Lion Feuchtwanger (1884-1958) è stato uno degli scrittori tedeschi di origine ebraica più noti al mondo nel periodo tra le due guerre mondiali. Libri come Süss l’ebreo (1929) e I fratelli Opperman (1933) erano stati dei successi mondiali.
Una testimonianza di prima mano la troviamo al capitolo “Potassio” del Sistema periodico di Primo Levi:
“Nel gennaio del 1941 le sorti dell’Europa e del mondo sembravano segnate. Solo qualche illuso poteva ancora pensare che la Germania non avrebbe vinto; gli stolidi inglesi ‘non si erano accorti di aver perso la partita’ e resistevano ostinatamente ai bombardamenti, ma erano soli, e subivano sanguinosi rovesci in tutti il mondo. Solo un cieco e sordo volontario poteva dubitare sul destino riserbato agli ebrei in un’Europa tedesca: avevamo letto I fratelli Oppenheim di Feuchtwanger, importati nascostamente dalla Francia…”.
I fratelli Oppermann (Levi li chiamava ancora Oppenheim, ma in seguito Feuchtwanger modificò il titolo del libro per la denuncia di un cittadino tedesco omonimo sentitosi offeso dall’essere confuso con una famiglia di ebrei) raccontano l’ondata antisemita in Germania, iniziata nel 1933 con la presa del potere di Hitler, che alcuni anni dopo avrebbe portato milioni di ebrei allo sterminio. Ancora oggi, leggendolo, è impressionante accorgersi della progressiva violenza che si abbatté sui cittadini ebrei tedeschi.
Oggi viene tradotto per la prima volta in italiano un testo dello scrittore tedesco che racconta una storia laterale nella più grande vicenda della seconda guerra mondiale.
Con il nazismo al potere, Feuchtwanger si rifugia in Francia, ma nel 1940, come è noto, quel Paese entra in guerra con la Germania e tutti i tedeschi sul suolo francese vengono rinchiusi in campi di detenzione, anche quelli di cui era nota e manifesta l’opposizione al regime hitleriano.
Come appunto Feuchtwanger: si temeva che ogni tedesco potesse essere spia e informatore dei nazisti. Più o meno la stessa cosa accadeva negli Stati Uniti dal dicembre 1941: migliaia di cittadini americani di origine giapponese furono rinchiusi fino alla fine della guerra in campi di detenzione, uno dei più celebri fu il Manzanar Relocation Camp in California.
A Sanary-sur-Mer, in Provenza, lo scrittore vive il suo esilio da apolide (il Terzo Reich gli ha tolto la cittadinanza), in una condizione relativamente agiata: i suoi libri vendono e sono letti in tutto il mondo. All’inizio della guerra Feuchtwanger assieme ad altri, connazionali ma anche stranieri (come austriaci e cecoslovacchi in fuga dal Terzo Reich), viene trasferito in una ex fabbrica di mattoni improvvisata campo di detenzione, presso Les Milles, a pochi chilometri da Aix-En-Provence.
Da qui inizia il resoconto di una prigionia surreale e grottesca gestita da una burocrazia altrettanto grottesca e surreale, specchio e causa, secondo lo scrittore, della disastrosa sconfitta contro i tedeschi. Ma è soprattutto l’incredulità rispetto a questa nuova situazione che lo lascia sconcertato: “proprio adesso mentre sei sdraiato qui, in tanti angoli del mondo ci sono persone che stanno leggendo i tuoi libri sulla barbarie nazista (…) e tu sei rinchiuso, in condizione pietose, indegne di un uomo, e sospettato di essere un aiutante di quei barbari”.
Il diavolo in Francia diventa il resoconto analitico di cosa può diventare un essere umano in una condizione di cattività come quella subita da Feuchtwanger: la perdita dell’intimità, la lontananza dai familiari (e molti tedeschi avevano una moglie francese), la genesi di nuove gerarchie sociali nel campo, il solito mercato nero di cose varie, la polvere onnipresente, la miseria di un giaciglio di paglia, la mancanza di notizie: un limbo di altissima scomodità e promiscuità su cui incombeva l’avanzata dei tedeschi. Abbandono e incuria, lo scrittore sperimenta tutto il disinteresse che lo Stato francese aveva di fronte a coloro che prima aveva accolto e che adesso rischiava di abbandonare nelle mani del nemico.
Ma soprattutto Il diavolo in Francia è esemplare perché è la descrizione di uomini in uno stato di deprivazione affettiva e materiale che sembra anticipare la letteratura concentrazionaria del dopoguerra e nello stesso tempo ci fa comprendere le vicende dei fuggiaschi tedeschi dal nazismo. Una storia fatta di nomi noti, si pensi ad Hannah Arendt, Bertolt Brecht, Thomas Mann, ma anche a molti sconosciuti oppositori del regime di Hitler. E non a tutti andò bene nella fuga, non per esempio a Walter Benjamin, morto suicida mentre cercava disperatamente di passare in Spagna dalla Francia ormai occupata.
Da questa prospettiva Feuchtwanger rimane un caso a parte, scrittore amato da Roosevelt e Stalin, infatti il suo esilio francese è un esilio da privilegiato: ha soldi, una casa, una moglie e perfino una segreteria, è incredibile quando racconta che arrivò al campo di Les Milles in taxi.
La detenzione avrà una svolta quando ormai i tedeschi sono vicini alla vittoria: da questo primo campo lo scrittore viene spostato a Nîmes e, con la la nascita della repubblica di Vichy, la posizione dei prigionieri di Les Milles si fa difficilissima: “Mi misero in mano un foglio di giornale. Era un giornale fresco di stampa, un giornale locale di Nîmes, e riportava le condizioni dell’armistizio. Ricordo con esattezza quei momenti, ricordo il piccolo formato del foglio, la struttura della frase che annunciava i punti salienti dell’armistizio. Lessi con apprensione, i sensi allertati, clausola dopo clausola, lentamente e velocemente insieme. La clausola diciannove sentenziava che i francesi s’impegnavano a consegnare ai nazisti tutti i cittadini tedeschi che figuravano come ricercati”.
A Nîmes potrà rivedere la moglie, rinchiusa a Gurs, sui Pirenei francesi, in un campo di internamento per tedesche antifasciste in Francia e in seguito liberata. Da qui la storia è semplice: riescono a fuggire a Barcellona, poi in Portogallo e infine negli Stati Uniti, grazie alla mediazione di Eleanor Roosevelt e dell’Emergency Rescue Committee che misero in salvo circa duemila intellettuali, scienziati e artisti europei: “E fu così che ce ne andammo, in tutta fretta, su quella graziosa automobile, fu così che ci allontanammo dal cupo dominio del Diavolo in Francia”.
In seguito Les Milles fu utilizzato come campo di detenzione per gli ebrei francesi. Circa diecimila ebrei uomini, donne e numerosi bambini senza nomi celebri arrivarono a Les Milles, a duemila di loro purtroppo andò meno bene che a Feuchtwanger: tra il 1941 e il 1942 non ci fu nessun comitato internazionale come quello di Eleanor Roosevelt a salvarli da Auschwitz.
Pubblicato lunedì 22 Marzo 2021
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