistizio con gli Alleati, i tedeschi attuavano il piano Achse, e dopo quattro giorni ancora, il 12 settembre, Mussolini veniva liberato dalla sua prigione di Campo Imperatore.

La notizia riaccese le speranze dei fascisti, ma il leader socialista, il professor Giacomini, nella seduta del 16 settembre chiarì la situazione: “Il momento che attraversiamo è senza dubbio uno dei più fortunosi della nostra storia, soprattutto per le circostanze che, derivando dall’universale conflitto, travagliano l’Italia, investendo di riflesso anche la nostra Repubblica e imponendo al nostro disimpegno molteplici e ardui problemi”. E proseguiva: “Di fronte a qualsiasi eventuale cambiamento di regime dobbiamo mantenere intatta la nostra compagine e la nostra struttura politica. Sedici secoli di vita e di storia ci danno il diritto e ci creano di dovere di rimanere noi stessi, sulla vetta isolata di una Repubblica di lavoratori, che è il simbolo di un glorioso e lungo passato e che è una anticipazione civile pacifica fraterna della società avvenire”. Per poi concludere: “Noi non abbiamo vendette da compiere né collere da sfogare, esse sarebbero una meschinità e una degradazione indegna di noi e della nostra terra. (…) Noi restiamo fermi al principio che debba essere rimossa ogni causa che possa insidiare ancora il libero svolgimento della vita pubblica e che le responsabilità del malgoverno, che ha trascinato il Paese a tante funeste contingenze, vengano accertate e giustizia alta e serena, esercitata con procedimento che dia garanzia di assoluta obbiettività”.

Autoblinda tedesca

I fascisti chiedono aiuto ai camerati di Rimini

I fascisti sammarinesi chiesero allora aiuto ai camerati della vicina Rimini. Questi, a loro volta, chiesero aiuto alle SS di stanza a Pesaro, e approfittando della notizia fornita dal veterinario di Verrucchio, fanatico repubblichino, della presenza nel territorio della Repubblica di due prigionieri inglesi fuggiti dal campo di raccolta di Anghiari, organizzarono un rastrellamento. All’alba dell’indomani, tre autoblinde tedesche invasero il territorio sammarinese e, dopo aver prelevato i due prigionieri, “si danno a fermare alcuni esponenti del Comitato per la Libertà”. Tra questi caddero nella rete anche il professore Giacomini e il figlio Remo, l’avvocato Lofernini, il dottor Casali, Rufo Reffi e il figlio Wilson [12]. Gli arrestati vennero condotti a Montelicciano, cittadina a dieci chilometri a sud, e sottoposti “a ripetute simulazioni di esecuzione, verso sera riportati in Repubblica e liberati dopo lunghe trattative” condotte dai governatori. I tedeschi non volevano inasprire gli animi, dato il ruolo strategico della città, e perciò accettarono di rimettere in libertà gli arrestati. La posizione geografica della Repubblica creava infatti preoccupazione nei vertici, tanto che il feldmaresciallo Rommel in occasione di un sopralluogo alla costruenda Linea gotica, il 26 ottobre compì una “visita turistica di cortesia”.

Il feldmaresciallo Erwin Rommel

La visita di Rommel

I due governatori ricevettero l’alto ufficiale tedesco con ogni riguardo e quando questi chiese, con noncuranza e innocenza apparente, la potenza di fuoco della Repubblica, l’avvocato Babboni rispose “Signor Maresciallo, noi siamo uomini di pace e non ce ne intendiamo di armi e di soldati. Mandiamo subito a chiamare il tenente Bigi”, che era il comandante delle Forze Armate sammarinesi. Si trattava di un giovane ventitreenne, comandante della Compagnia Uniformata delle Milizie di San Marino, situata nella sede del Teatro Titano [13], al numero 5 di Piazza Sant’Agata. Rommel ripetè così la domanda e il giovane comandante gli rispose: “I cannoni sono stati donati, nel 1907, da S.M. il re Vittorio Emanuele e il munizionamento non esiste perché i cannoni vengono caricati con polvere nera e con un tappo di legno. I soldati ascendono a cento e dispongono di ottanta fucili lunghi 1891 e due casse di caricatori, residuato della Prima guerra mondiale, dono del Duca di Aosta. Ma non so se i caricatori siano usabili, perché le casse da allora non sono state ancora aperte”. Tali informazioni tranquillizzarono Rommel che aggiunse: “Il Comando tedesco assicurerà il rispetto di San Marino, se San Marino garantirà che nessuna azione di sabotaggio contro le forze germaniche proverrà da questo territorio. Inoltre aggiunse “di rivolgersi a lui per qualsiasi evenienza”.

Prima di risalire in auto e avviarsi verso Rimini affermò: “La Repubblica di San Marino è il dodicesimo Stato da me visitato, ma il primo in cui mi considero in veste d’amico” e, oltre ad apporre la sua firma nel libro degli ospiti, donò il suo bastone da Maresciallo al giovane tenente Bigi [14]. Se la prova militare era superata, il 28 ottobre, il Consiglio Grande e Generale decise di affrontare la questione politica e delegò l’esercizio dei poteri a un Consiglio di Stato, equiparabile a un Gabinetto di guerra, composto da 15 membri [15]. I due Capitani Reggenti si riservano la convocazione di eventuali Comizi elettorali e gli atti di carattere costituzionale. A capo venne posto, in qualità di ministro Plenipotenziario e Inviato straordinario della Repubblica di San Marino presso gli Stati belligeranti, Ezio Balducci [16].

Benito Mussolini. Sullo sfondo la Rocca delle Camminate

In accordo con Mussolini

Balducci ricorderà, anni dopo, di aver accettato l’incarico solo dopo aver parlato, il 4 novembre 1943, con il duce in persona presso la Rocca delle Camminate, nel Comune di Meldola, al confine tra Forlì e Cesena. Cinque giorni dopo, Balducci tenne un discorso affermando di voler proteggere la patria dalle azioni dei tedeschi che la ritengono “un covo di prigionieri di guerra inglesi fuggiti dai campi di concentramento e un nascondiglio per armi e materiale militare”. Decise comunque di muoversi con prudenza e accortezza necessaria riguardo al diritto di asilo e all’accoglienza degli ebrei. Per evitare di scontrarsi con le forze nazifasciste decise poi di avanzare, al duce stesso, la richiesta di protezione italiana attraverso la dislocazione sul territorio sammarinese di un corpo di dodici carabinieri [17].

Mussolini rispose positivamente e Balducci potè prendere accordi con la Legione di Bologna “al fine di scegliere dodici elementi di particolare affidamento”. L’atteggiamento del dottore era quello di giocare sul doppio registro della libertà e della dipendenza di San Marino nei confronti della Repubblica di Salò, ma al contempo mantenere una certa accortezza nei confronti degli anglo-americani. Per questo motivo, quando precipitò un aereo britannico si preoccupò di dare all’equipaggio “degna sepoltura in questa terra libera” [18].

Nel frattempo la piccola Repubblica, proprio a seguito della sua neutralità, diviene il centro verso cui si muovono tutti coloro che volevano salvarsi dalle grinfie dei nazifascisti. Il 3 novembre, i Reggenti, per evitare problemi alla Repubblica, emanano un decreto contro i “favoreggiatori di prigionieri di guerra e bande irregolari”, minacciando pene fino a dieci anni di carcere. Mentre coloro che rubavano o sottraevano autoveicoli, armi e munizioni, effetti militari e materiali di qualsiasi specie appartenenti alle Forze Armate rischiavano fino a tre anni. Proprio in attuazione di queste disposizioni si procedette “all’arresto nel territorio, in date successive, di dieci militari fra ex prigionieri inglesi e appartenenti a nazioni in guerra con la Germania”, consegnandoli alle “Autorità Germaniche confinanti”.

Panorama di San Marino

A caccia di ebrei

Riguardo la presenza di ebrei, il Console della Rsi Guglielmi esercitava pressioni. Con una lettera indirizzata al segretario di Stato della Repubblica, datata 13 dicembre 1943, chiedeva di fornire “l’elenco, aggiornato con le complete generalità di ciascuna, di tutte le persone di nazionalità italiana originaria o acquisita residenti nel territorio della (…) Repubblica, appartenenti a razza ebraica, anche se coniugate con persone di razza ariana” [19]. Balducci rispose così: “il nostro Governo è stato informato dall’Eccellenza il Capo della Provincia di Forlì, di nuovi provvedimenti riguardanti gli appartenenti alla razza ebraica, in forza dei quali le donne di tale razza coniugate con ariani italiani, sarebbero esenti dalle misure in precedenza stabilite” e per evitare d’indisporre gli interlocutori risponde di aver “ dato ordini precisi di non accordare il permesso di soggiorno alle persone appartenenti a razza ebraica” [20]. Nonostante la decisione toccasse il secolare “diritto di asilo” della Repubblica.

Chiesa del Suffragio di Rimini danneggiata dai bombardamenti

I bombardamenti a danno della città di Rimini [21], iniziati a partire dal 1° novembre 1943, provocheranno la fuga della popolazione verso il territorio circostante. Ciò consente agli ebrei di poter mischiarsi alla folla in fuga ed entrare nel territorio sammarinese [22]. Tale situazione provocò delle ripercussioni riguardo sulla situazione annonaria, già pericolosamente squilibrata. Così venne creata una Commissione con il compito d’individuare quali risorse abbondavano e quali scarseggiavano. Il destino corse in aiuto degli ebrei e della città mediante Gerhard Gumpert, segretario particolare dell’ambasciatore tedesco in Italia, Rudolph Rahn, plenipotenziario di Adolf Hitler presso il neonato governo della Repubblica Sociale. Questi, il 12 novembre, durante il viaggio per raggiungere il fedelmaresciallo Kesserling sul Lago di Garda, decise di fermarsi nella patria dei francobolli più belli che avesse mai collezionato. Nonostante fosse uno straniero e per di più un tedesco venne accolto come un plenipotenziario e gli venne chiesto di firmare l’Albo d’Oro. Inutile dire che questo trattamento lo colpì e gli fece promettere a Balducci un aiuto per la risoluzione di qualsiasi problema. In queste condizioni si decise di costituire, il 4 gennaio 1944, il Fascio Repubblicano Sammarinese.

Il medico della peste. Immagine simbolica delle epidemie

Scoppia l’epidemia di ileo-tifo

Nel frattempo nel territorio era arrivata un’epidemia di ileo-tifo, scoppiata nel luglio e protrattasi per alcuni mesi, mentre non s’è “avuta la recrudescenza, che da qualche anno si doveva lamentare, della difterite, la quale non ha fatto alcuna vittima (…) si ha avuto un aumento della scabbia per il peggioramento delle condizioni igieniche in genere e della nettezza personale in ispecie (…) ed è presente la lesmaniosi cutanea di cui si sono rinvenuti tre casi (…). Inoltre se s’è avuta l’epidemica tifica recente è imputabile a tale stato di cose”. Per poter affrontare tali eventi nefasti venne richiesto l’aiuto, tramite il dottor Gerhard Gumpert, ai tedeschi.

In queste condizioni giunse il nuovo anno. Se i tedeschi rispettarono l’impegno di non sconfinare, anzi misero dei cartelli per indicare la neutralità della Repubblica, non la stessa cosa fecero gli aderenti alla Rsi. Molti militi delle Bande Nere di Faenza provenivano dalla Repubblica e quando tornarono a casa non fecero altro che commettere degli atti di violenza contro gli antifascisti. A tal proposito dobbiamo ricordare l’aggressione consumata da Marino Berti e Giovanni Gatti, entrambi fascisti convinti, con l’uso delle armi, contro Alvaro Casali, il giorno della festa di Sant’Agata, il 5 febbraio 1944, colpevole, secondo loro, di aver espresso delle frasi irrisorie contro il rinato partito fascista loclae. Il comunista Gildo Gasperoni intervenne, ma non riescì a impedire che il suddetto antifascista venisse colpito, non mortalmente, al petto. In ogni caso l’intervento di Balducci frenò gli animi e stemperò le vendette. A riportare tutti alla realtà furono “alcune segnalazioni di transito lungo la strada consolare che attraversa la Repubblica” [23] perché si temeva il passaggio di truppe tedesche. Per tal ragione viene inviata una lettera al referente per il Comando militare tedesco di Ferrara, colonnello Zimmerman. Questi risponde assicurando che non vi sarerebbe stata alcuna occupazione del territorio sammarinese. Successivamente gli squadristi avevano chiesto aiuto a quelli di Rimini, per arrestare, il 18 marzo, l’antifascista italiano Giuseppe Babbi, rifugiatosi in città. Per l’ennesima volta, i Reggenti e il segretario di Stato avanzarono formale protesta presso le autorità repubblichine riguardo la violazione del diritto d’asilo. Ma nessuno rispose. Per evitare il ripetersi “d’incursioni e aggressioni di fascisti italiani a San Marino” il 23 marzo l’ex segretario Giuliano Gozi venne nominato dirigente del Partito fascista sammarinese. Nove giorni dopo, il governo fascista italiano rimprovererà alle autorità di San Marino l’aver assunto un atteggiamento di favoritismo e di benevolenza nei confronti dei disertori, dei renitenti di leva e degli antifascisti. A riguardo ricorda nel suo libro “La spia timida” la giovane spia Roxanne Pitt, meglio nota, a Rimini, professoressa Albertina Crico: “San Marino era piena di gente che per poche lire vendeva informazioni militari sia da parte Alleata che da parte dell’Asse”.

Nel frattempo Balducci chiese al segretario del duce e al ministro dell’Economia corporativa la fornitura di cemento per aggiustare gli edifici sinistrati insieme a una fornitura di petrolio. Entrambi ringraziarono la Repubblica per il sostegno offerto agli sfollati, ma furono costretti a dover evidenziare le minime disponibilità di prodotti petroliferi” [24].

Balducci si trovava a criticare i difetti dei fratelli Gozi, autori di “un fascismo a uso locale” che diviene un “non senso, un contrabbando della fede quando essa è sentita ed esercitata negli estremi d’idealità e di sacrificio”. Ragion per cui si creò una frattura tra Balducci e il Pfrs. I Gozi utilizzarono la scoperta della riunione di elementi comunisti sammarinesi e riminesi a scopo “sovversivo da svolgere qui e oltre confine”, per constatare “l’impossibilità del governo, così e come è costituito, di fronteggiare i gravi pericoli che incombono sulla Repubblica e di garantire il diritto e la sicurezza di ogni parte della cittadinanza”. Tale situazione indispettì i fascisti che ordinarono al Tribunale Speciale di spiccare mandato di cattura a danno di Balducci. Il 1° aprile venne chiamato a ricoprire la carica della Suprema Magistratura Francesco Balsimelli. Questi resosi conto delle fiamme che avvolgevano la “nostra Sovranità” operò per frenare “gli animi per tanti versi oppostamente esacerbati” e riuscì “a prevenire e ostacolare reazioni violente da qualunque parte fossero ispirate: di aver saputo rendere possibile una collaborazione che sembrava impossibile fra fascisti, afascisti e antifascisti. Le lotte interne non impedirono l’elezione dei nuovi Reggenti, due “sinceri democratici e ottimi cittadini”: il professor Francesco Balsimelli e il geometra Sanzio Valentini.

La guerra si avvicina

Intanto la guerra si avvicinava e ad annunciarla era l’aumento spropositato del numero degli sfollati provenienti dalle città della Romagna colpite dai bombardamenti. Per arginarne il flusso crescente, il 25 giugno, venne istituito il Corpo volontario della Milizia da “dislocarsi alla frontiera per il controllo dei fuggiaschi” e settanta giovani vennero posti sotto il comando del neopromosso capitano Bigi [25]. Inoltre venne riorganizzato il Genio Pompieri e posto sotto la direzione dell’ingegner Vittorio Giancecchi. Appena in tempo per affrontare l’imminente disastro. Lunedì 26 giugno 1944, quattro squadroni di bombardieri, dalle 11.05 alle 12.20, per un totale di quarantaquattro aerei, appartenenti alla “Desert Air Force” o “D.A.F.” [26] sganciarono dall’altezza di quattromila metri 243 bombe di medio calibro e compirono quattro passaggi. “È il terrore – ricorderà nel 1952 il professore Balsimelli sul quotidiano Il Tempo di Roma – Tutti fuggono senza meta né scampo…. Chi avrebbe potuto prevedere un bombardamento aereo? Nessun rifugio era stato apprestato, nessuna misura precauzionale era stata presa in tal senso (…) Pareva che la cittadinanza non si rendesse conto della realtà, e v’era ancora chi attribuiva l’accaduto a un errore o a una disgrazia. A toglierla da questa illusione sopraggiunse la seconda ondata, poi la terza, la quarta. Ogni volta furono vittime e rovine. Famiglie intere vennero distrutte, altre decimate, più di sessanta morti e centinaia di mutilati”. Oltre ai morti, per un totale di 40 sammarinesi e 23 italiani, si contarono 40 feriti. Immediata la protesta, presso gli Alleati, da parte del governo “per l’arbitraria incursione”. Pochi giorni prima il comando Costiero Germanico di Rimini aveva riconfermato la neutralità del territorio e apposto, sulle vie di accesso alla Repubblica, dei cartelli recanti la scritta “Neutrales Gebiet” (Territorio neutrale) [27].

Le bombe fecero saltare le condutture idriche e anche le fogne, con la conseguenza che s’inquinò l’acqua, determinando lo scoppio di un’epidemia di tifo, che toccherà l’apice tra il 13 e il 14 luglio. Il segretario di Stato Balducci, memore della promessa di aiuto di Gumpert, corse a Garda a chiedere supporto. L’ex turista, nonostante si vede bussare dal sammarinese a notte fonda, mantenne la promessa fatta e, immediatamente, contattò il generale Ritter von Pohl, conosciuto, qualche anno prima, durante le vacanze a Capri, attaché militare presso l’ambasciata tedesca che “mise in contatto Balducci con l’aiutante della Direzione Sanitaria, maggiore Erhardt” da cui ottiene, tramite l’Ospedale Militare di Penne, medici e medicinali .

San Marino, monumento in memoria del bombardamento

Nel frattempo il segretario agli Affari Esteri, Forcellini, invitava “coloro che sono investiti di pubbliche cariche, che reggono uffici e dirigono servizi, gli addetti ai trasporti, come pure ai conduttori dei forni, macellerie, spacci e negozi di generi alimentari e simili, gli operai e a tutti coloro che eserciscono commerci utili alla cittadinanza (…) di riprendere (…) le loro attività e il loro lavoro. Per lasciare a tutti la possibilità di premunirsi contro l’eventuale e deprecato ripetersi di offese belliche (…) si dispone che gli uffici governativi e degli istituti cittadini, restino aperti dalle ore 6 alle 8 e dalle 18 alle 20, che gli spacci e i negozi dalle 6 alle 8 e dalle 18, 30 alle 20”. Non pago il sammarinese si rivolse al giovane commissario prefettizio di Rimini e segretario del fascio repubblicano di Pennabili, Flaminio Mainardi, affinché “tramite l’alto ufficiale tedesco che dirige l’Ospedale di Pennabili e tramite l’ingegner Heinrich Bubek, sovraintendente all’estrazione dello zolfo dalla miniera di Perticara” lo facciano incontrare con il generale tedesco reggente il Comando di Sant’Arcangelo di Romagna per chiedergli una dichiarazione di assenza di soldati tedeschi nel territorio di San Marino.

La bandiera svedese

Forcellini chiede aiuto alla Svezia

Forcellini, non pago, il 27 luglio cercò di coinvolgere, tramite il console generale di San Marino a Stoccolma, il governo svedese affinché intervenisse presso i governi degli eserciti Alleati condannando la violazione della neutralità. La risposta da parte di questi ultimi giunse tramite la segreteria vaticana, e consegnata dal cardinal Schuster il 7 agosto. Così recitava: “Il Comando Alleato ha disposto già da tempo il rispetto della neutralità della Repubblica di San Marino subordinatamente al rispetto delle norme internazionali (…) la ricognizione aveva accertato la presenza di un deposito di munizioni in prossimità della stazione ferroviaria”. In base a informazioni false, altre incursioni sono avvenute nel territorio sammarinese nelle giornate del 6 luglio in località Cerbaiola; due giorni dopo in località Bosche; il 16 luglio venne colpita Serravalle; il 23 agosto toccò a Fiorina, l’indomani rimase vittima la frazione di Rovereta e cinque giorni dopo toccò a Torre di Montelupo. Gli Alleati erano convinti che il territorio del Titano fosse sotto il controllo dei tedeschi. Balducci contattò allora il tenente di vascello Giorgio Zanardi, sfollato a San Marino sin dal mese di giugno insieme alla famiglia e ai fratelli Guido e Vittorio. Zanardi, a metà agosto, attraversò la linea del fronte per sconfessare l’errata convinzione della presenza dei tedeschi nel territorio della Repubblica. Il problema era che i tedeschi avevano sconfinato “non singoli mezzi, ma sotto forma di colonne visibilissime dall’alto” e inoltre posizionato, senza autorizzazione, un cavo telefonico innestat oalla linea locale, durante la notte del 31 agosto.

Fiat 500 Topolino. 1936

L’attentato al federale

I partigiani riminesi decidono allora d’intervenire, appostandosi nei pressi della dogana per compiere un attentato al federale Paolo Tacchi, che però si salvò e corse a Rimini per ritornare insieme ai fascisti del luogo e vendicarsi. Balducci intervenne e, dopo una lunga trattativa, riuscì a calmare il federale ed evitare atti estremi. Nello stesso frangente, il segretario doveva gestire la mancanza di combustibile per cui ricorse, per l’ennesima volta, a Gumpert. Questi approfittò della visita al suo superiore del generale Hans Leyers, direttore del Ruk, Rustun und Kriegsproduction, addetto a sovrintendere la produzione industriale italiana. Gumpert gli chiese, scavalcando le norme del protocollo burocratico tedesco, tre vagoni di carbone per San Marino. Il generale tedesco desideroso di compiacere il segretario di Rahn gli risponde “Tre? Impossibile gliene posso dare solo due”.

Gli Alleati avanzavano lungo le coste del mare Adriatico e si stavanno approssimando alla Linea Gialla, il sistema di fortificazioni creato tra le Alpi apuane e Rimini che faceva parte della più vasta Linea Gotica. Alla luce di questi eventi, il fedelmaresciallo Kesserling, decise di violare la sovranità della Repubblica, preoccupandosi di precisare alle autorità sammarinesi: “L’occupazione sarà per quanto possibile evitata. Saranno evitate misure coercitive contro la popolazione e le requisizioni”. Ma il 30 luglio giunse un colonnello medico con l’ordine di reperire e requisire fabbricati idonei all’installazione di un ospedale militare, con capienza di circa 200 letti., individuando come idonei gli edifici del Liceo e dell’Orfanotrofio Femminile. Riunito il Consiglio Grande, prese la parola il vecchio consigliere Rufo Reffi che “con le lacrime agli occhi e la voce tremante rivolge ai colleghi l’ammonimento di metter da parte ogni dissenso, ogni pregiudizio e di essere più che mai uniti per trovare la forza di superare il terribile momento. Il pubblico (….) applaude, prendendo parte alla costernazione generale”. All’unanimità venne deciso d’inviare una delegazione, capeggiata da Balducci per parlare con Mussolini e l’ambasciatore tedesco Rahn e di mandare una nota a Hitler e una a Joachim von Ribbentropp, ministro degli Esteri tedesco.

La bandiera della Repubblica di Salò

In fuga verso Salò

Nelle missive si insisteva sulla neutralità di San Marino e ricordando “il rispetto che è stato voluto dall’Esercito Germanico per talune città storiche, che pure appartengono all’Italia (…) a maggior ragione” si pretendeva per “la nostra Repubblica, la quale non è una città, ma uno Stato, per giunta neutrale e ricco di storia millenaria”. Balducci, il reggente Balsimelli e Giuliano Gozi partirono il 1° agosto alla volta di Salò, ma giunti sul posto rimasero delusi dal momento che il duce non potè riceverli perché impegnato. Il gruppo si recò allora a Villa Maria, nei pressi di Fasano, per incontrare l’ambasciatore tedesco Rahn, ma anche questo incontro fu un fallimento perché Rahn era assente. Gumpert però, dopo aver rinnovato la sua disponibilità, rassicurò e promise che li avrebbe contatti al suo rientro. Mantenne la promessa. Alle 23 dello stesso giorno vennero infatti ricevuti “con squisita signorilità e con gli onori che competono alla missione per la presenza di un Capo di Stato. Il Colloquio si protrasse lungamente e si concluse con reiterate espressioni di simpatia per la Repubblica di San Marino e con l’assicurazione che l’Ambasciatore si sarebbe recato, personalmente, l’indomani al quartier generale del fedelmaresciallo Kesserling per perorare” la loro causa.

L’ambasciatore non prese in considerazione la burocrazia tedesca; infatti il tema della neutralità era di competenza del ministero degli Esteri germanico, cioè del generale von Ribbentropp. A risolvere questo problema ci pensò il segretario Gumpert, che contattò il capo della Divisione Legale del ministero degli Esteri tedesco, il dottor Albrecht, affinché autorizzasse l’ambasciatore tedesco in Italia a poter rilasciare una “nota verbale” riguardo il rispetto, da parte dell’esercito tedesco, della neutralità e della sovranità della Repubblica. La possibilità di concedere il transito alle truppe tedesche veniva prevista solo in caso di estrema necessità.

Albert Kesselring durante un’ispezione sul fronte italiano

Mussolini conferma la sua amicizia

L’indomani, 2 agosto, Mussolini convocò la delegazione “dell’azzurra vision” [28], come il poeta ha definito la Repubblica. Non appena al suo cospetto, il reggente Balsimelli lo implorò d’intercedere presso Hitler “acciocché sia evitata alla mia Repubblica la sciagura estrema”. Mussolini gli riconfermò l’amicizia del regime fascista e lo rassicurò di operare per difendere la Repubblica dai pericoli della guerra. Inoltre promise di parlare con Kesserling entro la fine della giornata per far revocare l’ordine di requisizione degli edifici da adibire a ospedale. Infatti, l’indomani il sottosegretario degli Esteri, Serafino Mazzolini, convocò la missione sammarinese e comunicò “la revoca dell’ordine di requisizione degli edifici a uso ospedale, divieto di men che minima parte di territorio, passaggio di truppe attraverso determinate strade marginali solo in caso di estrema necessità”.

Intanto i partigiani sammarinesi non erano rimasti ad attendere. Il giorno 6 agosto vennero affissi sui tronchi degli alberi prospicenti la strada tra Serravalle e Dogana dei volantini incitanti alla rivolta contro i tedeschi. ma i collaborazionisti locali erano all’opera: quattro giorni dopo, delle persone rimaste ignote si spacciarono per partigiani e compirono delle estorsioni nella zona di Montegiardino. Il comandante delle SS di Forlì, il capitano Kurt Schutze, tra i responsabili, appena cinque mesi prima, della strage di 335 civili alle Fosse Ardeatine (ma nel dopoguerra verrà assolto dal Tribunale militare di Roma per essere stato “assoggettato all’esecuzione di un ordine superiore”) decise così di passare ai fatti e grazie a un provocatore fascista individua cinque antifascisti sammarinesi. Quindi fece pervenire, il 13 agosto, al capitano Bigi, comandante della Guardia confinaria, la richiesta di procedere all’arresto degli interessati. L’ufficiale sammarinese però ignorò l’istanza, ragion per cui i tedeschi procedettero, in autonomia, a portarla a termine.

Il capitano Bigi arrivò sul posto, insieme all’ispettore politico, tenente Pietro Animali, e intavolò delle trattative. La discussione durò tutta la notte e solo all’alba il segretario generale Balducci trovò il modo per risolvere la questione dichiarando: “Non c’entra l’esercito, si tratta di un complotto contro lo Stato di San Marino. Questo è affare nostro che interessa la giustizia sammarinese”. Ciò costrinse i tedeschi a riconsegnare i prigionieri alla gendarmeria. Balducci, consapevole dei dubbi riguardo alla veridicità delle affermazioni fatte, si dichiarò pronto a consegnarsi come ostaggio per assicurare il regolare corso della giustizia. Nel contempo venne installato l’ospedale militare, negli edifici individuati, a seguito delle pressioni del maggiore medico Hildebrandt fatte al generale Schrank, comandante della 5° Divisione Gebirs Jager. Furono inutili i tentennamenti dell’alto ufficiale consapevole delle disposizioni del fedelmaresciallo Kesserling. Proprio a quest’ultimo fecero riferimento le autorità locali quando contestarono il provvedimento.

Rastrellamenti e rappresaglie

La fortuna sorrise comunque alla Repubblica, dal momento che l’avanzata degli Alleati costrinse le autorità teutoniche a smobilitare il nosocomio. Prima di abbandonare il territorio, il generale Schrank e il capitano medico Bigel, si recarono presso le autorità per chiedere scusa dei disagi provocati. Il pericolo non era scampato. la presenza della formazione partigiana Stacciarini nella zona servì al colonnello della milizia riminese, Christiani, a compiere all’interno del territorio della Repubblica un grande rastrellamento.

Il pericolo non è scampato, infatti, la presenza della Banda partigiana Stacciarini nella zona determina il colonnello della milizia riminese, tale Christiani, a compiere, all’interno del territorio della Repubblica, un grande rastrellamento. Tale decisione è stata determinata dalla dichiarazione estorta, con la forza, al sarto Duilio Paolini, residente a Montelicciano, in territorio della Repubblica. L’artigiano venne fucilato dai tedeschi.

Per la seconda volta si riuscì a procrastinare l’assecondamento di una volontà dei tedeschi, ma intorno alle 17 del 23 agosto, a 200 metri dal confine, venne ucciso in un’imboscata un hilfswillige, un volontario di origine russa arruolato nei reparti che collaboravano con le truppe di occupazione naziste. Immediato l’ordine di compiere una rappresaglia e l’ordine di arrestare dieci persone trovate nella località, dei quali otto erano contadini sammarinesi [29] accorsi sul posto richiamati dagli spari e dalla curiosità.

All’arresto assistettero, impotenti e sbigottiti, i militi della Confinaria. Tutti i prigionieri vennero condotti a Montegrimano, dove vennero denudati e rinchiusi in un edificio prospicente alla piazza. Immediata la reazione degli organi di potere della città del Titano, che chiesero un’inchiesta per accertare le reali responsabilità. L’ispettore Animali, quattro giorni dopo, il 30 agosto, accertò l’estraneità, per cui il capitano Bigi insieme al caporale Venturini, si recarono a Montegrimano al comando tedesco della 278° Divisione di fanteria chiedendo di parlare con il generale Harry Hoppe per protestare e rivendicare l’innocenza dei prigionieri. La richiesta sammarinese venne ripetuta più volte e ogni volta il generale ricordava gli ordini superiori di “fucilare per ogni soldato tedesco dieci italiani”.

Panzer tedesco

L’ufficiale sammarinese ribatté che non si possono punire persone innocenti e appartenenti a uno Stato neutrale. Il generale Hoppe gli propose di scambiare i prigionieri con dieci rifugiati italiani “non graditi” alla Repubblica. La proposta fece inorridire il capitano Bigi, che abbandonò l’incontro stravolto e arrabbiato. Il generale Hoppe rimase molto colpito dalla reazione e per dimostrargli quanto lo ammirava gli comunicò il rilascio dei prigionieri all’alba dell’indomani presso il posto di blocco di Cerbaiola. Per evitare eventuali ritorsioni, il governo decise allora di collocare i prigionieri all’interno della Rocca e di trattarli come ospiti graditi. Il rumore delle armi alleate diveniva ogni giorno più nitido, per cui i tedeschi si trovarono costretti, il 31 agosto, a far transitare i propri uomini per il territorio della Repubblica. L’indomani, il generale Hildebrandt comunicò l’occupazione militare dell’intera Repubblica, ma poi fu costretto a ritornare sui propri passi grazie all’intervento dell’Alto comando tedesco. A giocare un ruolo determinante in queste vicende fu la posizione strategica del territorio, per cui, il 4 settembre, un giovane tenente d’artiglieria tedesco decise di collocare la sua batteria nella gola di Rio Chiavello con il chiaro intento di porre a ferro e fuoco il paese di Morciano.

Inutili le proteste, inutile l’intervento dei superiori, l’ufficiale tedesco non mollò e mantenne la sua posizione. Il capitano Bigi ordinò al milite della guardia confinaria, Romano Michelotti, di recarsi presso il fedelmaresciallo Kesserling per chiedere la smobilitazione della postazione. L’alto ufficiale riconfermò la volontà di risparmiare il territorio dall’occupazione, ma affermò di non poter evitare la creazione di un corridoio per permettere ai suoi uomini di coprire le truppe impegnate in prima linea. Anche il generale Alleato sir Harold Alexander affermò che i suoi soldati non sarebbero penetrati in territorio sammarinese “a meno che non abbiano da inseguire strettamente il nemico in ritirata attraverso i confini della Repubblica”. Imperterriti i comandi tedeschi il 5 settembre occuparono i borghi di Faetano e Chiesanuova e costruirono piazzole per l’artiglieria nella “Tana della Volpe”.

Bombardamenti aerei inglesi

Allora gli Alleati, resisi conto della situazione, decisero d’intervenire e l’indomani inviarono una squadriglia di aerei britannici per colpire con il loro carico distruttivo le borgate di Serravalle e Dogana. Tutte le proteste furono inutili. La guerra ormai aveva travolto anche la pacifica Repubblica di San Marino. Dal 4 al 6 settembre si combattè la prima battaglia di Coriano, risoltasi in una clamorosa sconfitta britannica. Il generale Traugott Herr, comandante del LXXVI Corpo d’Armata corazzato tedesco decise di ritirarsi oltre il fiume Marecchia, più o meno nella zona dell’attuale “Italia in Miniatura”, convinto di non poter tenere l’aeroporto di Rimini. Il generale britannico Leese a sorpresa decise di spostare l’asse dell’attacco verso l’interno, nei pressi del crinale di Coriano-Passiano-San Savino. Tale decisione stupì i tedeschi, ma permise di potersi riorganizzare e passare al contrattacco e fermare gli avversari nelle contrade di Croce e di Gemmano. A questa mossa, il generale Leese ribattè, il 12 settembre, riprendendo l’assalto lungo tutta la linea e puntando verso Rimini. Il Primo Corpo d’Armata canadese, comandato dal generale Eedson M. Burns, si battè lungo la striscia che da Coriano corre fino al Mare, mentre il collega britannico sir Charles Keightley lanciò le sue truppe all’assalto del vicino settore, che passava per il centro di San Marino [30].

L’attacco questa volta sfondò la difesa alemanna in cinque punti: Coriano, Passano, San Savino, Croce e Gemmano. I tedeschi ripiegarono e si diressero verso San Marino, ma le forze anglocanadesi ricevettero l’ordine d’inseguirli e penetrarono nel territorio della Repubblica. Il governo di San Marino cercò di ottenere il rispetto della neutralità anche dagli Alleati, per cui inviò il giovane Virginio Reffi presso il generale Alexander, ma non lo trovò e non riuscì a parlargli. In compenso fornì delle informazioni vitali agli Alleati per poter conquistare, senza grosse difficoltà, l’intero territorio. Nonostante la Repubblica fosse in sofferenza decise di rivolgere il proprio sguardo alla vicina Rimini, in quei giorni vittima di una serie di bombardamenti che spingevano l’intera popolazione a cercare rifugio tra i vicini sammarinesi. Questi li accolsero a braccia aperte: il 16 novembre, il governo consegnò un cospicuo assegno al capo della Provincia di Forlì.

Migliaia di rifugiati

Tra le sessanta o settantamila persone si rifugiarono allora nel territorio. Buona parte dei profughi venne collocata nelle gallerie del trenino bianco-azzurro, che divennero presto dei rifugi maleodoranti. Agli sbocchi il Commissario alle gallerie, ingegnere Remy Giacomini, allestì cucine di fortuna con improvvisati giganteschi fornelli dove la povera gente si presentava, come in un campo di prigionieri, con scodelle, gamelle, recipienti d’ogni specie, a ricevere la razione di minestra, previo acquisto di un buono del costo di sei lire. Comunque anche chi non possedeva tale somma venne beneficiato. Il numero dei feriti e malati era altissimo, per cui gli ospedali divennero presto insufficienti e venne deciso di collocarli all’interno delle chiese.

Londra. Monumento al milite Gurka, soldati nepalesi arruolati nell’esercito britannico

La situazione divenne insostenibile “perché in certe zone del territorio cominciano a piovere le granate dei tiri incrociati”. Il commissario Giacomini si rendeva conto dell’insostenibilità della situazione e temeva anche il diffondersi di un’epidemia di tifo. Qualche mese dopo tale timore s’avvererà. Le truppe repubblichine ripiegarono e, il 10 settembre, penetrarono nel territorio della piccola Repubblica gli uomini del X Battaglione Difesa Costiera [31]. Le autorità si dimostrarono intolleranti, nonostante l’iniziale disponibilità ad accoglierli, a condizione di impedire comportamenti da padroni. Alla fine venne concesso di potersi accampare nella macchia del Tiro a Volo. Gli Alleati intanto avanzavano e, il 17 settembre, avvenne lo scontro nei pressi di Montelupo. I Gurka del Battaglione 1/9 conquistarono le cime di Serra di Sopra e il monte Pulito [32] e annientarono la 3° compagnia del I° Battaglione del 992°. Il Monte Olivo, nelle stesse ore, venne conquistato dagli Sherman del 7° Queen Own Hussars Reggimento e i fanti del 1° Battaglione Royal Welch. I tedeschi, dinanzi al dilagare strasbordante degli Alleati, decisero di ritirarsi. Gli Alleati allora dilagarono e, durante la notte del 19 settembre, oltrepassarono la Linea Gialla e dilagarono nel territorio del Titano. Mentre i Gurka si posizionavano a difesa della via per la città di San Marino, la Compagnia D Camerons procedeva, cautamente, verso la città. Quando giunsero a poca distanza, la porta cittadina venne aperta e gli Alleati entrarono. Immediatamente iniziò la caccia ai tedeschi e a nulla valse il consegnarsi alle autorità sammarinesi.

“Comincia una nuova era”

Il capitano Meumhamp, giornalista della Bbc, entrò intorno alle 17 nel Palazzo del governo e scrisse nel registro d’onore la seguente frase: “I’ll begin a new age” (comincerà una nuova era). La nuova era divenne certezza pochi giorni dopo in seguito alla Liberazione di Rimini, avvenuta il 21 settembre, che aprì la via per la conquista della Pianura Padana. Sul posto si recò il ministro sir Harold MacMillan, che dopo aver visitato le varie postazioni, il 23 settembre si recò in visita, accompagnato dal generale Leese, alla piccola Repubblica. Il segretario Balsimelli, dopo i convenevoli d’uso, presentò ufficialmente la richiesta di risarcimento per il bombardamento del 26 giugno 1943, ma il ministro in quel frangente tergiversò e per molti anni tale situazione andrà avanti così. Il Consiglio Grande e Generale nella nuova atmosfera di libertà venne revocato e si cominciò finalmente a operare per la rinascita democratica della Repubblica.

Stefano Coletta, insegnante


Note

[1] Il termine indicava il Consiglio Grande e Generale nel periodo dal 1862 al 1906, e nuovamente durante il periodo fascista dal 1923 al 1943, dopo che il Consiglio Grande e Generale era stato sciolto con decreto reggenziale 27 gennaio 1923 nº 2, quando la maggioranza dei componenti antifascisti lasciò o fu costretta a lasciare il Consiglio stesso.
[2] Tale organo era composto dall’avvocato Teodoro Lonferini, dal geometra Sanzio Valentini, dal ragioniere Antonio Morganti, dall’avvocato Giuseppe Forcellini e dai professori Federico Bigi, Francesco Balsimelli, Mairno Arzilli, Marino Benedetto Belluzzi.
[3] ASRM, CGG, Seduta del 10 agosto 1943 p. 39
[4] Lo stesso giorno viene sospesa la sentenza contro Balducci e Martelli, con 29 voti favorevoli e due contrari. ASRSM, CGG, seduta del 31
[9] Il proclama viene firmato da Cesare Cesarini, Marino Della Balda, Pio Galassi, Remo Giacomini e Teodoro Lonfernini.
[10] A. Carattoni, Novecento memoria e futuro. La Confederazione Sammarinese del Lavoro 1943-1973, San Marino, 1994, pp.22-23; L. Rossi, Fra primo e secondo dopoguerra: attività politica e sindacale, p. 69.
[11] Di cui 3.653 residenti all’interno della Repubblica e 2.279 all’estero.
[12] I Reffi e l’avvocato Lofernini sono i primi a essere arrestati nelle loro abitazioni. Mentre sfuggono i Giacomini e il dottor Casali.
[13] Il Teatro Titano è il teatro più importante della Repubblica di San Marino, costruito nel 1750 e ristrutturato dal Partito Fascista Sammarinese con gran parte del denaro proveniente dall’Italia fascista. I lavori di ristrutturazione cominciarono nel 1936 sotto la guida di Gino Zani e inaugurato, alla presenza dei Capitani Reggenti, il 3 settembre 1941. È composto da due file di palchi che sovrastano la platea. Al centro della prima fila c’è il Palco della Reggenza che serve ad ospitare i Capitani Reggenti. In alto c’è il Loggione. Il palcoscenico è ornato da figure in rilievo che raccontano la storia della Repubblica dalle origini. La cupola del teatro è ornata dagli stemmi dei Castelli della Repubblica San Marino.
[14] A.L. Carlotti, Storia del partito fascista sammarinese, p. 181.
[15] Dieci membri eletti e cinque “nominati dalla Reggenza tra i cittadini non appartenenti al Consiglio Grande e Generale” ed ex fascisti.
[16] S ASRSM, CGG, seduta del 28 ottobre 1943, p. 38 Balducci è un ex volontario dell’esercito Italiano venuto in dissidio con i fratelli Gozi e accusato di aver attentato ai due Reggenti, per cui era andato in esilio.
[17] Ivi, b.2, fascicolo 2/c, lettera del Segretario di Stato della Repubblica di San Marino per il Ministro degli Affari Esteri, San Marino 3 novembre 1943.
[18] Balducci, pag. 302.
[19] Balducci, pag. 303.
[20] Balducci, pag 304.
[21] I feriti arriverann0 a un totale di 607 civili e alla distruzione e la lesione dell’80% del patrimonio abitativo.
[22] In realtà tra i rifugiati vi sono nascoste nel convento di San Francesco, molti ebrei, tra cui le famiglie Castelbolognesi e Wetzlar.
[23] P. 305
[24] Le assegnazioni concedono alla Repubblica 10 mila litri di gasolio, 330 di lubrificanti e 10 tonnellate di olio di combustibile. P. 310
[25] Questi viene affiancato dai Sottotenenti Gaetano Belloni, Virginio e dall’aiutante maggiore, Maggiore del
[26] Fra gli incursori vi sono gli aviatori sudafricani del 21° squadroni della South African Air Force, acronimo S.A.A.F. che avevano in dotazione velivoli Martin A-30 “Baltimora” bimotori con un equipaggio di 4 uomini e un carico di 900 kg. Di bombe. Quasi sicuramente sono presenti anche altri 3 squadroni della 3° SAAF ovvero il 12°, il 13° e il 30° che avevano da poco adottato il Martin B-26 Marauder dalla propria capacità di bombe.
[27] Il Tenente Colonnello Werner Lutze, responsabile del Settore Costiero invita il Governo sammarinese a fare la stessa cosa.
[28] È l’incipit della poesia pascoliana “Romagna”.
[29] Nello specificio si trattava dei fratelli Guerrino, di Giuseppe Maiani, dei fratelli Lino, Primo e Antonio Marani, di Pasquale Bugli, di Pietro e Lino Podeschi e Sebastiano Fiorini.
[30] Più precisamente lungo la direttrice Montelupo-Monte Olivo-Falciano-Rovereta-Dogana è schierata la 356° Divisione tedesca del Generale Karl Faulenbach e si scontra con la 1° Divisione corazzata britannica del Generale Richard Amyatt Hull e con la 56° Divisione di Fanteria britannica del Generale Richard Whitfield, mentre sulla direttrice Montelupo (Torraccia) Domagnano Serravalle e sulla direttrice Monte Giardino Faetano Valdragone Borgo Maggiore la 46° Divisione di fanteria britannica del Generale Sir J: Hawkesworth e la 4° Divisione di fanteria indiana del Generale W.W. Holworthy inseguiranno la 278° Divisione di fanteria tedesca del Generale Harry Hoppe.
[31] Si tratta di circa 750 uomini e 28 ufficiali.
[32] Qui si distingue Sher Bahadur Thapa e merita la Victoria Cross per aver salvato il proprio comandante e i suoi compagni da un attacco dei tedeschi. Oggi è sepolto nel cimitero Gurka situato lungo la superstrada Rimini-San Marino.


Bibliografia

A. Montemaggi, San Marino nella bufera, 1943-1944 gli anni terribili, Arti Grafiche della Balda di San Marino, 1980
G. Sorgonà, Ezio Balducci e il fascismo sammarinese (1922-1944), Quaderni del Centro Sammarinese di Studi Storici, n. 38, 2014.
A. Turchini, Sfollati d’Italia a San Marino durante la seconda guerra mondiale, 2021, Il Ponte Vecchio.
L. Rossi, Fra primo e secondo dopoguerra: attività politica e sindacale
A. L. Carlotti, Storia del partito fascista sammarinese, pp. 175-177