Siamo dentro la visione del mondo postbellico basata sulla logica dei due blocchi con nuovi equilibri da ricreare in Abruzzo, regione chiave per gestire un passaggio epocale. Nelle pieghe della documentazione prodotta dalla Commissione di Controllo Alleata istituita dal generale Eisenhower si snoda il lavoro dello storico Nicola Palombaro, autore del volume Secondo i nostri interessi. Alleati e Resistenza in Abruzzo nella documentazione dell’Allied Control Commission pubblicato dall’editore Tinari.

Nel periodo di interregno tra l’abdicazione del fascismo repubblicano e l’arrivo del governo regio, le strutture di occupazione angloamericane in Abruzzo fecero in modo di garantire le condizioni per il riavvio delle attività politiche e amministrative nella regione e la prosecuzione della guerra contro la Germania hitleriana. L’analisi della documentazione prodotta dall’Allied Command Control per queste esigenze primarie è il fulcro del lavoro di Palombaro in questo volume. Si tratta evidentemente di una documentazione pregiata e autorevole che spiega anche alcuni passaggi nello sviluppo del movimento resistenziale e della ricostruzione materiale e politica del nostro Paese.

Bracciale con la sigla del Cnl

La documentazione utilizzata nella ricerca, quasi del tutto inedita, è composta da circolari interne alla struttura alleata di occupazione classificate perlopiù secret estese a tutte le forze angloamericane impegnate nella Campagna d’Italia, dalla disposizione sul trattamento dei partigiani e nell’immediato dopoguerra dei Comitati di liberazione nazionale, da normative sulla defascistizzazione, da regolamenti sulla formazione di giunte comunali eccetera, tutti obiettivi che dovevano realizzarsi di pari passo con la conduzione della guerra. Il grande argomento delle epurazioni fasciste in Italia qui viene scandagliato, considerando che esistono poche pubblicazioni su questo tema e sono di autori stranieri.

Nella ricerca, i documenti alleati vengono affiancati ad altro materiale proveniente da diversi fondi archivistici, per esempio il fondo dei Servizi Investigativi speciali (poi diventato Sisde e infine Aisi). Secondo i nostri interessi tratta solo dell’Abruzzo certo, ma non va dimenticata, come scrive l’autore citando una fonte, “la stasi del fronte di guerra tra l’autunno 1943 e l’estate 1944 sulla linea Gustav, che tagliava l’Italia tra Ortona e Gaeta, attraversando l’Appennino abruzzese-laziale lungo i corsi del Sangro-Aventino, del Liri e del Garigliano, ha comportato la trasformazione di quelle zone in una sorta di tragico laboratorio di rilevanza nazionale”. Si può certamente dire che in Abruzzo le devastazioni belliche furono sistematiche con la tattica della “terra bruciata” da una parte e i bombardamenti alleati a tappeto dall’altra. In contemporanea nasceva il movimento resistenziale nella zona che poneva importanti quesiti agli Alleati.

Sulmona, campo di internamento

Come spiega Nicola Palombaro nel volume: “L’Abruzzo fu una delle regioni in cui si dovette fare i conti con la scelta in maniera molto precoce, per via della presenza di molti campi di internamento e per prigionieri di guerra”. In Abruzzo inoltre il fronte stazionò per circa nove mesi, con tutte le conseguenze che questo fatto ha comportato in termini di violenze. Altra circostanza non da poco: l’Abruzzo fu la regione nella quale per la prima volta gli ufficiali alleati vennero a contatto con i resistenti. Per questo motivo il lavoro contenuto nel libro può presentare importanti novità nell’analisi di questo particolare periodo.

Nicola Palombaro, storico e presidente Anpi provinciale Pescara

La ricerca proposta non può essere considerata definitiva, né come corpo a sé stante precisa Palombaro, ma ha lo scopo di rispondere ad alcune importanti sollecitazioni. Per esempio, come si sono comportati gli Alleati in merito alla ripresa della vita civile? Agli inizi della ricostruzione economica? Alla defascistizzazione? Oppure quali comportamenti hanno tenuto la Chiesa, i Carabinieri, i notabili locali in questo frangente?

Non si può non rilevare – secondo l’autore – che l’apporto diretto alle vicende partigiane consentì agli ufficiali britannici di poter raggiungere con relativa facilità gli obiettivi della smobilitazione delle formazioni abruzzesi, del disarmo di esse e di un passaggio non traumatico a una condizione di “normalità”. Sappiamo che però gli inglesi temevano il movimento rivoluzionario che avrebbe potuto scuotere l’Italia al termine della guerra: “un fantasma materializzato in Grecia, dove i rapporti di forza apparivano meno favorevoli alle forze resistenziali di quanto non lo fossero in Italia: fu questo timore – continua Palombaro – che spinse i vertici alleati a stringere una sorta di patto tacito con la Chiesa, che paventava i medesimi rivolgimenti sociali e politici sin dalla tarda primavera del 1944”.

Partigiani dell’Elas

Qui l’autore cita la disposizioni sull’agricoltura che andavano in netto contrasto con le idee di favorire le classi subalterne. L’Italia, l’Abruzzo, visti dagli inglesi dovevano risultare alla fine del percorso allineati con le posizioni del blocco occidentale proprio per la posizione geografica centrale nello scacchiere mediterraneo. Una delle terribili conseguenze furono i cosiddetti “peccati di memoria”, locuzione tratta dal titolo del lavoro di Michele Bettini sulla mancata Norimberga italiana che finirono per relegare nel dimenticatoio le numerose stragi fasciste e naziste chiuse in quello che è stato definito “l’armadio della vergogna”.

Partigiani abruzzesi (archivio fotografico Anpi nazionale)

Palombaro sottolinea che c’è un collegamento diretto tra mancata defascistizzazione e violenza, che crebbe in maniera proporzionale mano a mano che ci si allontanava dallo spirito della legge. La violenza del dopoguerra, generata da situazioni pregresse, fu comune in tutto il Paese, da nord a sud proprio come la scia di sangue e terrore lasciata da nazisti e fascisti. Prima di immergersi nel racconto del “caso abruzzese” e della “Resistenza assediata” è utile sottolineare che il volume di Palombaro contiene una bibliografia poderosa frutto di anni di ricerche per dare modo di approfondire i numerosi rimandi storici.

Processi alla Resistenza, il dirigente comunista e partigiano Luigi Longo visita i partigiani incarcerati (archivio fotografico Anpi nazionale)

L’autore – in esergo a uno dei capitoli – inserisce puntuale una citazione di Italo Calvino: «Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzettini di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano». Il dibattito, la discussione, il confronto tra opere note e meno note presente in questa ricerca può dare al lettore un modo in più per capire cosa è stato quel complesso periodo che ha portato a salvare l’onore vero degli italiani, tutti, e di ricominciare potendo dire di essere liberi e vedere l’alba della Repubblica.

Antonella De Biasi, giornalista e scrittrice. Il suo ultimo libro è “Astana e i 7 mari – Russia, Turchia, Iran: orologio, bussola e sestante dell’Eurasia”, Orizzonti Geopolitici