Quanto ne sanno della Resistenza e della Shoah le fasce più giovani della società italiana? Come affrontano questi temi i quotidiani più importanti a livello nazionale e locale? Abbiamo contezza del valore storico, culturale e politico della memoria?

A questi interrogativi hanno tentato di rispondere i giovani volontari del Servizio Civile Nazionale coinvolti nel bando 2017. Sono stati in grado di farlo grazie a un progetto ad hoc formulato da Arci Servizio Civile e realizzato durante l’anno di servizio da settembre 2017 a settembre 2018.

Che cos’hanno ricercato i volontari? Hanno realizzato un questionario che è stato sottoposto a circa 1.000 giovani fra i 18 e i 30 anni, chiedendo loro cosa sapessero di Resistenza e Shoah e, soprattutto, cosa ne pensassero. Hanno fatto ricerche nelle biblioteche e negli archivi, cercando di capire in che modo nel corso degli anni gli organi di stampa nazionali e locali (da la Repubblica a Il Tirreno di Piombino) hanno affrontato questi due temi, sfogliando più di 3.500 articoli che saranno presto organizzati in un data base per la consultazione. Hanno viaggiato, hanno incontrato enti e organizzazioni, si sono confrontati con i testimoni diretti degli accadimenti della Seconda guerra mondiale, hanno studiato sotto la guida di formatori quali accademici e specialisti del settore.

In questo progetto a rete sono stati coinvolti sedici volontari provenienti da otto regioni diverse, ognuno di loro con un proprio bagaglio culturale da mettere al servizio del progetto. Questo, dal titolo esemplificativo di “La Memoria come strumento di educazione alla pace”, è stato attuato nelle città di Milano, Torino, Genova, Vicenza, Bologna, Piombino, Jesi, Viterbo e Roma; a gennaio 2019 si aggiungerà anche la città di Trieste. I risultati raggiunti grazie a questo progetto sono stati raccolti in una pubblicazione presentata dai volontari nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Roma il 17 ottobre scorso.

È chiaro che in un periodo storico come quello che stiamo vivendo, un progetto di Servizio Civile di questo tipo meriti il plauso di tutti. La grande differenza fra questo progetto e una ricerca accademica, meritoria allo stesso livello se non superiore ma che muove da premesse ben diverse, è che grazie al progetto di ASC la platea dei destinatari è trasversale sotto ogni punto di vista: anagrafico, culturale, sociale, geografico. Là dove i formatori hanno fornito gli strumenti per eseguire una corretta ricerca storica che fosse scientificamente valida, i volontari hanno aggiunto col loro lavoro una risonanza a questi temi ben più ampia di quella che avrebbe avuto mera pubblicazione di dati e statistiche. Con il lavoro svolto per questa ricerca, e più in generale attraverso l’esperienza del Servizio Civile in ASC, i risvolti positivi registrati internamente fra i volontari, ed esternamente presso i loro destinatari, superano abbondantemente gli elementi negativi, di modeste dimensioni ma tuttavia non trascurabili, emersi durante le rilevazioni del questionario. Uno di questi aspetti è la conoscenza in taluni casi superficiale degli intervistati, stimolata a volte da una visione stereotipata della Resistenza o della Shoah: ben il 58% degli intervistati a livello nazionale ritiene che le leggi razziali promulgate nel 1938 non furono decise da Mussolini, ma furono imposte da Hitler.

Un altro dato che emerge è una limitata conoscenza della propria storia familiare: il 44% dei giovani intervistati a Milano non sa se alcuni tra i propri parenti (dai nonni ai prozii) abbiano partecipato alla Resistenza o abbiano fatto parte della Rsi.

Questi due elementi aprono la strada a molte riflessioni che devono essere riportare all’attenzione del dibattito pubblico nel senso più ampio possibile. Molti storici, infatti, lamentano una limitazione nella trattazione approfondita di questi argomenti ai soli ambiti accademici e specialistici, assistendo a una menomazione delle vicende storiche ed etiche legate a un pezzo fondamentale della nostra storia a discapito di una narrazione sommaria e a volte inesatta portata avanti dai grandi mezzi di comunicazione di massa. Specchio di questo è la rilevazione fatta a Piombino: in merito all’informazione autonoma, gli intervistati utilizzano i giornali quotidiani per il 21%, i libri per il 33% e internet per l’85%.

Durante gli incontri fra i volontari e gli intervistati ci sono stati scambi d’opinione e dibattiti; sono stati forniti direttamente e indirettamente dei validi spunti di riflessione per approfondire non solo la propria conoscenza storica ma anche e soprattutto affinare il proprio giudizio sul merito di quegli avvenimenti.

Alla conferenza stampa, tenuta a Roma, per la presentazione del libro che raccoglie i risultati della ricerca, fra i molti temi emersi nel dibattito con i giornalisti e i rappresentanti del mondo associativo e culturale, si è parlato del valore segnante dell’esperienza del Servizio Civile e di come il progetto “Memoria” rappresenti un valido esempio dell’incisività di un istituto che registra un crescente aumento del numero delle domande presentate a ogni bando e dei volontari che dedicano un anno della loro vita e della loro formazione al servizio della collettività, curandone uno specifico aspetto. Nel nostro caso si tratta della memoria storica di un’intera nazione, una memoria da tutelare e valorizzare nei suoi contenuti nozionistici e valoriali. Il vero “strumento di educazione alla pace” si ritrova nella formazione di nuovi testimoni che trasmettono le loro informazioni agli altri. Grazie al Servizio Civile questo è stato possibile: essere parte dell’eredità culturale di una nuova generazione che si appresta ad agire nel mondo.

Gian Luca Nicoletta, volontario del progetto promosso da Arci Servizio Civile