«Ogni età ha un’arte speciale. L’artista deve studiare la società in cui vive e capire l’arte che gli è data». Con questa riflessione, il pittore piemontese Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907) si prepara a realizzare Il Quarto Stato, uno dei quadri simbolo del XX secolo, oggi conservato nelle sale del Museo del Novecento di Milano e divenuto un’allegoria delle battaglie politico-sociali dei lavoratori. L’opera rappresenta l’ascesa del proletariato: una folla di uomini e donne che, insieme, marciano per i propri diritti. Sono contadini e lavoratori pronti a manifestare per i propri diritti, guidati da due uomini e una donna che, a piedi scalzi e con in braccio un bambino piccolo, esorta i manifestanti a seguirla. È lo stesso autore a descrivere l’opera: «Il Quarto Stato è un quadro sociale – afferma – rappresentante il fatto più saliente dell’epoca nostra, l’avanzarsi fatale dei lavoratori».
Si tratta di un quadro epocale perché, per la prima volta nella storia dell’arte italiana, un pittore sceglie di rappresentare l’ascesa del movimento operaio nella vita nazionale del Paese. Per Pellizza la questione sociale è un tema imprescindibile dall’arte e, con la sua pittura, afferma il principio di emancipazione del popolo. Un principio che deve essere reso pubblico in modo «forte e inesorabile».
La genesi della tela è lunga e complessa: Pellizza inizia a lavorare al soggetto il 16 luglio 1895, ma ci vorranno sei anni per concludere il lavoro. Da qualche tempo è vicino al pensiero di Filippo Turati, fra i fondatori a Genova del Partito dei Lavoratori Italiani (1892), che diventerà poco dopo il Partito Socialista Italiano (1895), e nel concepire il suo lavoro, Pellizza pensa ad una composizione nella quale affermare i propri ideali. Convinto dell’inarrestabile avanzata dei lavoratori, che definisce gli «antesignani del progresso», e del principio di eguaglianza sociale, l’artista realizza numerosi bozzetti, attraverso i quali indaga il tema della protesta popolare e dello sciopero.
Sono del 1892 le prime prove ad olio dal titolo Ambasciatori della fame, dove un gruppo di persone indefinite sono raffigurate in marcia in una giornata di sole, nella piazza di palazzo Malaspina, a Volpedo, simbolo del potere signorile. Guidano il corteo tre figure maschili, due adulte e un giovane: sono i rappresentanti, appunto, scelti per interloquire con il padrone per rivendicare i propri diritti.
Tuttavia, questa versione non soddisfa il pittore, che decide di rivedere la composizione creando un quadro di più grandi dimensioni: Fiumana. Qui immagina «una massa di popolo, di lavoratori della terra che, intelligenti, robusti, uniti, s’avanzano come “fiumana” travolgente ogni ostacolo che si frappone per raggiungere il luogo ov’ella trova equilibrio». In questa versione abbandona le ampie pennellate preferendo il Divisionismo, una tecnica basata su principi scientifici dove i colori sono posti puri sulla tela a piccoli puntini, e la cui sintesi cromatica si realizza nella retina dell’osservatore. L’effetto luministico è di maggiore intensità e la costruzione più espressiva. Pellizza ritrae i protagonisti frontalmente e a guidare il corteo introduce la figura di una donna con un neonato in braccio. I lavoratori appaiono in tutta la loro forza, bellezza e dignità.
Anche questa volta però, l’artista non è completamente soddisfatto e continua a realizzare bozzetti e schizzi. Adottando una tela ancora più grande, nel 1899 l’artista comincia a lavorare a Il cammino dei lavoratori, poi divenuta nella sua versione definitiva del 1901 Il Quarto Stato. Ora le figure non sono più indistinte e avanzano in una calda luce solare. Si possono riconoscere in prima fila Giovanni Zarri, detto Gioanon, falegname di Volpedo, Teresa Bidone, moglie di Pellizza, e Giacomo Bidone, anch’esso falegname. Scegliere la tecnica divisionista significa per Pellizza affermare il potenziale sociale dell’arte, veicolo di idee di progresso e democrazia. Attraverso il Divisionismo, Pellizza non descrive solamente il “vero”, ma mostra la realtà dei fatti elaborati con il pensiero. In questo senso, alla formula l’arte per l’umanità, Pellizza sostituisce l’arte per l’idea, promuovendo di fatto una pittura carica di significato politico e sociale, perché, afferma l’artista, «l’ideale non muore e questa nostra età così indifferente e così scettica in apparenza cova grandi cose». Ovvero l’emancipazione dei lavoratori. I lavoratori sono infatti, per l’artista, una grande potenza in grado di costruire una società nuova per tutto il popolo. Con il Divisionismo, in sostanza, Pellizza racconta la lotta di classe del proletariato, sostenendo che la «forza vera sta nei lavoratori che con tenacia nei loro ideali obbligano altri uomini a seguirli o a sgombrare il passo perché non c’è potere retrogrado che possa arrestarli».
Il Quarto Stato, dunque, per la sua portata storica e culturale è un’opera universale, fondamentale per l’arte italiana ed europea, maltrattata solamente dall’oblio del periodo fascista. Ed è proprio dalla classe operaia del nord d’Italia, con gli scioperi del marzo del 1943 e del 1944, che arriva il forte impulso popolare per avviare e consolidare la lotta di Liberazione nazionale contro l’occupante nazista e il regime fascista. A distanza di più di un secolo, osservare questo olio è sempre necessario, per non dimenticare l’importanza del diritto al lavoro, troppo spesso precarizzato, impoverito di ogni diritto e soggetto alle logiche affaristiche dei padroni.
La nostra Costituzione afferma che «l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro», e specifica come sia «compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale» per dare la dignità di classi dirigenti a tutte le persone che lavorano. In questo senso è ancora piena di ostacoli e di pericoli la strada che i lavoratori devono percorrere per affermare il diritto al lavoro. Per questo, tutti i soggetti, i movimenti, le organizzazioni collettive, come in una grande fiumana, devono essere sempre vigili contro quelle azioni e leggi che compromettono il significato costituzionale di una società fondata sul lavoro.
In occasione del prossimo Primo Maggio, Festa dei Lavoratori, un pensiero non può non essere riservato al Quarto Stato e alle lotte antifasciste per l’uguaglianza, la democrazia e la pace.
Francesca Gentili, critica d’arte
Pubblicato venerdì 22 Aprile 2016
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