La Natività coi santi Francesco d’Assisi e Lorenzo, il quadro di Caravaggio trafugato nel 1969 e mai ritrovato

La cercano i carabinieri, l’Fbi, i servizi segreti del Vaticano, gli investigatori privati, i giornalisti d’inchiesta, i palermitani. Ma della Natività coi santi Lorenzo e Francesco d’Assisi, opera di Michelangelo Merisi in arte Caravaggio, non c’è traccia alcuna dal pomeriggio del 18 ottobre 1969, il giorno in cui le sorelle Gelfo lanciarono l’allarme per la scomparsa dall’Oratorio di San Lorenzo di Palermo. Erano le collaboratrici del parroco don Rocco Benedetto, addette alle pulizie in preparazione della messa del giorno successivo. La tela era stata tagliata con una lama, sottraendola alla cornice che la ospitava sopra l’altare, e caricata su una motoape. Da questo momento i misteri, le bugie, i depistaggi, le informazioni fuorvianti hanno superato di gran lunga la verità e i fatti oggettivi. Procediamo con ordine.

Il presidente dell’associazione Amici dei Musei Siciliani, Bernardo Tortorici di Raffadali (a sinistra) con il cantante Gianni Morandi, in visita all’Oratorio di san Lorenzo

Datazione del dipinto. Il dipinto, un olio su tela delle dimensioni di 268 x 197 cm, era conservato nel suggestivo contesto dell’Oratorio di San Lorenzo che accoglie anche gli stucchi di Giacomo Serpotta. Caravaggio aveva soggiornato in Sicilia circa un anno tra il 1608 e il 1609, dopo l’evasione dalla fortezza di Sant’Angelo a Malta, in fuga da Roma a causa della condanna a morte per l’omicidio di Ranuccio Tomassoni avvenuto il 28 maggio 1606. In Sicilia incontrerà un suo amico, Mario Minniti, modello in alcuni dei suoi capolavori e pittore a sua volta, che lo aiuterà nei viaggi a Siracusa e Messina. Non vi sono certezze riguardo una sua permanenza a Palermo, tant’è vero che la Natività sarebbe stata dipinta a Roma nel 1600, all’interno di Palazzo Madama dove il pittore viveva in quel periodo. L’avrebbe commissionata il mercante Fabio Nuti, come sostengono alcuni studiosi (in particolare Michele Cuppone, Caravaggio, la Natività di Palermo. Nascita e scomparsa di un capolavoro, Campisano editore, 2023).

L’affermato pittore bresciano Franco Balduzzi, grande studioso del Caravaggio, con una sua opera commissionata dal monastero di Santa Maria nel Comune di Rignano sull’Arno

Anche il pittore bresciano Franco Balduzzi, un grande studioso del Caravaggio (ha una biblioteca caravaggesca con circa 200 volumi), non ha dubbi in proposito. “Lo stile, le finiture dell’opera, i pigmenti sono in linea con le prime commissioni pubbliche, in particolare le tele che saranno collocate all’interno della cappella Contarelli, nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma – sostiene – Quando era in fuga lavorava sull’essenziale con pennellate veloci e nervose, anche l’abbigliamento dei personaggi era meno rifinito”.

Caravaggio, Ecce Homo

Mi mostra una riproduzione dell’Ecce Homo, risalente al 1605 e conservato nel Palazzo Bianco di Genova, nel quale per il personaggio vestito con abiti aristocratici è stato utilizzato a suo parere lo stesso modello di Fra’ Leone, collocato a destra nella Natività. “Caravaggio utilizzava sempre gli stessi modelli – conclude – e in particolare Mario Minniti, Cecco Boneri, Annuccia Bianchini, Fillide Melandroni e la sua Lena Antognetti”.

Prime indagini e ipotesi. I ladri, che si erano introdotti nottetempo nell’Oratorio di San Lorenzo, non avevano incontrato eccessive difficoltà, in assenza di dispositivi antifurto e porte di sicurezza. Il prefetto di Palermo, massima autorità in materia di ordine pubblico, “non aveva mai sentito parlare di quell’opera per lui misteriosa e di ciò dette conto alla stampa, dilungandosi sul suo dispiacere di non averla mai potuta vedere prima del furto” (Luca Scarlini, Il Caravaggio rubato. Mito e cronaca di un furto, Sellerio editore, 2012), essendo peraltro un suo ammiratore.

(Imagoeconomica, Cristiano Minichello)

“L’attività di polizia giudiziaria, di contro, si rivelò da subito frenetica e disomogenea, le indagini sul furto del Caravaggio furono scarne e poco incisive” certifica la Commissione parlamentare antimafia nel 2018, che aveva avuto il merito di restituire attualità e interesse istituzionale alla vicenda. Francesco Marino Mannoia, in forza al mandamento mafioso di Santa Maria del Gesù (competente per territorio) capeggiato da Stefano Bontate, in un primo tempo dichiarò di essere l’autore della distruzione della tela, rovinata a suo dire dai tagli approssimativi fatti dai ladri per distaccarla dalla parete e dal successivo arrotolamento rudimentale. Una versione confermata dai collaboratori di giustizia Salvatore Cucuzza e Gaspare Spatuzza; quest’ultimo in particolare riferì che era stata nascosta in una stalla e rovinata dai topi.

Francesco Marino Mannoia, arrestato il 21 gennaio 1985, anni dopo deciderà di diventare collaboratore di giustizia ma di voler parlare solo con Giovanni Falcone

Le informazioni di Spatuzza non erano state considerate attendibili dai commissari perché apprese de relato da un suo conoscente, a sua volta notiziato da altro soggetto. Vincenzo Grado, appartenente allo stesso mandamento mafioso di Mannoia, seguendo i verbali della Commissione, dichiarò “di essere stato interpellato per occuparsi del trasporto del quadro a Milano e, da lì, in Svizzera, anche se poi non seppe più nulla di tale progetto”. Le indagini della polizia giudiziaria non avevano trovato alcun riscontro alle rivelazioni del pentito Vincenzo La Piana, secondo il quale il boss mafioso Gerlando Alberti (con il quale era imparentato) aveva seppellito la Natività nel terreno della propria villa, all’interno di una cassa di ferro. Mannoia, sentito dalla Commissione parlamentare, cambiò la sua versione, sostenendo che il quadro l’aveva preso in consegna il mafioso Giuseppe Marchese, nascondendolo in una stalla di sua proprietà. Anche in questo caso i controlli delle forze di polizia, nella zona indicata, non erano state coronate dal successo.

Un gruppo di “uomini di rispetto” di Cinisi: tra gli altri, Gaetano “Tano” Badalamenti (il primo in alto da sinistra),  e Luigi Impastato, padre di Peppino (in fondo al centro), ucciso nel 1978. Tra i giudicati colpevoli dell’omicidio, proprio Badalamenti

Il capolavoro del Caravaggio, nelle conclusioni della Commissione parlamentare, non era stato distrutto, nonostante la probabile divisione in più parti per agevolarne il trasferimento in Svizzera e la vendita nel mercato illegale dell’arte. La Commissione considera “altamente attendibile” la ricostruzione di Gaetano Grado (fratello di Vincenzo), che coincide in parte con le indagini della Procura di Palermo e con gli equilibri mafiosi nel periodo storico considerato. Sarebbe stato Tano Badalamenti, il più importante nelle gerarchie mafiose, a farsi consegnare la tela dai ladri dopo averne appreso dalla stampa l’ingente valore. Il boss di Cinisi l’avrebbe venduta successivamente ad un anziano mercante d’arte svizzero, riconosciuto in una foto segnaletica da Gaetano Grado.

Il Bollettino n° 1 delle opere d’arte trafugate nell’anno 1972 a cura del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale

Il Comando per la Tutela del patrimonio culturale. Alcuni mesi prima del furto, per ironia della sorte, l’Arma dei Carabinieri ha creato il Comando per la Tutela del patrimonio culturale, con acronimo Tpc, con sede centrale nella capitale, nuclei dislocati sul territorio nazionale e sezioni specializzate in antiquariato, archeologia, falsificazione e arte contemporanea. I detective dell’arte sono stati decisivi per il ritrovamento di importanti opere d’arte e reperti archeologici. Da notare l’operazione denominata Demetra, scattata il 4 luglio 2018 d’intesa con gli investigatori della Metropolitan Police di Londra, della polizia criminale tedesca del Baden-Württemberg e della Guardia Civil spagnola, che ha smantellato un’organizzazione specializzata nel traffico di beni archeologici siciliani. Una cooperazione internazionale che ha permesso la restituzione ai cittadini di 20.000 reperti archeologici per un valore stimato di mercato di oltre 40 milioni di euro, uniti a contante, certificazioni per la vendita e false attestazioni di provenienza finalizzate all’inserimento nel circuito legale dell’arte e alla vendita tramite case d’asta compiacenti.

Il sogno dei carabinieri del Comando Tpc è di recuperare il capolavoro rubato a Palermo in una notte di pioggia, scrive il generale dei carabinieri Roberto Riccardi nel suo libro “Detective dell’arte. Dai monuments men ai carabinieri della cultura”, edito da Rizzoli nel 2019.

È il sogno anche dell’Fbi, che lo ha inserito al secondo posto della sua top ten art crimes immediatamente dopo i reperti saccheggiati in Iraq nei siti archeologici e nel Museo Nazionale. Quindi in assoluto è il quadro più ricercato al mondo, con un valore stimato di 20 milioni di dollari, sicuramente sottovalutato rispetto al mercato dell’arte immortale. Infatti la Donna con l’orologio di Pablo Picasso è stata venduta all’asta da Sotheby’s a New York per 139,3 milioni di dollari nel novembre dello scorso anno.

Ho tentato in maniera insistente di avere informazioni sulle indagini dal Comando per la Tutela del patrimonio culturale. Mi è stato risposto in maniera cortese ma lapidaria che “siamo spiacenti di non poter esaudire la sua ultima richiesta in quanto per l’argomento in questione sono in corso indagini di polizia giudiziaria segretate”. La gentilezza dell’ufficio stampa del Comando Tps mi ha comunque consentito di recuperare il bollettino periodico delle opere d’arte trafugate, nel quale compare la Natività (n. 1, anno 1972, pag. 204)

Il murale dell’artista argentino Francesco Bosoletti ispirata al capolavoro scomparso nel quartiere palermitano dello Sperone

L’ associazione Amici dei Musei Siciliani. La Natività non è stata dimenticata dal volontariato, che in questi anni si è speso con intelligenza e impegno nella valorizzazione dell’opera trafugata e del contesto culturale che la ospitava. È il caso dell’associazione Amici dei Musei Siciliani, che non a caso ha sede presso l’Oratorio di San Lorenzo, in via Immacolatella al civico n° 5, che gestisce con eventi, stage, tirocini, performance di artisti, uniti a un efficiente servizio di guide e di attività didattiche. L’associazione ha mantenuto viva l’attenzione per il Caravaggio inserito in un ricco circuito artistico. Tra i siti figura Palazzo Gangi, che a gennaio ha aperto al pubblico i saloni meravigliosi nei quali Luchino Visconti girò alcune scene del Gattopardo, tra le quali l’iconico valzer di Claudia Cardinale e Burt Lancaster. Ha collaborato da ultimo con l’Accademia di Belle Arti di Palermo e l’Alleanza Creativa Sperone 167 per la realizzazione, da parte dell’artista argentino Francisco Bosoletti, di un gigantesco murale dipinto con la tecnica al negativo nel popoloso quartiere palermitano dello Sperone.

L’opera d’arte, inaugurata a Natale scorso ed ispirata al capolavoro scomparso, è finalizzata alla rieducazione della coscienza collettiva su una ferita non rimarginata della città, come dichiarato dal presidente dell’associazione, Bernardo Tortorici di Raffadali. “Crediamo che l’aver voluto seguire la pista mafiosa sia stato, alla luce delle mille fantasiose versioni fornite, un errore investigativo che ha fuorviato le indagini lasciandole in mano ad improbabili personaggi; sulla scorta di analisi ragionate sui modi e sui tempi dell’azione criminale riteniamo che la mafia, se coinvolta, possa soltanto avere avuto un ruolo logistico e che l’ipotesi di un furto su committenza debba avere una rilevanza ad oggi inesplorata, dichiara senza mezzi termini il presidente, che è anche fondatore dell’associazione. Riteniamo e speriamo che il quadro sia ancora in vita da qualche parte nel mondo; non ci arrendiamo alla sua assenza ed infinite, nel corso degli anni, sono state le iniziative che abbiamo portato avanti nel tentativo di mantenere i riflettori accesi su questa incredibile storia”, conclude, ritenendo che la fortuna o il caso possano essere decisivi per il ritrovamento.

Un ritratto di Caravaggio di Ottavio Leoni

Conclusioni. È difficile immaginare una storia meno intricata di questa, in perfetta sintonia con il protagonista principale, che in vita ne aveva viste e combinate di tutti i colori, facendosi perdonare per il suo genio. Il mancato ritrovamento della Natività fa il paio con la fine misteriosa del pittore, che sarebbe morto nel luglio 1610 a Porto Ercole in circostanze avvolte dal mistero. Era in attesa spasmodica della revoca della condanna capitale da parte del papa Paolo V, considerata imminente dai suoi potenti protettori, che lo aveva costretto a vagabondare tra Napoli, Malta e la Sicilia dove aveva comunque lasciato testimonianze uniche della sua arte. Il condono era giunto postumo da parte dei milioni di appassionati che ancora lo amano e affollano i musei e le chiese che espongono le sue opere. Anche l’Oratorio di San Lorenzo, nonostante la mancanza della tela (sostituita da una copia in altissima definizione), conta un numero importante di visitatori.

Aveva ragione Leonardo Sciascia nella trasfigurazione narrativa a intitolarla Una storia semplice. Cosa c’è di più semplice di una serratura malandata posta a protezione di un capolavoro, oppure del balletto dei pentiti con dichiarazioni contenenti più ombre che luci, le storie dei millantatori, le false rivelazioni? Non avevano aiutato all’epoca i cattivi rapporti tra il Soprintendente e don Rocco Benedetto, quando il parroco era stato contattato dai ladri per intavolare una trattativa. Delle tracce investigative importanti erano andate perdute per sempre. Non è credibile, condividendo in ciò l’opinione del presidente dell’associazione Amici dei Musei Siciliani, che in un quartiere “controllato” come la Kalsa dei ladri abbiano potuto asportare un capolavoro senza l’autorizzazione dei capimafia. Peraltro in un contesto storico e geografico nel quale il furto e l’asportazione di opere d’arte e reperti archeologici era diventato un grande business per le organizzazioni criminali, calcolato in un numero di 4.248 furti d’arte in Sicilia nel periodo 1967-1972 dal saggista e drammaturgo Luca Scarlini, un profondo conoscitore delle traversie della Natività.

La giornalista d’inchiesta Rosaria Capacchione, vive sotto scorta

La suddivisione della tela in 4 o 6 parti, delle quali scrive la Commissione parlamentare antimafia nel 2018 sulla scia delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaetano Grado, non avrebbe dovuto far aumentare proporzionalmente le possibilità di ritrovamento in un arco temporale di 54 anni? O almeno di uno dei pezzi? Peraltro nello stesso periodo l’azione delle forze di polizia nazionali (a partire dai 300 detective dell’arte in forza al Comando tutela patrimonio culturale) e della cooperazione internazionale si è intensificata con un numero significativo di indagini positive, salvataggi e ritrovamenti. Il lavoro della Commissione parlamentare antimafia, guidata da Rosy Bindi, è stato comunque significativo per una riaffermata sensibilità delle Istituzioni a difesa dell’arte ferita e per dare nuovo impulso alle indagini di magistrati e investigatori. Della Commissione faceva parte, durante l’esperienza di senatrice della Repubblica nella XVII legislatura, la giornalista Rosaria Capacchione che da molti anni vive sotto scorta per le minacce ricevute a causa delle inchieste contro il clan dei Casalesi e la camorra.

Ecco cosa ha scritto proprio per Patria Indipendente, Rosaria Capacchione, che ringraziamo:
«Il fascino del giallo e la voglia di approfondire il mistero, senza troppa speranza di scoprire finalmente la verità sulla sorte della Natività del Caravaggio, rubata e scomparsa nell’ottobre del 1969. Con questo spirito la Commissione antimafia, nella XVII legislatura, ha approfondito tutto quanto era possibile approfondire sul furto e sul destino della tela, senza riuscire ad andare oltre un ventaglio di ipotesi. Troppe fonti “de relato”, troppe contraddizioni, troppo anche il tempo trascorso. E, su tutto, la suggestione letteraria, il marchio indelebile che ha lasciato l’ultimo scritto di Leonardo Sciascia, “Una storia semplice”, il più pessimista e forse il solo in cui la parola mafia non compare mai, pur essendo inequivocabilmente una storia di alta mafia. Alla fine dei lavori, ciascuno dei commissari ha votato la relazione conclusiva lasciando aperta una finestra sull’eventualità che il quadro non sia andato distrutto ma che sia nascosto nel caveau di un ricco collezionista. Una delle sorti ipotizzate, attendibile quanto le altre di segno opposto.
Se c’è ancora una residua possibilità di scoprire il destino della tela, a parte la confessione del suo attuale (ipotetico) possessore, è affidata ancora una volta a un collaboratore di giustizia: Raffaele Imperiale, napoletano, camorrista, broker del narcotraffico, collezionista di opere d’arte, che ha già fatto ritrovare altri capolavori rubati e scomparsi. È il caso di due quadri di Vincent Van Gogh (“La spiaggia di Scheveningen prima di una tempesta” e “Una congregazione lascia la chiesa riformata di Nuenen”), sottratti dal museo di Amsterdam nel 2002 e allo stesso riconsegnati. Chissà che non sappia anche del Caravaggio». Rosaria Capacchione

I suoi quesiti, inseriti nell’ambito di una articolata riflessione, potrebbero rappresentare uno spunto investigativo nuovo. Perché non si chiede un aiuto, per riportare a casa la Natività, al collaboratore di giustizia Raffaele Imperiale? D’altro canto Imperiale, ricorda, era anche un collezionista d’arte e aveva dato un contributo decisivo per il ritrovamento di due Van Gogh rubati al museo di Amsterdam nel 2002. “Chissà che non sappia anche del Caravaggio”, conclude. Un suggerimento utile perché “Ancora una volta voglio scandagliare scrupolosamente le possibilità che forse ancora restano alla giustizia”, riprendendo in proposito l’aforisma dello scrittore e drammaturgo Friedrich Dürrenmatt, che Leonardo Sciascia aveva scelto come epigrafe di Una storia semplice.

                                                                                                          Silvio Masullo


CRONOLOGIA

5 aprile 1600: Caravaggio si impegna con il mercante Fabio Nuti, per un compenso di 200 scudi, a dipingere un quadro “cum figuris”. L’opera sarebbe stata consegnata a novembre dello stesso anno a Roma e successivamente trasferita a Palermo.
3 maggio 1969: l’Arma dei Carabinieri crea il Comando per la tutela del patrimonio culturale (TPC), inserito funzionalmente nel ministero della Cultura, con sede a Roma ed articolazione in sedici nuclei territoriali, tra i quali uno dislocato a Palermo.
17-18 ottobre 1969: durante la notte alcuni ladri si introducono nell’Oratorio di San Lorenzo, nel quartiere della Kalsa di Palermo, e rubano la Natività coi santi Francesco e Lorenzo del Caravaggio.
18 ottobre 1969: nel primo pomeriggio le custodi, le sorelle Emilia e Maria Gelfo, si recano in chiesa per prepararla alla messa del giorno dopo e danno l’allarme.
20-21 ottobre 1969: il giornalista Mauro De Mauro ne dà notizia su “L’Ora”. De Mauro sarà rapito dalla mafia il 16 settembre 1970 e mai più ritrovato. Ne scriverà più volte sui quotidiani anche lo scrittore Leonardo Sciascia, autore venti anni dopo del romanzo “Una storia semplice”, ispirato al furto.
Nei giorni successivi, secondo le dichiarazioni del pentito Gaetano Grado (incaricato da Stefano Bontate per sovrintendere il territorio della famiglia mafiosa di Palermo centro), il quadro viene consegnato a Gaetano Badalamenti, rappresentante di tutte le famiglie mafiose siciliane. U Caravaggiu  (secondo la definizione del capomafia di Cinisi) era stato nascosto dai ladri, che avrebbero agito in proprio, in una casa diroccata di un quartiere malfamato della città (fonte: verbale commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosy Bindi, approvato il 21 febbraio 2018).
Gaetano Badalamenti avrebbe venduto il quadro ad un anziano ricettatore di opere d’arte di origini svizzere, che “…Non faceva altro che guardare il quadro, e piangere. E Gaetano Badalamenti lo sfotteva. […] Piangeva, piangeva… Gaetano Badalamenti l’ha preso per stupido” (dichiarazioni del pentito Gaetano Grado, in data 11 maggio 2017, ai delegati della commissione parlamentare antimafia).
1984: il giornalista britannico Peter Watson, autore del libro “The Caravaggio Conspiracy”, racconta di essersi finto acquirente della Natività con un ricettatore di opere d’arte. L’incontro per l’esame della tela, fissato a Laviano (in provincia di Salerno) nella serata del 23 novembre, non si era tenuto per il devastante terremoto che aveva colpito la Campania e la Basilicata (23 novembre 1980), facendo 303 vittime nello stesso paese (un quinto della popolazione). La versione del giornalista era stata verificata dagli inquirenti senza trovare alcun riscontro oggettivo.
1991: esce nelle sale “Una storia semplice”, ispirato al libro di Sciascia, diretto da Emidio Greco e con interpreti del calibro di Gian Maria Volonté, Massimo Dapporto, Ennio Fantastichini, Ricky e Gianmarco Tognazzi, Massimo Ghini.
2001: testimonianza, filmata dal regista Massimo D’Anolfi presso la Cappella Palatina di Palermo e ricostruita nel 2019 dal quotidiano britannico “The Guardian” (https://www.theguardian.com/artanddesign/2019/sep/24/stolen-caravaggio-lost-video-sicilian-mafia-boss), di monsignor Rocco Benedetto, all’epoca parroco dell’Oratorio di San Lorenzo. Nella stessa il religioso rivela che i ladri lo avevano contattato alcuni mesi dopo il furto tramite una lettera con invito ad inserire una determinata inserzione sul Giornale di Sicilia, materialmente fatta a cura della Soprintendenza beni culturali di Palermo. Successivamente aveva ricevuto un’altra lettera, contenente un frammento della tela, nella quale veniva reiterata la richiesta di un’inserzione sul giornale finalizzata all’avvio di una trattativa. Il Soprintendente “non l’ha voluta fare, non ho capito perché” dichiara il parroco.
2006: viene pubblicato il saggio di Jonathan Harr “Il Caravaggio perduto”, edito da Rizzoli, nel quale si ricostruisce il ritrovamento nel 1990 in una casa di gesuiti di Dublino della “Cattura di Cristo”, opera del Caravaggio.
2007: viene pubblicato il giallo di Andrea Camilleri “Il colore del sole”, edito dalla Mondadori, ispirato al soggiorno del Caravaggio a Malta e in Sicilia.
2010: viene pubblicato il libro di Alvise Spadaro “Il Caravaggio scomparso. Il mistero del quadro rubato e la sua unica copia”, editore Bonanno, con una ricostruzione dei fatti rilevanti collegati con il furto della Natività e della sua unica copia. Dello stesso autore ed editore, per approfondire il soggiorno siciliano del pittore maledetto, “Caravaggio in Sicilia. Il percorso smarrito”, 2008.
12 dicembre 2015: presentazione, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, della riproduzione della Natività, realizzata dalla società madrilena Factum Arte (guidata dall’inglese Adam Lowe) con tecniche ad altissima tecnologia e finanziata da Sky. La “rimaterializzazione”, realizzata da un team di informatici, storici dell’arte, conservatori, restauratori ed architetti, è stata collocata nella cornice originale del quadro trafugato.  In tale occasione è stato presentato il documentario “Operazione Caravaggio. Mystery of the Lost Caravaggio“, prodotto da Sky e distribuito da Sky Arte HD.
22 febbraio 2018: il Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta Rosy Bindi trasmette ai Presidenti della Camera Laura Boldrini e del Senato Pietro Grasso la relazione sul furto della Natività, approvata nella seduta svoltasi il giorno prima. Le conclusioni sono denominate “Una storia semplice”, con riferimento all’ultimo romanzo di Leonardo Sciascia.
Giugno 2018: la Procura di Palermo riapre l’inchiesta sul Caravaggio rubato. Il fascicolo, a carico di ignoti, viene assegnato all’aggiunto Marzia Sabella e al pm Roberto Tartaglia. In passato l’indagine era stata sempre archiviata.
Ottobre 2018: il Vaticano attiva ufficialmente i suoi servizi segreti (denominati l’Entità) per la ricerca dell’opera, a poche settimane (15 settembre) dalla visita pastorale di Papa Francesco alla diocesi di Palermo in occasione del 25° anniversario della morte di don Pino Puglisi, assassinato dalla mafia.
2022: viene pubblicato il giallo di Annalisa Stancanelli, edito da Mursia, “Il mistero Caravaggio. Per un quadro si può uccidere”.