Aprendo il seminario organizzato dall’Anpi di Cagliari e dall’Università nell’Aula Magna dell’Ateneo, Francesca Pubusa, responsabile scientifica per il Dipartimento del Protocollo Anpi-Scienze politiche, ha posto alcune questioni relative all’intreccio tra informazione e formazione. Un tema che mostra immediatamente quanto la scuola sia carente, intanto nella capacità (o volontà?) di collegarsi al mondo esterno, quella realtà in cui studentesse e studenti si sentono immersi.

La professoressa Pubusa durante il suo intervento al seminario. Al tavolo della presidenza il giornalista Matteo Meloni e la direttrice di Patria Indipendente, Natalia Marino

Se l’informazione non è garantita, ha spiegato la professoressa, non ci saranno cittadini acculturati in grado di essere elettori in modo serio: siamo liberi quando possiamo comprendere i fenomeni sociali, il loro esito inerente la vita di ciascuno di noi, la loro consequenzialità nella politica della Repubblica. Tante conoscenze sono precluse, mancando una seria informazione. E se prima il giornalista mediava tra cittadini e potere, oggi con i social (siano Facebook, Instagram, X e via elencando) è tutto diverso, “ci stiamo americanizzando anche attraverso i partiti che nascono solo in occasione delle elezioni, mentre l’economia trascina la politica e ne determina il corso. E questo per quanto riguarda il presente”.

Adua, Etiopia, monumento a Mussolini

E ha proseguito: “Ma è il nostro passato buio che ancora ci offende, dall’uso dei gas nervini nelle campagne d’Africa, alle leggi razziali, all’adesione massiccia al regime fascista, uno studio su questa Italia che manca nella nostra scuola. Come si può vivere e andare a votare se non sono riconosciuti i diritti, ciò che i nostri partigiani hanno conquistato durante la Resistenza contro l’Italia di Mussolini? E senza correlare quel passato al tempo presente, cosa impedissce alla stampa di far conoscere i fatti e togliere ogni libertà ai giornalisti? La nostra ignoranza della politica è determinata di sicuro da una informazione non libera e strettamente controllata”.

Il giornalista Matteo Meloni

A dare le prime risposte alle domande di Francesca Pubusa è Matteo Meloni, giornalista che, avendo denunciato i crimini di guerra di Netanyahu e l’ignavia dei governi occidentali, anzi la loro connivenza, è stato allontanato dal giornale per cui lavorava il 7 ottobre 2023: i giovani devono sapere cosa succede a chi scrive di guerre, informando onestamente sui fatti e sui risvolti politici nuovi nei rapporti fra gli Stati. Come nell’annosa e crudele persecuzione dei curdi: Iraq, Turchia, Iran, i luoghi in cui essi vivono, e la Svezia che li accoglie in numero notevole entra nella Nato solo dopo averli dichiarati terroristi, pena il veto della Turchia.

(Imagoeconomica, Saverio De Giglio)

“Questo mondo va raccontato ­– ha detto Matteo Meloni ­– denunciare stragi e deportazioni di interi popoli, anche quando la professione di giornalista diviene, in tal modo, particolarmente pericolosa: sono quasi 247 i giornalisti uccisi finora a Gaza, in una strage scatenata da un capo di Stato che deve rispondere ai giudici israeliani di corruzione e di altri reati e dai quali cerca di sfuggire premendo sull’accelerazione dello sterminio palestinese, mentre una risoluzione del Tribunale dell’Aja gli impone di smettere la guerra genocidaria nella Striscia. E i giornalisti occidentali non possono entrare a Gaza, così come non entrano gli aiuti, mentre noi veniamo persino accusati di fare propaganda”.

Gianni Minà e Fidel Castro, foto tratta dal libro di Loredana Macchietti per Minimum fax editore “Fidel. Un dialogo lungo trent’anni”

Il mondo dell’informazione è molto complesso e il giornalista ricorda come l’essenza di questa professione sia così ben narrata nel libro che la moglie di Gianni Minà ha scritto sull’intervista del marito a Fidel Castro: la libertà di informazione è quella che garantisce la libertà del cittadino, per informare bene è necessario collegare fra loro le questioni, i problemi, mentre oggi si pretende di dare notizie senza un contesto da cui possa scaturire un discorso critico, niente giornalismo di inchiesta, niente approfondimenti per mettere il cittadino in condizione di comprendere e quindi di agire, di schierarsi. “Se tuttavia torniamo alla nostra Carta – conclude Matteo – proprio partendo dall’oppressione fascista i costituenti han ragionato al contrario, così dalla sua lettura noi comprendiamo quale fosse la situazione durante il regime, allorché le libertà erano conculcate. Ed anche oggi l’informazione non libera resta la vera responsabile di questa nostra grave ignoranza della politica”.

Natalia Marino, direttrice di Patria Indipendente

Morire in Italia per stampare un foglio durante la Resistenza, ha ricordato nel suo intervento Natalia Marino, direttrice di Patria Indipendente, periodico dell’Anpi. Il giornale nacque all’inizio della guerra fredda, nel 1952, a tre anni dalla Nato, nel tempo della guerra di Corea. L’America usava l’Italia per trasportare le armi quando non erano ancora del tutto rientrati i reduci dalla lunga Seconda guerra mondiale e, mentre si scatenavano i processi contro i partigiani e i fascisti circolavano a piede libero. Patria racconta tutto questo, opponendosi strenuamente alla guerra, per ritornare alla storia dei partigiani e narrare dei fratelli Cervi che nessuno allora conosceva e che bisognava imporre alla memoria della Repubblica. “Noi non dimentichiamo, la pastasciutta antifascista il 25 luglio di ogni anno è per ricordare”. Di una forte responsabilità si sentono investiti i partigiani negli anni Cinquanta. Conoscevano la potenza dell’informazione nella lotta clandestina a garanzia dell’unità delle Brigate combattenti, e la necessità di attuare, in piena guerra fredda, la Costituzione e difendere la Repubblica democratica.

“E oggi, in questo nostro presente – spiega Natalia Marino – dare voce con Patria ai nuovi antifascisti, alle battaglie significative dell’Anpi e dei suoi 160.000 iscritti. Lavorare per la costruzione di una memoria collettiva grazie soprattutto agli storici che scrivono sulla rivista e collaborano al dibattito nell’Associazione, Insolvibile, De Luna, Greppi, Filippi, Eric Gobetti. Mentre intendiamo l’esercizio della memoria attiva portando avanti, per esempio, una inchiesta sulle intitolazioni ad Almirante e uaìna battaglia per cancellarle. Sono almeno 84 le strade dedicate nella Penisola a uno dei capi responsabili dell’informazione e tra i più crudeli promotori della politica fascista, dalla difesa della razza al manifesto di Salò. A firma di Almirante la fucilazione alla schiena prevista per i disertori che rifiutano di arruolarsi nell’esercito tedesco: cancellare il suo nome dalla toponomastica, dalla parte dei tanti giornalisti antifascisti perseguitati e uccisi fino ai giorni nostri”.

Avviandosi alle conclusioni, Natalia Marino ha ricordato che attualmente sono centomila i lettori di Patria, “il nostro è dunque un Paese ancora vivo e capace di ragionare, segnato dalla presenza importante dei giornalisti democratici e liberi, i giornalisti che hanno scovato i responsabili delle stragi in Italia, che han denunciato le minacce dei servizi segreti e le collusioni mafia-politica, pagando spesso di persona. Allo stesso modo partendo dalla storia, noi in prima linea per denunciare le stragi nazifasciste venute alla luce solo negli scorsi decenni, per combattere la violenza neofascista che ha insanguinato in quello stesso periodo il nostro Paese, e oggi ancora contro tutte le guerre in atto”.

L’attrice Tiziana Troya

Nella sala si è poi levata la voce dell’attrice Tiziana Troya, che ha letto alcuni articoli di Patria, trasmettendo la suggestione nell’apprendere di una Galassia nera che ammorba l’Italia e l’Europa: dice Tiziana di non aver mai saputo niente di tutti questi gruppi e luoghi descritti. Per questo è fondamentale la forza di una ricerca quotidiana, sempre da aggiornare e da analizzare man mano, con lo sguardo critico dello studioso.

Luisa Sassu, responsabile Anpi per il Protocollo con il Dipartimento dell’ateneo, durante il suo intervento

Patria e la ricerca sui diversi volti del neofascismo, ma anche una seria indagine sulla condizione femminile, come ha ricordato nel suo intervento Luisa Sassu, responsabile dell’Anpi per il Protocollo. E, più specificamente, la sua sollecitazione a studenti e a studentesse richiamando i precedenti Seminari, perché si raccolgano le sentenze della Corte costituzionale riferite al tema e insieme i discorsi delle madri costituenti. Nuova informazione sulla storia e sui movimenti delle donne di questi anni, spesso trascurata, sì da costruire quei famosi collegamenti che assicurino conoscenza vera e approfondita.

La copertina di Patria Indipendente del gennaio 2012

È stata poi la giornalista Antonella Loi a riprendere il filo della temperie che segna i momenti cruciali della nostra storia: come particolare è il periodo in cui nasce Patria, così anche per l’ordine dei giornalisti l’inizio è da collocare nella grande stagione degli anni Sessanta e delle lotte popolari a tutela della libertà di informazione.

La giornalista Antonella Loi

“Se oggi non si può parlare di certe cose è perché c’è la guerra e non si può parlare male della guerra, ci vuole poco a capire. Dalla cattiva gestione delle notizie nasce la propaganda, dal fluire continuo delle informazioni la difficoltà di soffermarsi sulle questioni importanti”. Forte, allora come oggi, il collegamento tra i giornali e il mondo economico, l’appartenenza delle testate a gruppi tra i più potenti: a parlare di pluralismo era già la Corte costituzionale che continua a farlo, perché la formazione consapevole dell’opinione pubblica si fonda sulla garanzia di pluralismo. Una bella discussione apprezzata dai giovani e dagli adulti presenti; ognuno di loro ha dimostrato interesse e partecipazione.

Gianna Lai, Comitato nazionale Anpi