È una ricerca-racconto su uno dei più affascinanti periodi della filosofia del XX secolo. Un libro accurato, ironico, colto e istruttivo che ci spiega che cos’è e cos’è stato l’esistenzialismo. Al caffè degli esistenzialisti. Libertà, essere e cocktail di Sarah Bakewell, pubblicato da Fazi Editore (pagg. 470, euro 20), è un viaggio originale che prende per mano il lettore e non lo intossica di concetti o nozioni ma spiega una filosofia affascinante e talmente influente che ha cambiato il corso di molte vite. Protagonisti ovviamente Sartre e de Beauvoir, ovvero “il re e la regina dell’esistenzialismo”, insieme ai loro amici e avversari Camus, Heidegger, Merleau-Ponty e Lévinas.

«Vi è ancora un fascino nostalgico nelle immagini in bianco e nero di Sartre che fuma la pipa seduto al tavolino di un bar, della de Beauvoir con il suo turbante e di Camus assorto con il bavero alzato – scrive l’autrice -. Ma non torneranno più a essere puri e minacciosi come apparivano un tempo. D’altra parte, però, è pur vero che le idee e gli atteggiamenti esistenzialisti si sono integrati così profondamente nella cultura moderna che ormai quasi non li consideriamo più come tali. La gente (quantomeno nei Paesi relativamente prosperi in cui non sono in gioco i bisogni più urgenti) parla di ansia, di disonestà e della paura di impegnarsi. Si preoccupa di essere in malafede, anche se non usa questo termine. Si sente travolta dall’eccesso di scelta fra i beni di consumo, ma al contempo avverte di avere meno controllo che mai», scrive l’autrice. 

Simone de Beauvoir

Forse abbiamo bisogno degli esistenzialisti più di quanto crediamo, come sostiene splendidamente Bakewell. Non che fossero individui perfetti, ma vivevano, sceglievano, si schieravano in un “secolo buio e moralmente compromesso” e alle volte sbagliavano clamorosamente. La passione che l’autrice mette nel tratteggiare personalità, storie di vita e situazioni di tutti questi personaggi fa venir voglia di leggere o rileggere le loro opere. Pensatori interessanti, spesso mitizzati o considerati mostri sacri come Jean-Paul Sartre, che fino alla fine cercò di esprimere se stesso attraverso la scrittura, o Simone de Beauvoir, i cui scritti femministi hanno fatto da apripista a molte conquiste e riflessioni, nel libro vengono raccontati attraverso dettagli e curiosità rintracciati nelle loro biografie.

In un capitolo del volume si parla dell’occupazione e della liberazione di Parigi attraverso le osservazioni della de Beauvoir: “Prese l’abitudine di mettersi un turbante in testa per risparmiare i soldi del parrucchiere e scoprì che le donava. Altrettanto necessario fu per lei imparare a ignorare gli ottusi sermoni moralistici provenienti ogni giorno dal governo collaborazionista”.

Jean Paul Sartre

Sartre, invece, scampato ai lavori forzati nei campi nazisti a causa di un problema agli occhi, riuscì a fuggire anche dallo Stalag 12D, un campo per prigionieri di guerra in Renania, vicino al Lussemburgo. Appena rientrato a Parigi era “fermamente determinato a ricominciare ad agire”. Infatti riunì una decina di amici in un nuovo movimento denominato “Socialisme et liberté”. Questo fu un germe, uno stimolo positivo per dare vita ad altri tentativi di resistenza. Erano ribellioni in miniatura che incoraggiavano altri parigini a fare altri gesti in chiave anticollaborazionista. Radunavano amici al Caffè de Flore che, assieme ad altri caffè, fu l’epicentro della vita sociale di Sartre e della de Beauvuoir, sia durante che dopo la guerra.

Raymond Aron

Per Sartre l’individuo consapevole è una persona impegnata a fare qualcosa con un proposito, nella piena convinzione che questo agire significhi qualcosa. È la persona veramente libera. Non è un caso che Sartre avesse dato molto spazio nella sua filosofia alla libertà, soprattutto quando il suo Paese non era libero. Nel libro si parla anche ampiamente di Martin Heidegger detto “il mago di Messkirch”. Prima delle sue intuizioni filosofiche, poi del suo appoggio al nazifascismo. L’autore di Essere e tempo non chiese mai scusa, non si giustificò mai, nemmeno su sollecitazione dei suoi vecchi allievi che pian piano si allontanarono. Il racconto è sempre affascinante, rigoroso ma anche leggero, proprio perché arricchito dai particolari delle biografie di questi pensatori speciali. «Quando lessi Sartre e Heidegger per la prima volta – scrive Sarah Bakewell – non pensavo che i dettagli della personalità o della biografia di un filosofo fossero importanti. Poco importava della vita; a contare erano le loro idee. Trent’anni dopo sono giunta alla conclusione opposta. Le idee sono interessanti, ma le persone lo sono di gran lunga di più».

Ecco spiegata la passione e il gusto per la ricerca che si assaporano in questo lavoro: un ritratto della complessità umana che parte dagli anni 30 del secolo scorso al Bec-de-Gaz, un caffè di Parigi la cui specialità sono i cocktail all’albicocca, dove assistiamo all’incontro di tre giovani amici: Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir e il loro compagno di scuola Raymond Aron. Da quella chiacchierata tutto ebbe inizio. Buona lettura.

Antonella De Biasi, giornalista professionista freelance. Ha lavorato al settimanale La Rinascita della sinistra scrivendo di politica estera e società. Collabora con Linkiesta.it e si occupa di formazione giornalistica per ragazzi