Lo scorso 8 luglio l’Anpi provinciale di Venezia, l’Associazione “Compagno è il mondo e “Fondazione Rinascita 2007 hanno presentato il libro di Marco Zanetti, Vento di Garbin, dedicato alla figura e alla storia del partigiano veneziano Sandro Gallo, nome di battaglia Garbin (il vento di libeccio in veneziano), partigiano caduto all’età di trenta anni in uno scontro a fuoco con i tedeschi in Cadore il 20 settembre del 1944. Era presente all’incontro in dialogo con l’Autore anche il nipote del partigiano, Maurizio Cecconi, la cui mamma, Anna Gallo, ha partecipato alla Resistenza come staffetta.

I partigiani della Brigata Calvi, fondata da Garbin, alla cerimonia di consegna delle armi a Belluno, 9 maggio 1945 (ISBREC Archivio Resistenza, Belluno)

Si tratta di un libro pregevole, che si caratterizza per il grande lavoro di studio e di ricerca, che si basa su di un’ampia e minuziosa documentazione di archivio e su testimonianze e che presenta quindi la pregnanza del saggio storico, ma che, al tempo stesso, si può leggere come un romanzo, che riesce in diversi passaggi anche a commuovere. Solo per fare un esempio, in una lettera che Zanetti riporta nel suo libro, scritta nel settembre del 1942 dal carcere di Regina Coeli dove Garbin era rinchiuso con l’accusa di disfattismo e antifascismo, il giovane descrive a suo padre i dettagli sulla crudezza della detenzione, ma aggiunge “penso a tutta la mia vita, tanto ho molto tempo a mia disposizione e credo nella vita ancora”. Parole toccanti pensando che solo due anni dopo sarebbe caduto sotto il piombo nazista in Cadore.

Il giovane Sandro Gallo, a sinistra, con i fratelIi Anna e Giampaolo in gita nelle Dolomiti, Rifugio Cantore, alle Tofane, settembre 1934 (Archivio privato famiglia Gallo)

Il libro di Zanetti ricostruisce la storia e la figura coraggiosa del combattente partigiano Alessandro Gallo, ricostruendo nello stesso tempo la storia complessa della Resistenza, nelle sue diverse sfaccettature politiche e militari in Cadore, restituendoci un quadro puntuale della situazione storico politica di quel territorio posto sotto l’amministrazione diretta del Reich, la zona di operazioni delle Prealpi, l’Alpenvorland.

La firma di Garbin – accanto a quella di un altro veneziano, Francesco Barcelloni Spartaco – in calce ad una comunicazione della Brigata Calvi al Comitato provinciale del PCI, 9 luglio 1944 (Fondazione Gramsci, Archivio Brigate Garibaldi, Roma)

Esso getta luce anche sulle tensioni che covavano nell’ambito del CLN locale tra le forze politiche, espressione di classi sociali e di orientamenti politici e ideologici diversi, sul conflitto tra attesismo e moderazione da una parte e la determinazione all’azione, all’impegno militare contro i nazifascisti dei garibaldini dall’altra, dei timori del CNL cadorino della costituzione di una brigata garibaldina sotto il comando dei comunisti Sandro Gallo, Garbin e del commissario politico Spartaco, lo studente veneziano Francesco Barcelloni Corte. Si sarebbe auspicata invece la costituzione di una brigata “autonoma” sotto il comando di un ufficiale alto in grado e ciò non solo in relazione a quel periodo resistenziale ma con lo sguardo già rivolto alla situazione che si sarebbe potuta determinare dopo la fine della guerra, al pericolo “rosso”. Tanto più che geograficamente il territorio interessato era vicino alla Carnia dove erano presenti brigate che subivano l’influenza del Movimento di Liberazione jugoslavo con tutti i problemi connessi ai futuri confini dell’alto Adriatico, problemi su cui si discuteva anche nell’ambito del Partito Comunista.

Ma Sandro Gallo riuscirà, grazie alla sua esperienza militare come ufficiale degli Alpini, al suo carattere fortificato dal carcere e dal confino, alla profonda conoscenza delle montagne e della popolazione del Cadore così come della sua cultura tradizionale, cattolica, condizionata dalla visione prevalentemente anticomunista dei parroci locali, a costituire una brigata garibaldina quasi interamente formata da contadini poveri, che da pochi uomini giunse a diventare una formazione di più di 300 partigiani.

Egli riuscì anche grazie al suo carisma, alla sua grande umanità, a coniugare la tradizione risorgimentale cadorina dell’“odio anti tedesco” ai valori e agli obiettivi resistenziali, a unire la guerra patriottica per la libertà e l’indipendenza dagli occupanti a una guerra per la pace, a una lotta per il riscatto sociale e la dignità della persona. Riuscì a rendere partecipi i suoi garibaldini, evitando fraseologie politiche e partitiche incomprensibili e lontane, del sogno partigiano di un mondo libero e democratico dopo un ventennio di oppressione fascista liberticida e guerrafondaia ma anche di un sogno di un mondo migliore, più giusto, in cui il lavoro fosse dignitoso e non più mero abbrutimento per sopravvivere come sottolineò Alma Bevilacqua, la staffetta partigiana “Anna”, poi scrittrice Giovanna Zangrandi nell’articolo sul “Val Boite”, in ricordo di Garbin due mesi dopo la Liberazione. E non fu certo casuale il nome che fu scelto per la brigata garibaldina da lui costituita e cioè il nome dell’eroe risorgimentale giustiziato dagli austriaci, Pier Fortunato Calvi.

La “Curva dei sindaci”
Lozzo di Cadore

Ma chi era Sandro Gallo? Un ragazzo veneziano di famiglia borghese, di studi classici, laureato in giurisprudenza e studente di filosofia a Padova, avvocato, insegnante al liceo Benedetti dove aveva avuto come studente Cesco Chinello, iniziandolo all’antifascismo (1). Aveva insegnato in Cadore anche ad Arturo Fornasier, suo futuro compagno di battaglia, il partigiano Volpe. Questi per un caso fortunato riuscirà a sfuggire alla morte quel 20 settembre del 1944 tra Lozzo e Domegge, in cui invece Garbin cadrà sotto i colpi delle mitragliatrici dei nazisti insieme ad altri due garibaldini, Mingy e Lilly. Sandro Gallo troverà la morte presso la Curva dei sindaci, posizione più scoperta dove aveva deciso di spostarsi, rispetto al punto più sicuro per un attacco in cui si trovava precedentemente, per fermare il passaggio dei tedeschi temendo un rastrellamento sui suoi uomini a Lorenzago e per evitare una probabile rappresaglia sulla popolazione di Lozzo. È importante sottolineare che quell’azione non era prevista: infatti Garbin avrebbe dovuto recarsi a un incontro finalizzato a fare di lui il nuovo comandante della divisione Nannetti.

Manifesto stampato a Pieve di Cadore nei primi giorni della Liberazione. Sono le parole di mons. Angelo Fiori, arciprete della Magnifica Comunità del Cadore (Archivio IFSML, Udine)

Vorrei chiudere questa recensione aggiungendo che il partigiano Garbin l’ho “conosciuto” attraverso le parole della staffetta Anna e poi scrittrice Giovanna Zangrandi nel romanzo “I giorni veri”. E vorrei riportare in sua memoria un brano che ricorda la sua morte e che è presente anche nel libro di Zanetti:

Arriva uno e ci guarda, ingoia saliva e ci guarda mentre aspettiamo che parli, poi dice
– È morto Garbin.
– Non è vero – ha detto Guido – no, no….
– È lui – conferma l’altro – L’ho visto bene nella cappella di Lozzo.
Si è rimasti lì fermi, fermo tutto, anche il pensiero. Come quando si spezza un osso e il nervo non connette più, per un certo tempo non senti né arto, né male, ma sei come fuori della vita.
Ha detto Guido: Anna vai a vedere.
A Lozzo tre morti sul tavolone della cappella: Lilli, Mingy e lui: i calzoni di fustagno chiaro pieni di sangue sul ventre mitragliato, la camicia a scacchi e ti obblighi a fissargli il viso, terreo, sereno pur con la bocca dischiusa sul sangue raggrumato e nero. Gli sono rimasti aperti gli occhi, ancora limpidi e fissi lontano.
Poi Volpe, quello rimasto vivo, ha raccontato…..
Sul bancone questi morti, non serve restare a guardare i morti, serve a fotografarsi dentro i loro occhi aperti. La bocca di Sandro raggrumata di sangue come le sue parole dentro di noi, serve vendicarli i morti, devo correre avvisare gli altri comandi e i CLN.

“Garbin”

Un ringraziamento come Anpi va allo studioso Marco Zanetti per il suo libro, che fa parte della collana Iveser “Storia e voci del Novecento veneziano”, sulla storia e la figura del partigiano Sandro Gallo, la cui pubblicazione è stata finanziata dalla sezione Anpi Sette Martiri di Venezia. Abbiamo bisogno di conoscere e di far conoscere in particolare nelle scuole la storia resistenziale soprattutto ora, in questi anni di governo di una destra che tende all’autoritarismo, in questo mondo di valori capovolti, dove guerra e disumanità sono al potere.

Di fronte a questa realtà complessa e difficile dove è a rischio la democrazia, dobbiamo operare per far conoscere quei venti mesi fondativi che sono cioè alla base della nostra Repubblica e dalla Carta costituzionale e i suoi valori di pace, di libertà, democrazia, giustizia sociale da anni sotto attacco. Dobbiamo fare memoria attiva, soprattutto di fronte alle politiche di revisionismo e di manomissione storica e di riabilitazione sempre meno strisciante del fascismo storico di questo governo, di fronte a una riforma del Ministro dell’istruzione e del merito Valditara, chiusa ai valori di solidarietà e inclusione. E dunque grazie ancora a Marco Zanetti per questo suo contributo.

Maria Cristina Paoletti, presidente Anpi provinciale Venezia, coordinatrice Anpi regionale Veneto


Note

1) Cesco Chinello, antifascista veneziano, fu uno degli autori della famosa “beffa del Goldoni” del 12 marzo del 1945, che schernì gli spettatori fascisti e tedeschi presenti nel teatro. Si trattò di un’azione simbolica per scuotere l’animo della popolazione e delle forze partigiane beffando i nazifascisti per la loro arroganza sfidandoli a viso aperto. Cesco Chinello e un altro antifascista, entrambi mascherati e armati, irrompono sul palco, si accendono le luci e Chinello tiene un accorato comizio agli astanti inneggiando alla liberazione vicina e i alla fine del nazifascismo. Nonostante fossero presenti molti ufficiali e soldati della GNR, delle Brigate nere, della X Mas non vi fu alcuna reazione poiché altri partigiani avevano gridato che il teatro sarebbe rimasto circondato per mezz’ora, mentre in realtà il gruppo si dileguò. Il giorno successivo la notizia si sparse per tutta Venezia e ne parlarono le radio di tutto il mondo.