“Prego, sono 4.938 euro. Se paga potrà momentaneamante rimanere in Italia”. Altrimenti l’alternativa è il Cpr, Centro di permanenza e di rimpatrio.

Il Centro per il rimpatrio di Pozzallo, un Cpr speciale appena aperto per i migranti provenienti da “Paesi sicuri”, costruito in 40 giorni, è fatto di container, sbarre e fili spinato. Non troppo lontano c’è un altro Centro che dovrebbe accogliere 200 persone e invece ne ospita 500

Tutto secondo legge, meglio a norma del decreto datato 14 settembre, pubblicato il 21 settembre sull’ultima Gazzetta ufficiale, la numero 221, a pagina 29. Si intitola “Indicazione dell’importo e delle modalità di prestazione della garanzia finanziaria a carico dello straniero durante lo svolgimento della procedura per l’accertamento del diritto di accedere al territorio dello Stato”. È firmato dal ministro dell’Interno “di concerto” con il ministro della Giustizia e il ministro dell’Economia e delle Finanze.

Per il calcolo della somma che gli stranieri dovranno versare allo Stato si considerano “il periodo massimo di trattenimento, pari a quattro settimane (ventotto giorni), la disponibilità di un alloggio adeguato sul territorio nazionale, la somma occorrente al rimpatrio, i mezzi di sussistenza minimi necessari, a persona”. Le disposizioni si applicano ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea. L’importo per la “prestazione della garanzia finanziaria” è individuato, per l’anno 2023, in euro 4.938,00. “L’aggiornamento dell’importo è avviato a cadenza biennale, di seguito alla definizione del costo medio del rimpatrio”.

Migranti tratti in salvo da Ong (Imagoeconomica, Dario Bosio)

Chi deve pagare questa tangente allo Stato italiano? Gli “stranieri non europei” che riescono ad arrivare vivi da noi. Se non lo fanno (e non lo faranno perché l’ultima moneta è già stata spesa e qui approdano già con molti debiti nei confronti di altri strozzini internazionali) finiscono nel Cpr, Centri di permanenza e rimpatrio, luoghi lager, galere vere e proprie.

(Imagoeconomica, Saverio De Giglio)

Sembra di assistere a uno di quei film di fantascienza che descrivono un futuro senza umanità nei quali i “cattivi” sono affini a nazisti, a fascisti e razzisti. Un futuro aberrante che sino a ieri avremmo definito impossibile, ma che oggi è già qua.

I migranti dunque dovranno, se potranno, pagare un dazio solo per transitare nel territorio italiano. Per essere quasi quasi “in vacanza” come disse qualcuno anni fa sui confinati del fascismo: «Mussolini non ha mai ammazzato nessuno, Mussolini mandava la gente a fare vacanza al confino».

Quando eravamo noi italiani ad attraversare il mare

Dietro tutto questo c’è ancora una volta il terrore per le presunte invasioni di migranti che da sempre le destre di tutto il mondo utilizzano per recuperare consensi con finti patriottismi. Invasioni inesistenti visto che già dalla preistoria interi popoli si spostano da un luogo all’altro del globo in cerca di un minimo di pace e di possibilità di sopravvivenza. Ma a giugno si vota per le europee, no? E il passato degli emigranti italiani, immigrati dal punto di vista dei Paesi di arrivo, non hanno fatto e non fanno neanche oggi la differenza.

Era l’8 agosto 1991, quando la Vlora arrivò al porto di Bari con un carico di profughi

Oggi se donne e uomini, bambini partono da un Paese africano sappiamo che devono attraversare il deserto per raggiungere la Libia, la Tunisia o altri luoghi che affacciano sul Mediterraneo. Se riescono a sopravvivere nelle lunghe carovane sulla sabbia sotto il sole cocente, devono subire torture che possono durare giorni, mesi e talvolta anni in campi-lager. Se sopravvivono persino a tutto questo, devono pagare ai trafficanti, per lo più della guardia costiera libica, somme enormi per attraversare su barche improbabili il tratto di mare verso Lampedusa e altre coste del Sud Italia. I soldi non li hanno. Devono aspettare che le famiglie li raccolgano nei loro villaggi e glieli facciano avere.

(Imagoeconomica, Carlo Carino)

Se poi nascono con la sfortuna di essere donne giovani di alcuni Paesi africani, molte, troppe volte, si rendono conto tardi di essere vittime della tratta. Partono con la promessa di un lavoro come impiegata o come badante e si ritrovano con un debito nei confronti della maman che le ha spedite in Italia e dei trafficanti che le raccolgono. Debiti di decine di migliaia di euro che possono estinguere solo prostituendosi. Anche alle vittime il governo italiano chiederà i quasi 5mila euro.

Tangente o no, non bisogna dimenticare quante, se riescono a partire dall’Afghanistan, dall’Iran, dal Pakistan, da zone di guerra e di violenza estrema dell’Asia, percorrono tra monti e neve la rotta balcanica con intermezzi di torture da parte delle polizie dei Paesi dell’ex Jugoslavia. Se ce la fanno a raggiungere Trieste, scalzi e affamati, devono sfuggire ai respingimenti. La speranza di una vita umana senza guerre e fuori dalla fame, costa cara, troppo cara.

“Transito oneroso…”, è la vignetta amara di Ulde

I ministri del governo Meloni firmatari del decreto pubblicato giovedì scorso non hanno dimenticato le modalità di versamento. Si paga “in unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa ed è individuale e non può essere versata da terzi”. Tutto entro la fine delle procedure di identificazione alla frontiera. Il denaro, raccolto dai fagotti dei più poveri del mondo, è destinato alle voce “entrata” del bilancio dello Stato.

(Imagoeconomica, Carlo Lanutti)

Il decreto è già in vigore. Che lo si sappia. Che lo sappia la gente, le persone dei Paesi africani e asiatici in procinto di lasciare la loro terra e che non hanno trovato nella cassetta della posta di una casa distrutta dai bombardamenti o delle capanne di fango e paglia di villaggi sperduti, la circolare ministeriale proveniente dall’Italia. Sarebbe esilarante, se non fosse tragico.

Il relitto naufragato sulla spiaggia calabrese di Steccato di Cutro dello scorso febbraio: 94 i morti accertati di cui 35 minori, 80 sopravvissuti e un numero rimasto imprecisato di dispersi

A questo governo non è bastato il decreto Cutro (nato sulla pelle di decine di morti in mare) poi trasformato in legge. Non è bastato escludere dal “Sai” (Sistema accoglienza integrazione) i richiedenti asilo relegandoli nei Cas, i Centri di accoglienza straordinaria. Non è bastato escludere dalla Protezione speciale coloro che sono in gravi condizioni psicofisiche: se possibile, si curino a casa loro. Non è bastato ridurre a un solo anno il permesso di soggiorno per motivi di studio, di lavoro o per esigenze sanitarie riservato ai minori stranieri non accompagnati che compiono 18 anni. Niente da fare: a 19 anni, via dall’Italia che li ha cresciuti.

L’intenzione dell’esecutivo è di moltiplicare i nuovi Centri permanenza per il rimpatrio, oltre ai dieci già operanti, ce ne sarà uno in ogni Regione, ha promesso Piantedosi.

Catania, tendostruttura della protezione civile per i bambini migranti (Imagoeconomica, via Regione Sicilia)

I migranti non sono numeri. Sono donne, uomini e bambini. Il cielo sa quante centinaia di morti nel mare e sulla terra hanno lasciato negli ultimi decenni questi viaggi. È solo la solita retorica buonista? No, perché ciò che accade è tutto vero e verificabile. A questo dramma si aggiunge oggi una cauzione, una tassa inaudita che mette l’attuale governo italiano sullo stesso livello dei trafficanti di esseri umani.