Rosalba De Vincentis era una giovane sposa di Brindisi, aveva 21 anni. Era sola in casa quando, il 10 aprile 1978, suonarono alla porta. Era un militare, iscritto al Fronte della Gioventù. La seguiva da tempo e quel giorno tentò di stuprarla. Rosalba lo respinse con tutta la sua forza. La accoltellò per trenta volte.
Palmina Martinelli, di Fasano, aveva appena 14 anni quando, l’11 novembre 1981, fu bruciata viva dai suoi aguzzini che volevano farla prostituire. Morì dopo 22 giorni di agonia. Giorni in cui ebbe la forza di pronunciare al magistrato Nicola Magrone i nomi dei due assassini. Furono prosciolti da ogni accusa. Ma la famiglia e le donne tutte non hanno mai creduto alla versione ufficiale: suicidio. Ancora oggi si tenta di far riaprire le indagini. Giustizia non è stata fatta.
Carlotta Rossi, infermiera di Brindisi, aveva 27 anni quando, il primo novembre 1997, fu uccisa con tre colpi di pistola dal padre Alex. Voleva incassare i soldi dell’assicurazione sulla vita della ragazza che lui stesso aveva stipulato.
Fernanda Ricciardi, 87 anni, di Brindisi, il 23 gennaio 2004 era felice quando aprì la porta al suo nipote prediletto, Davide, di 21 anni. Il ragazzo la massacrò con 94 coltellate. Poi uscì, raggiunse l’aeroporto e quindi Milano. Quello stesso giorno superò con successo un esame alla Bocconi.
Maria Geusa, di Torre Santa Susanna, aveva due anni e sette mesi quando morì, dopo ventiquattro ore di coma, a Città di Castello, in provincia di Perugia. A ucciderla gli abusi sessuali e le torture cui l’aveva sottoposta il datore di lavoro del padre, nonché amico di famiglia. Un delitto che sconvolse l’Italia intera.
Ma ci sono anche Liliana Maggi, brindisina di 70 anni, uccisa dal figlio con trenta coltellate; Anna Maria Serpentino, 42 anni, di Francavilla Fontana, ammazzata dal suo ex convivente con tre colpi di pistola a Pesaro (dove la donna si era rifugiata); Antonia Musci, 66 anni, di Francavilla Fontana bruciata viva dal figlio; Maria Antonietta Calò, 54 anni, di Mesagne, sparata al volto dal marito con una doppietta a canne mozze; Tommasina Ugolotti, 77 anni, di Latiano, massacrata a colpi di coltello e forbici dal figlio; Concetta Milone, 77 anni, anche lei di Mesagne, colpita alla schiena dal marito con un fucile da caccia mentre lei metteva in ordine la camera da letto; Rossella Cavaliere, 51 anni, di San Vito dei Normanni, colpita a morte dal figlio ventitreenne con un coltello a serramanico; Sonia Nacci, 43 anni di Ceglie Messapica, pestata sino alla morte dai vicini di casa, padre e figlio; Giuseppina Fumarola, 48 anni, di Villa Castelli, uccisa per strada, mentre andava al lavoro, con due colpi di fucile dall’uomo dal quale si era separata. Era il 1° settembre dello scorso anno.
Si fermano qui le Pietre Vive di Memoria, si fermano qui i nomi delle vittime di femminicidio in provincia di Brindisi. Incisi su mattonelle ora affisse su un muro del Municipio del capoluogo per non dimenticarle, sotto il disegno di fiori rossi splendenti ma anche sfioriti e spezzati (opera di uno studente maschio, ed è importante), come le vite di queste quattordici donne che hanno pagato con la vita la cultura del patriarcato, del possesso, della violenza, della prevaricazione vigliacca non solo da parte di mariti, conviventi, fidanzati o ex, ma anche di padri, di figli e persino nipoti.
Ma mentre i ragazzi e le ragazze dell’Istituto professionale Morvillo Falcone di Brindisi erano ormai alla fine della loro opera artistica di Memoria, altre donne nello stesso territorio sono state ammazzate. Serviranno altre pietre, altre mattonelle in questo elenco che si allunga ogni giorno, come in tutta Italia.
Il progetto, che in qualche modo vuole ricalcare le Pietre di inciampo per le vittime del nazismo e del fascismo, era iniziato in rete nell’ottobre del 2022. Protagonisti lo Spi Cgil con il proprio Coordinamento Donne, la sezione “Vincenzo Gigante” Anpi Brindisi, l’Auser, l’Associazione Io Donna, la Commissione Pari Opportunità del Comune di Brindisi, la Consigliera di Parità della Provincia di Brindisi e, soprattutto, le studentesse e gli studenti dell’Istituto professionale Morvillo Falcone di Brindisi.
Le attiviste hanno raccolto nomi e storie drammatiche a partire dagli anni Settanta. Il risultato del lavoro è diventato un opuscolo di Memoria Viva che è stato distribuito in tutti i Comuni e nelle scuole affinché ne facciano buon uso. Il sostegno e il patrocinio dell’Amministrazione comunale di Brindisi e di quella della Provincia non sono mancati.
Giovedì 16 novembre 2023, in una cerimonia ufficiale alla presenza di giovani, istituzioni e forze di polizia, le Pietre Vive di Memoria sono state scoperte e donate a chi rischia di dimenticare. Il 16 novembre, appunto. Il corpo senza vita di Giulia Cecchettin sarebbe stato trovato solo due giorni dopo. Ma era scomparsa da una settimana e sapevamo, temevamo, in tante e tanti, che non ci sarebbe stato lieto fine. Il copione era quello solito di molti altri.
Il governo di Giorgia Meloni ha annunciato che presto andrà in Aula al Senato il disegno di legge già approvato alla Camera per il rafforzamento delle misure di tutela delle donne in pericolo, braccialetti elettronici compresi, aumento dei fondi per il piano anti-violenza e per la tutela delle donne in uscita da situazioni di violenza. Un disegno di legge che non ha mai convinto. Le opposizioni hanno parlato di ipocrisia e di scarso sostegno alle iniziative di prevenzione.
Dopo l’omicidio di Giulia, il ministro all’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha promesso una campagna di sensibilizzazione nelle scuole con vere e proprie lezioni di educazione all’affettività, iniziativa chiesta anche dal Pd. C’è poi la richiesta dello stesso ministro per un minuto di silenzio nelle scuole sempre per Giulia e per tutte le donne abusate e vittime di violenza. Ma la sorella di Giulia, Elena, ha già stigmatizzato l’iniziativa. “Non serve un minuto di silenzio, occorre ben altro affinché non accada più ciò che è successo a mia sorella”. Giulia è stata la vittima di femminicidio numero 105 dall’inizio dell’anno in Italia. Quasi certamente la sua vita, con la sua gioia di essere al mondo, con la sua libertà piena di progetti, quel 16 novembre celebrato a Brindisi era già stata spezzata.
Abbiamo dato voce, in qualche modo, a lei e alle altre vittime. Lo hanno fatto soprattutto le cinque studentesse che hanno partecipato alla cerimonia con abiti da loro stesse disegnati e confezionati. Una sposa in abito bianco, ma già con i segni sul viso e sulle braccia della violenza subìta, le sue quattro damigelle con abiti rossi.
Il rosso è il colore simbolo della violenza sulle donne, ricordando che non solo il 25 novembre è la giornata mondiale contro tale violenza, ma lo è ormai da anni l’intero mese.
Le ragazze, alla presenza anche dei famigliari delle vittime, hanno letto alcune di quelle storie che provocano ancora oggi strazio e rabbia.
Ma la studentessa che indossava l’abito da sposa è crollata in un pianto dirotto. Una delle storie riguardava proprio il suo paese, Torre Santa Susanna: la morte terribile della più piccola delle vittime, Maria Geusa. Non aveva ancora compiuto tre anni. La studentessa è troppo giovane per conoscere questa storia. A nessuno era venuto in mente di raccontargliela in anticipo. Per lei è stato un trauma.
Tea Sisto
Pubblicato lunedì 20 Novembre 2023
Stampato il 14/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/pietre-vive-di-memoria-per-giulia-e-le-altre-luogo-per-luogo-brindisi/