Negli ultimi decenni la storiografia ha portato luce e verità sulle stragi di civili italiani compiute dall’esercito tedesco occupante a partire dal 1943-’44. Impossibile non ricordare le ricerche, solo per fare qualche nome, di Luzt Klinkhammer e Paolo Pezzino, ma non bisogna dimenticare il contributo dell’ANPI, come testimonia un volume edito da Carocci nel 2013 sull’argomento. È noto che le ricerche storiche hanno dimostrato la responsabilità della Wehrmacht (l’esercito tedesco) negli eccidi. Oltre alle SS, e contrariamente a quanto si è affermato per anni nel dopoguerra, anche l’esercito si è macchiato di crimini contro i civili, crimini che secondo le tesi più profonde rientrerebbero nella logica nazista di guerra totale, col suo specifico portato di barbarie deciso dal regime hitleriano. Per l’esercito occupante, l’uccisione di civili rientrava nella lotta contro il movimento partigiano, è famoso il regolamento firmato da Kesselring il 17 giugno del 1944 in cui si invitavano gli ufficiali a lasciar perdere ogni scrupolo umanitario contro i civili, accusati di assecondare le operazioni partigiane, si prevedevano arresti, fucilazioni, incendi di paesi e abitazioni.
La ricerca di Luigi Accattoli, vaticanista del “Corriere della sera”, pubblicata in seconda edizione da Rubbettino, getta luce su una storia pressoché sconosciuta. Tra l’1 e il 2 settembre 1944, il monastero certosino di Farneta (XIV secolo ca.), nei pressi di Lucca, è scenario, dell’irruzione dei tedeschi e, in seguito, della fucilazione di dodici monaci, tra cui il priore don Martino Binz. Nella Certosa si riparavano partigiani, antifascisti e alcuni ebrei con i rispettivi nuclei familiari, nascosti anche nelle vicinanze del convento. Oltre ai dodici monaci, furono trucidati, dal 7 al 10 settembre, circa trenta di quegli ‘ospiti’, mentre altri vennero deportati in Germania.
È da segnalare che la divisione della Whermacht responsabile dei questi assassinî è la stessa che si macchierà degli eccidi di Sant’Anna di Stazzema e Marzabotto. Sicuramente alla segnalazione del convento come rifugio collaborarono i fascisti locali.
La Certosa di Farneta era diventata un punto di riferimento per i perseguitati politici della Garfagnana, cosa rimarchevole per un movimento monastico che dalla sua fondazione aveva scelto la solitudine e la lontananza dal mondo. Nel sito ufficiale dell’ordine, riguardo a quei fatti, leggiamo: “Verso la fine della guerra la Certosa ospitò moltissimi perseguitati; ma la notte del 1 settembre del 1944 le SS s’introdussero con l’inganno, arrestarono e poi uccisero 12 monaci e diversi civili. La comunità era consapevole dei rischi che correva; il procuratore aveva scritto in una lettera ai familiari: ‘se veniamo uccisi vuol dire che è stato per la carità’”. Bisogna aggiungere che il procuratore, con il priore, è una figura importante nel convento e ha compiti di amministrazione in ogni Certosa.
Ma quali sono le ragioni del lungo silenzio su questa vicenda? Accattoli cerca rispondere: da un lato il pudore e la discrezione che sono una caratteristica di quest’ordine millenario, fondato nel 1084, dall’altro l’imbarazzo, dovuto all’antigiudaismo della Chiesa, di fronte al fatto che ebrei fossero stati salvati da cattolici. Bisogna dire che al momento dell’irruzione dei nazisti nel convento c’erano solo due ebrei, Augusto Modena e Italo Moscato.
Solo nel 1999 l’ordine dei certosini fa avere al Vaticano una relazione su quanto accaduto, ora riportata in questa seconda edizione; nel 2001 il Presidente della Repubblica Ciampi ha consegnato la Medaglia d’Oro al Merito alla comunità religiosa. A questo punto non possiamo non far rientrare questo episodio in seno al movimento resistenziale che si era sviluppato tra Massa e Lucca.
Anche don Aldo Mei, parroco di Fiano, nel lucchese, fu fucilato dalle SS nel gennaio del 1944, per aver nascosto ebrei e perseguitati politici del fascismo. In ogni caso si tratta di fatti che a volte fanno fatica a trovare posto nelle storie generali della Resistenza.
Siamo in presenza di autentici martiri in nome carità cristiana, che bisogna assolutamente conoscere e non relegare nell’oblio, anche perché le ragioni delle azioni dei certosini di Farneta non sono direttamente politiche, quanto religiose. Astore Baglione, uno dei sopravvissuti, ricorderà che i religiosi vissero l’attesa angosciante della morte con serenità esemplare, forse facendo, anche senza volerlo, dell’amore di Dio un atto civile in nome della libertà. Giorgio La Pira, ricordando quei certosini che conosceva bene, scrisse: “Sacerdoti e religiosi specie certosini testimoniarono come Maccabei con il loro sangue l’amore e la fedeltà a Dio e al popolo d’Abramo di Isacco e di Giacobbe. Mentre tutto crollava essi videro sperando contro ogni speranza la genesi di una città nuova attorno alla fontana antica”.
E come non ricordare la morte per mano nazista del teologo protestante Dietrich Bonhoeffer e le sue parole prima della morte a Flossenbürg: “Dite che questa è la fine per me, ma anche l’inizio […] credo nel principio della nostra fratellanza universale cristiana che sorge oltre ogni sentimento di odio nazionale e credo che la nostra vittoria è certa”.
Pubblicato lunedì 23 Settembre 2024
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