Ottanta piazze italiane, mezzo milione di persone, forse anche di più. Ottanta piazze e mezzo milione di persone che reclamano giustizia, libertà e uno Stato per i palestinesi. Ebbene che cosa fa il governo Meloni davanti a questa partecipazione di popolo? Stringe l’obiettivo su alcuni violenti che creano dei disordini – soprattutto a Milano – e tutto il resto viene condannato mediaticamente all’oscuramento. A suonare lo spartito è Giorgia Meloni in persona che subito parla di “immagini indegne” e di “sedicenti pacifisti”. Insomma, l’ennesima prova della bassissima caratura istituzionale di questo governo. Ne parliamo con Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, saggista, storico dell’arte e commentatore affilato delle vicende politiche italiane e non. E il professore va giù duro.

Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, saggista e scrittore (Imagoeconomica, Andrea Panegrossi)

Sono giorni intensi di straordinaria, mobilitazione per Gaza, partecipata come non si vedeva da tempo, ma le manifestazioni, praticamente tutte pacifiche, sono state “oscurate” da quanto è accaduto a Milano. Cosa ne pensa Tomaso Montanari?

C’è una sorta di regia, non necessariamente scritta, nella vicenda degli scontri a Milano, un “ufficio propaganda” sempre in funzione – ci dice –. Penso cioè che la condotta della polizia a Milano fosse probabilmente strumentale e finalizzata a far accadere quello che è poi successo, perché se le forze dell’ordine avessero fatto entrare i manifestanti nella Stazione Centrale probabilmente questi ultimi avrebbero bloccato i treni ma non ci sarebbero stati gli scontri. Dico di più: l’idea che il Paese si blocchi, anche con queste dimostrazioni energiche, nel momento in cui si chiede di fermare un genocidio di cui l’Italia è complice, ebbene francamente non lo vedo affatto sproporzionato.

Milano, 22 settembre 2025 , Stazione Centrale

A Torino ieri per la mobilitazione dopo l’attacco alla Global Sumud Flotilla, la stazione ferroviaria è stata occupata, ma non ci sono state cariche della polizia.

Ho parlato con persone che erano al corteo di Milano e mi hanno raccontato che la polizia ha manganellato duramente pacifici manifestanti senza andare troppo per il sottile. Ci vorrebbe un’inchiesta indipendente per appurare che cosa veramente è successo, perché francamente con un governo di questa matrice io non sono tranquillo che tutto sia “genuino”. E poi, anche se lo fosse, è innegabile che c’è un uso strumentale di questi incidenti e un sistema mediatico prono che fa da amplificatore e non vede la proporzione fra la piccola violenza – assolutamente da condannare – di Milano e l’enorme mostruosa violenza di un genocidio in corso. Due cose che non stanno nemmeno nella stessa frase.

Torino, 24 settembre 2025

Le manifestazioni del 22 sono state un successo incredibile. Che cosa ci dicono?

Sono state una cosa veramente enorme e importantissima. Quella scesa in piazza è un’Italia nuova. Un’Italia, finora silente, che spontaneamente si organizza e lo fa per un movente morale, per un movente etico non per un interesse personale o di categoria. A marciare non erano solo “i sinistri” come da linguaggio – questo sì davvero violento, offensivo e volgare – dei nostri uomini e donne di governo. In piazza c’era la parte migliore di questo Paese. E devo dire che è dispiaciuta la scelta della Cgil di chiamarsi fuori dall’iniziativa lanciata dall’Usb. Ora si tratta di riannodare i fili. Alle manifestazioni la base della Cgil c’era in massa, ci sono insomma tutte le condizioni per arrivare a uno sciopero generale indetto tutti insieme. È quello di cui c’è urgente bisogno perché purtroppo l’escalation del governo Netanyahu non si fermerà. Ed è scandaloso che il governo Meloni non abbia avuto la dignità, il coraggio e l’umanità per dire sì al riconoscimento dello Stato di Palestina. Un sì senza ma, senza condizioni, senza trucchetti. È un governo senza onore e i manifestanti che hanno invaso le piazze italiane il 22 settembre, come i partigiani che combatterono il nazifascismo, hanno avuto il merito di riscattarci da questa accolita di servi, indifferente all’orrore che ci consegnano le immagini che arrivano da Gaza e attentissima, invece, a come alza il sopracciglio Trump. Una volta si diceva che eravamo la periferia dell’impero. Oggi è peggio, oggi siamo la periferia dell’Arizona, o se vogliamo la latrina della Casa Bianca.

New York, 24 settembre 2025, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, all’Assemblea delle Nazioni Unite (Imagoeconomica, via Onu)

L’Arizona è entrata nelle nostre case con la diretta dei funerali di Kirk e pure in Parlamento, dove Fratelli d’Italia si è fatta promotrice di una commemorazione dell’attivista trumpiano. Che certamente per quel che diceva non si può certo definire un “martire della libertà”.

Esatto. Le parole più lucide a Montecitorio durante la commemorazione di Kirk sono state quelle di Gianni Cuperlo che ha messo in fila le frasi choc di Kirk: da Michelle Obama che avrebbe il cervello più piccolo di una donna bianca alla proposta di trasmettere in tv le condanne a morte: “Chi ha parlato così – ha giustamente detto Cuperlo – era un uomo che come tutti in democrazia aveva il diritto di pronunciare anche delle bestialità, ma chi ha parlato così non era un simbolo della libertà. Quanto a noi, quanto a voi, solo una ignoranza colpevole può indicare in questa parte, non del Parlamento del Paese, il terreno di coltura della violenza politica. Solo il cinismo può calpestare la storia evocando il clima brigatista che abbiamo combattuto”.

(Imagoeconomica, Alessia Mastropietro)

E secondo Montanari?

Quello che abbiamo visto in azione in queste settimane, in questi mesi, è il patto scellerato dell’internazionale nera in cui ci sono Trump, c’è Orban, c’è Afd, c’è la Meloni ma c’è anche Netanyahu. Il sostegno del nostro esecutivo al governo israeliano si spiega in molti modi, ma uno di questi è proprio il fortissimo legame dell’internazionale neofascista con Israele. Netanyahu è tecnicamente un fascista e ha usato, anzi è più corretto dire profanato, lo Yad Vashem, il Memoriale della Shoah, per dare una legittimità morale alle destre fasciste e naziste europee sue alleate. Meloni cita continuamente la sua visita allo Yad Vashem: le destre estreme hanno un debito enorme nei confronti di Netanyahu ed è una delle ragioni per cui non lo mollano. Faccio sommessamente notare che dagli esponenti di questa maggioranza che commemora Kirk al momento non è ancora arrivata una parola di sdegno e di condanna per l’attacco con droni e spray urticanti alla Global Sumud Flotilla da parte di Tel Aviv, nonostante l’invio di una nave della Marina militare in soccorso dei volontari.

La notte in cui Israele ha iniziato l’invasione di Gaza Netanyahu ha sostenuto che il Paese avrebbe dovuto diventare una “Super Sparta”. Praticamente la trasformazione di quella che ancora viene definita l’unica democrazia del Medio Oriente in un regime autarchico e autoritario.

Sparta è uno dei grandi miti dell’immaginario neofascista, dai tempi di Hitler fino ad arrivare a Maurice Bardèche, che nel dopoguerra ha scritto Fascisti si nasce. Sparta e i sudisti, tradotto in Italia da Franco Freda nel 2013 per le edizioni Ar. Insomma, il segno del genocidio di Gaza è un segno che sta nel neofascismo internazionale.

Sull’omicidio Kirk sono state evocate le Brigate Rosse. La destra è quella dell’amore, dall’altra parte, a sinistra, ci sono i violenti. Non la trovi preoccupante questa dicotomia?

Loro sono quelli che tutti gli anni hanno cercato di depistare sulla Strage di Bologna, che provano a far dimenticare che chi negli ultimi anni ha preso le armi per sopraffare gli avversari politici sono esattamente quelli di destra: a Firenze nel 2011 un militante di CasaPound uccide due senegalesi; Luca Traini, candidato della Lega a Macerata, nel 2018 esplode alcuni colpi di pistola ferendo persone, tutti immigrati originari dell’Africa. Fu condannato per strage aggravata dall’odio razziale. Se c’è la violenza politica in questo Paese è da quella parte che occorre guardare. Loro i conti con le stragi non li hanno mai fatte, questo governo è pieno di parenti di ex terroristi neri o di ex terroristi neri in persona. Il cordone ombelicale con la violenza neofascista non è mai stato tagliato.

Strage della stazione di Bologna, 2 agosto 1980

Intanto il governo svicola come un’anguilla dal riconoscimento dello Stato di Palestina, rimandandola a un futuro ipotetico. Il ministro degli Esteri Tajani dice che prima di riconoscerlo bisogna costruirlo. I dipendenti della Farnesina hanno invece chiesto con una lettera pubblica un intervento urgente.

Tajani rinnega il parere molto qualificato e alto della diplomazia italiana: 70 ambasciatori in pensione, molto autorevoli, hanno chiesto il riconoscimento dello Stato di Palestina. Qui e ora. Tajani obbedisce a invece a una prospettiva politica che è quella di fare dell’Italia una colonia americana, buttando a mare la nostra storia Mediterranea che vedeva su posizioni illuminate perfino uomini come Andreotti e Craxi. Colonia, peraltro, di un Paese che è sull’orlo della guerra civile e che va incontro a un periodo cupo.

Craxi e Andreotti (Imagoeconomica, Carlo Carino)

A parlare di genocidio non sono, per usare il linguaggio meloniano, solo i “sedicenti pro Pal” o i “sedicenti pacifisti”. A usare il termine genocidio è stata recentemente la Commissione indipendente dell’Onu che si basa sulle indagini precedenti della Commissione, nonché sulle conclusioni fattuali e giuridiche relative agli attacchi a Gaza compiuti dalle forze israeliane dal 7 ottobre 2023 al 31 luglio 2025. “La comunità internazionale – scrive la commissione guidata da Navanethem Pillay – non può rimanere in silenzio sulla campagna genocida lanciata da Israele contro il popolo palestinese a Gaza. Quando emergono chiari segni e prove di genocidio, l’assenza di azioni per fermarlo equivale a complicità”.

Parole fortissime. Che sia genocidio lo dicono tutti, a partire dalla Società di studi internazionali sul genocidio. Lo dicono gli storici lo dicono i giuristi, lo dicono le corti internazionali, lo dice l’evidenza dei fatti. Un Paese come il nostro che firma la Convenzione del ’48 e poi non fa nulla per prevenire il genocidio si espone a essere condannato dalla Corte di giustizia dell’Onu. E, ancora, noi abbiamo una legge del ’67 sul genocidio in cui è perfino punita l’apologia di genocidio; quindi diciamo la nostra classe di governo rischia sul piano personale che vengano accertate queste responsabilità su quello che è il reato in assoluto più grave dell’ordinamento mondiale, cioè l’eliminazione pianificata di persone per quello che sono, esattamente come la Shoah, esattamente come Srebrenica. E non è questione di numeri, come dicono i cattivi maestri Ernesto Galli della Loggia o Paolo Mieli. A Srebrenica c’erano 9.000 persone uccise ed è stato genocidio. A Gaza quanti sono non lo sappiamo ma probabilmente sono già diverse centinaia di migliaia.

Come se ne esce?

Intanto dicendo la verità e documentandola. Norberto Bobbio sosteneva che non si può lasciare a chi ha il monopolio della forza anche il monopolio della verità. Dire la verità, difenderla, è il primo dovere, dei media, delle associazioni – penso all’Anpi e non solo –, degli insegnanti, di chiunque accede al discorso pubblico e ovviamente dei giornalisti, almeno di quelli che non si vendono al potere. Le persone scendono in piazza perché hanno capito che cosa sta succedendo e ne hanno colto il peso morale sulle coscienze di ognuno di noi.