A distanza di alcuni anni, torniamo a dialogare con Guido Vitiello, professore di Teoria e storia del linguaggio cinematografico alla Sapienza di Roma, attorno alla sua ultima impresa, ovvero il saggio Joker scatenato. Il lato oscuro della comicità, edito da Feltrinelli Gramma (pp 173, euro 17). Un volume che non è solo un’indagine storica sulla comicità degli ultimi due secoli, ma una sapientissima analisi dell’uso culturale che del riso è stato fatto in passato e soprattutto oggi da quei leader politici che sono a un tempo buffoni e tiranni, troll mediatici e capi di Stato.

Partiamo dunque dall’inizio: Chi è Joker? Perché Joker?
Joker è l’arcinemico di Batman, ma negli ultimi anni ha soppiantato il supereroe vendicatore: la sua presa su quello che i tedeschi chiamano Zeitgeist, o spirito dei tempi, è infinitamente più forte. Ho scelto di mettermi alla sua guida perché lo spirito dei tempi è molto difficile da misurare, non basta aprire la finestra e annusare l’aria, serve un anemometro più raffinato. Così mi sono rivolto al clown prince of crime, che incarna a perfezione la strana congiunzione tra comicità e aggressività che mi sembra regnare ovunque, dai palazzi presidenziali ai social network. È il lato oscuro del nostro “carnevale perpetuo”.

Qual è il nesso tra riso e violenza?
È un nesso antichissimo, per alcuni addirittura genetico: intendo dire, con questo, che secondo autori molto disparati – etologi, filosofi, antropologi, letterati – nella sua essenza il riso è una forma di violenza sublimata e civilizzata. Mostriamo i denti al nostro prossimo invece di sbranarlo. Lo sappiamo dai tempi di Omero – Tersite schernito da Odisseo tra le risate dei condottieri achei – ma abbiamo preferito accantonare questa verità. Ci siamo illusi, negli anni d’oro della televisione generalista, che la comicità potesse funzionare come uno strumento di pacificazione, una specie di gas esilarante capace di metterci tutti d’accordo: a questo servivano le risate registrate nelle sitcom, a creare un mondo in cui si ride all’unisono. Così ci siamo dimenticati che il gas esilarante è l’arma principale di Joker, e che al di sopra di una certa dose è un gas venefico. Anzi, letale.

Una piccola parentesi, ma istruttiva: parlaci della risata di Hitler…
Pochi lo hanno visto ridere, e dobbiamo affidarci alle loro testimonianze. Sappiamo da persone della sua cerchia che Hitler conosceva solo il riso di trionfo e di scherno, non il riso gioviale; e sappiamo che amava fare imitazioni malevole dei suoi nemici e che si divertiva a dileggiare davanti a tutti i suoi sottoposti. Senza poterlo sapere, Charlie Chaplin lo aveva indovinato: le umiliazioni inflitte dal Grande dittatore ai suoi Herring e Garbitsch, ossia Goering e Goebbels, erano molto consone ai modi del vero Hitler. In altre parole, il Führer conosceva solo il riso di Joker, il riso maligno.
E com’è successo che il riso, il divertimento perpetuo, la barzelletta crudele abbiano preso il sopravvento nella nostra società? Dopo la morte di Dio, c’è stata anche quella del Carnevale?
Il momento cruciale è tra le due guerre mondiali. In quegli anni, molti si interrogano sulla morte del Carnevale, ossia sul declino di un rito delimitato nel tempo e nello spazio che consentiva di scatenare il riso più selvaggio e dissacratore, di evocare il caos per poi tornare a rinchiuderlo nella sua gabbia alla fine della festa. Sono anni decisivi. Per un verso, ci si chiede se il Carnevale abbia ancora senso in società che hanno continue occasioni di divertimento offerte dalla nascente industria culturale; per altro verso, si adombra l’ipotesi che le forme moderne del Carnevale siano la rivoluzione e la guerra. È un dilemma che torna attuale, più di quanto pensassi quando ho cominciato a scrivere il libro.

Parlando di Psycho, sostenevi anni fa che Hitchcock fu, quella volta, un mistagogo, un imbonitore, un illusionista che, attraverso il mortifero sogghigno di Anthony Perkins, incantava lo spettatore facendone scaturire due fenomeni gemelli, l’innamoramento e il malocchio. Ora, quella medesima smorfia sta anche sulla bocca di uno come Trump. È uno strumento per incantare l’elettore?
È sulla bocca di Trump, certo, ma si può dire che è sulla bocca di tutti. E infatti in alcune pagine del libro, che ammetto essere molto congetturali e spericolate, cerco di mettere in relazione il sorriso sbieco di Trump, il sorriso diabolico che imperversa negli horror contemporanei dai tempi di Nightmare (oggi si può pensare a una saga come Smile) e i mille sorrisi incorporei che ci scambiamo sui nostri dispositivi, dagli emoticon agli emoji. Oggi la duplicità del sorriso – un messaggero di pace che avanza sotto le insegne di guerra dei denti schierati, come notò Konrad Lorenz – si fa sentire in modo molto acuto.

Joker è uno che, dopo averti incantato, manipolato, illuso, ti uccide, letteralmente, con una risata. Fuori di metafora, nella società, nei social network, in politica, questo cosa significa?
Significa che oggi la comicità è diventata non solo un campo minato (pensiamo alle infinite polemiche degli ultimi anni su battute o vignette considerate offensive), ma anche uno strumento di lotta. I comici entrano in politica, a volte con grande fortuna elettorale. E i politici assumono lo stile e la postura dei comici. In questo Trump è maestro, basta guardare uno qualunque dei suoi comizi: fa le imitazioni, fa le smorfie, crea nomignoli per tutti, procede per continue iperboli. È uno stand-up fatto e finito. Ma non punta a far ridere tutti: si rivolge solo ai suoi. E questo è un segno dei tempi: nei nostri giorni Joker – basta guardare il film di Todd Phillips – è il capo di una insurrezione ridanciana che usa la risata come una clava. Il nostro panorama è disseminato di bande sarcastiche, ciascuna con il suo clown maligno, che si combattono sui social network. Invece il Joker degli anni Ottanta – quello del film di Tim Burton, per intenderci – intossicava la città con il troppo divertimento. Erano gli anni in cui Neil Postman scriveva il celebre pamphlet Divertirsi da morire. Era, insomma, il tardo impero televisivo. Oggi siamo in preda alle invasioni barbariche della rete.

La risata di Joker, ancorché poco rassicurante, funziona perché in qualche modo attiva un meccanismo di identificazione?
In un certo senso sì. La psicanalisi conosce un meccanismo di difesa chiamato “identificazione con l’aggressore”. I nazisti, grandi nemici di Freud e della sua dottrina, avevano intuito questo segreto. Himmler scrive apertamente che chi ha dalla propria parte le risate ha in pugno la vittoria. Si ride per trionfare su un nemico, per abbatterlo come una preda. E molti si aggregano alla muta di caccia.
Esiste un antidoto a questo genere di risata?
Se esiste, non lo abbiamo trovato. Di certo non lo abbiamo trovato noi italiani, che con Berlusconi prima e Grillo poi siamo stati il laboratorio dei tempi nuovi. Sul piano simbolico – quello elettorale è un altro affare – Berlusconi non lo ha sconfitto neanche la morte. Quanto a Trump, lo aveva quasi sconfitto il Covid. Ma non siamo così disperati da doverci augurare un’altra pandemia!
Giacomo Verri, scrittore e insegnante
Pubblicato domenica 18 Maggio 2025
Stampato il 19/05/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/librarsi/il-ghigno-inquietante-di-joker-che-vorrebbe-seppellire-la-risata/