Dino Grassi da giovane (dal libro “Io sono un operaio”)

“Il 16 dicembre 1940 segna l’inizio della mia attività di lavoratore dipendente. Felice di questo evento non sento il disagio di lasciare assai presto il letto, infilarmi i pantaloncini corti (per indossare quelli lunghi bisognava raggiungere sedici anni o giù di lì) e percorrere i due chilometri di strada per raggiungere il Cantiere in compagnia di mio padre che pure da circa sei mesi, ne era dipendente; freddo pungente e buio ancora perché, mi sembra, causa lo stato di guerra era in vigore l’orario legale, cioè l’orologio era spostato in avanti di un’ora”. Con questi appunti meticolosi un giovanissimo operaio descrive il suo primo giorno di lavoro presso il Cantiere Muggiano della Spezia. Chi scrive è Dino Grassi (classe 1926), un operaio, sindacalista, “maestro d’ascia”, militante del Pci e rappresentante del partito presso le amministrazioni locali. Scomparso quest’anno, Grassi ci lascia qualcosa di più di un suo diario di memorie. Nel libro “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”, a cura di Giorgio Pagano (edizioni Ets, 2023), attraverso il racconto delle vicende di fabbrica emerge uno spaccato dell’Italia e delle sue trasformazioni dagli anni Quaranta del primo dopoguerra e della Liberazione fino agli anni Ottanta del Novecento, l’epoca della sconfitta della classe operaia.

Il libro si compone di tre parti. Le memorie di Grassi, una lunga intervista curata da Giorgio Pagano, e una sezione fotografica con scatti che ritraggono la vita privata, la famiglia e l’impegno pubblico (Grassi dopo la sua carriera di delegato sindacale di cantiere e poi di militante del Pci, divenne consigliere regionale). La lettura è scorrevole proprio per la scelta di ricostruire le vicende della memoria con la tecnica diaristica. Il racconto si dipana quindi in ordine cronologico partendo appunto dalla data di assunzione in piena Seconda Guerra Mondiale. Il giovane apprendista diventerà presto un esperto “maestro d’ascia” e nello stesso tempo un riferimento politico per i propri compagni. La sua militanza è cresciuta tutta nel Partito comunista senza il passaggio – come avviene per altre biografie ­ dal socialismo.

Cantiere Muggiano, ampliamento lato ovest, gennaio 1963 (Archivio Fondazione Fincantieri, da “Io sono un operaio”)

La sua Università, viste le ristrettezze economiche della famiglia, fu la fabbrica. “Sin da primi giorni –­ racconta Grassi – sono stato preso da ammirazione per quel miracolo produttivo che andava svolgendosi gradatamente sotto i miei occhi. Navi da carico e sommergibili che avevo trovato in costruzione sugli scali andavano formandosi con l’intervento attento e diligente dei vari reparti coordinati dai tecnici e dai dirigenti”. Il giovane operaio era entrato in un pianeta sconosciuto, ai suoi occhi fantastico, dove oltre alla tecnica e ai miracoli dell’organizzazione del lavoro industriale, scoprirà anche la politica a partire dalla visione non certo rassicurante dei fascisti e dagli uomini con la divisa della X Mas che hanno cercato di farsi sentire e vedere tra gli operai. Una presenza che andrà presto scemando dopo l’armistizio e il procedere vittorioso della Resistenza.

Il varo della Mn Mare Antartico, Cantiere Muggiano, 1966 (Fondazione Ansaldo, Archivio Ansaldo, da “Io sono un operaio”)

I ricordi sono dettagliati (nonostante i tanti anni trascorsi dai fatti) e venati di una notevole ironia, tipica di chi sa prendersi molto sul serio,­ visto che Grassi è stato un militante a tempo pieno per tutta la vita, ma poi senza drammatizzare. Molti gli aneddoti che aiutano il lettore a rivivere quel clima. Visto che il 7 e il 22 del mese erano giorni di paga, gli operai avevano parafrasato “l’A noi” fascista, con un “A noi er sete e er vintidoi”. O come quando il maestro d’ascia racconta la sua breve, ma intensa esperienza come violinista, una passione quella del violino che purtroppo, per i tempi della sua vita, non ha potuto sviluppare negli anni.

Manifestazione dei lavoratori del Cantiere Muggiano, La Spezia, 1965. (Archivio della Documentazione Fotografica e Multimediale “Sergio Grefoso”, da “Io sono un operaio”)

Anche l’esperienza sindacale è descritta in modo rigoroso e approfondito, riuscendo a trasmettere le grandi difficoltà di rapporto tra la Cgil (comunista e socialista) e gli altri due sindacati confederali, Cisl e Uil. Difficoltà e rotture politiche e sindacali che si sono andate approfondendo nel corso degli anni Cinquanta, epoca di Guerra Fredda e di attacco alle lotte dei lavoratori da parte di un’imprenditoria italiana che è sempre stata conservatrice e opportunista. Il quadro politico di quegli anni non aiutava certo: basti pensare alla Legge Truffa e alle azioni di Scelba.

Disegno di Francesconi sulla lotta dei lavoratori del Cantiere Muggiano (“l’Unità”, 11 febbraio 1962, da “Io sono un operaio”)

Ma uno dei punti d’interesse di questa pubblicazione riguarda la capacità dell’autore (sia nella parte della Memoria, sia nella parte dell’intervista curata da Giorgio Pagano) di guardare senza ritrosie anche in casa propria, ovvero nell’esperienza politica del Pci e della Cgil. Scritto nei nostri giorni, il diario di Grassi, fornisce anche spunti per riflettere sul percorso storico della sinistra italiana, sulla sua evoluzione e involuzione. Le considerazioni, in taluni passaggi, diventano anche un po’ amare. “C’è di che preoccuparsi ­– scrive il militante Grassi ­– per chi, come me, continuando nel solco generazione di famiglia della lotta per il socialismo, ha udito affermazioni recenti fatte da un notevole personaggio di quello che fu il Pci e valoroso e stimato come pochi altri, protagonista della Resistenza, secondo il quale nel quadro degli errori compiuti dallo schieramento progressista che pone, ancora oggi, la Resistenza quale momento incancellabile della storia nazionale e punto di riferimento principale anche per gli anni futuri, vi sarebbe stato anche quello di pensare che avremmo realizzato il paradiso terrestre e persino il socialismo”.

Un ritratto di Stalin

La grande storia politica riemerge anche in altri punti del libro, in altri snodi della memoria. Come quando Grassi racconta delle riunioni nella saletta della Commissione interna al cantiere del Muggiano. “Potessero parlare quelle pareti! Racconterebbero delle appassionate discussioni politiche, a cominciare da quella sul quadro di Stalin. Ci furono compagni che vollero non solo conservarlo, ma anche riservare ad esso una esposizione di rispetto. E così fu, senza per questo cedere a nessuna manifestazione di quella tendenza per cui in seguito, e con significato comunque e sempre negativo, fu usato il termine stalinista”.

Assemblea dei lavoratori del Cantiere Muggiano, Casa del Lavoratore, primi anni Sessanta (Archivi della Documentazione Fotografia e Multimediale “Sergio Frego”, da “Io sono un operaio”)

La memoria di Grassi e le risposte alle domande di Pagano sono un continuo alternarsi di ricordi sindacali ed economici (i vari passaggi dei gruppi industriali, Ansaldo, Oto Melara, ecc.) e ricordi-riflessioni politiche. Soprattutto per quanto riguarda i grandi salti degli anni Sessanta e Settanta. “Sulla scena internazinale ­ ricorda Grassi ­ il 1964 vedeva l’esonero di Krusciov. Una figura contraddittoria a mio avviso. Ricordo che in riunioni di partito mi ero permesso di far notare che mentre aveva denunciato l’accentramento del potere nelle mani di Stalin, lui aveva fatto altrettanto: segretario del Pcus, capo del governo e delle forze armate”.

Palmiro Togliatti e Giuseppe Di Vittorio ai funerali delle vittime dell’eccidio delle Fonderie Riunite di Modena

Nella memoria di Dino Grassi, ma soprattutto poi nella intervista a cura di Giorgio Pagano, vediamo passare in rassegna, come in un film in bianco e nero, i protagonisti della politica comunista novecentesca: da Gramsci a Berlinguer, da Di Vittorio a Cossutta, passando naturalmente per Lenin, le cui opere erano tra i pochi libri che il giovane Grassi si era trovato in casa (un acquisto del padre comunista). Sui poveri scaffali di casa Grassi, oltre alle opere del grande leader e pensatore comunista, qualche libro di letteratura e poesia, come le opere di Petrarca.

Dino Grassi ritratto durante un’intervista, Sarzana, 2015 (Archivio Cgil – Archivi della Resistenza, da “Io sono un operaio”)

Una vita piena, spesa lottando per la causa comune. Storie di altri tempi, seppellite dal secolo che da breve è diventato lunghissimo? “La tua esperienza di vita cosa lascia ai giovani”, chiede Giorgio Pagano. “La strada è quella: battersi contro le ingiustizie, senza arrendersi mai, con pazienza, coraggio, spirito saggio. Non si costruisce un organismo di lotta abbaiando alla luna, ma avendo contatti molteplici con persone con cui devi ragionare per vedere insieme a loro cosa non va in questa società. La strada è quella: onestà, disinteresse, sincerità, battersi per le proprie convinzioni, camminare per la strada a testa alta sul piano morale, di fronte a chiunque. Pubblica la mia memoria, se proprio vuoi, ma senza il mio nome. La mia natura è sempre stata quelle di non mettermi in vetrina”.

E invece, giustamente, il libro è uscito con nome e cognome dell’autore. Perché è giusto ricordare: le storie e soprattutto le persone che la storia l’hanno fatta.

Paolo Andruccioli