L’Abbazia distrutta (da https://it.wikipedia.org/wiki/ Battaglia_di_Cassino#/media/ File:The_ruined_monastery_at_ Cassino,_Italy,_19_May_1944._NA15141.jpg)

Il 12 ottobre 1943 il fronte alleato andava dal Tirreno all’Adriatico, da Castel Volturno-Capua Squille fino a Larino-Termoli.

Due Armate, la 5ª americana (gen. Clark) e la 8ª inglese (gen. Montgomery), per un totale di 18 Divisioni e 6 Brigate che fronteggiavano 13 Divisioni tedesche (10ª Armata) sostenute nel retro (Italia centro-nord) da altre 8 Divisioni (11ª Armata).

Hitler e l’Alto Comando ritenevano che tutte le forze disponibili dovevano arretrare su quella che poi sarà conosciuta come la «Linea Gotica»; sarà Kesselring ad insistere per tenere nel Meridione la 10ª Armata, organizzata a difesa su quella che venne definita la linea Gustav.

Nonostante arretramenti e rettifiche di posizioni la linea Gustav, il 15 gennaio 1944, teneva, e i tedeschi erano riusciti a contenere la progressione alleata, malgrado la sproporzione di forze e i notevoli mezzi a disposizione del gen. Alexander, comandante supremo in Italia.

La linea Gustav aveva il suo perno sulle pendici di Monte Cassino su cui poggiavano tutte le posizioni tedesche sia verso il Tirreno sia verso il centro dell’Appennino. I genieri tedeschi dimostrarono una grande capacita a potenziare il terreno sia in montagna che in collina – terreno già per sua natura estremamente adatto alla difesa – sia in pianura.

Per riuscire a sfondare la linea Gustav e raggiungere Roma, obiettivo principale alleato, costringendo tutto il fronte ad arretrare, occorreva impadronirsi del perno di difesa tedesco, cioè Cassino. Per ottenere questo, gli alleati sferrarono quattro battaglie, dal 15 gennaio al 10 maggio 1944, di cui solo l’ultima ebbe successo. Le prime tre furono una somma di errori e di incertezze che costarono molte delusioni per cui la capacità e la professionalità dei comandanti alleati ne uscirono velate da molte ombre.

Il generale Harold Alexander (da https://it.wikipedia.org/wiki/ Battaglia_di_Cassino#/media/ File:The_Second_World_War- _Personalities_TR2702.jpg)

La prima battaglia per Cassino (17-31 gennaio 1944)

Il 2 gennaio 1944 il gen. Alexander approva il piano per il superamento della linea Gustav «per aggiramento». Attaccando su tutto il fronte della Gustav, per fissare i tedeschi alle loro posizioni, un Corpo d’ Armata doveva sbarcare ad Anzio ed aggirare i tedeschi.

II gen. Clark fissa in quattro fasi i tempi di questa battaglia. 17 gennaio 1944: il 10° Corpo d’Armata inglese, attraversato il Garigliano nei pressi della costa tirrenica, volgendo all’interno, doveva minacciare la valle del Liri. 20 gennaio 1944: il 2° Corpo d’Armata americano, attraversato il Rapido otto chilometri a sud di Cassino, doveva entrare nella valle del Liri e, sempre lo stesso giorno, il Corpo di spedizione francese del gen. Juin doveva aggirare da nord le posizioni di Cassino. 22 gennaio 1944: il 6° Corpo d’Armata americano doveva sbarcare ad Anzio per dare inizio alla manovra di aggiramento.

Questo piano non ebbe fortuna. In dieci giorni di combattimenti non si riuscì a far crollare le difese tedesche. Gli inglesi non fecero progressi, gli americani al centro subirono perdite notevoli (la 36ª Divisione USA «Texas» ebbe 1.681 tra morti e feriti); solo i francesi di Juin ebbero qualche successo.

II 26 gennaio un attacco lanciato quasi all’improvviso portò i francesi a conquistare Abate e il paese di Belvedere. Da queste posizioni, se si fosse insistito, si poteva minacciare Cassino, ma il Comando Alleato non diede né uomini né mezzi a Juin per proseguire.

Ad Anzio fu un fallimento. Lo sbarco tatticamente riuscì: nella prima giornata furono sbarcati oltre 36.000 uomini e 18.000 autoveicoli ruotati e cingolati; la sorpresa per i tedeschi fu totale. Ma la decisione del gen. Lucas di attendere rinforzi e trincerarsi sulle spiagge permise ai tedeschi di reagire e bloccare gli alleati in una testa di ponte profonda solo 11 chilometri e larga 24. Il 3 febbraio i tedeschi sferrarono un primo contrattacco, a cui seguirono altri attacchi per tutto il mese di febbraio. Solo il 4 marzo Kesselring desistette da attaccare: ma ormai la testa di ponte era stata neutralizzata e questo risultato era stato ottenuto senza distogliere alcun soldato dal fronte di Cassino.

La prima battaglia di Cassino si concluse con uno scacco per gli Alleati. Oltre alla non esperienza delle truppe e dei comandi intermedi, l’offensiva era fallita in quanto non aveva avuto la potenza necessaria; lanciata troppo presto non aveva appoggiato lo sbarco ad Anzio, si era risolta in una serie di attacchi successivi, che in nessun punto erano stati soverchianti. Ad Anzio poi l’indecisione e la mancanza di ardimento compromisero ogni possibilità.

La seconda battaglia di Cassino (1-17 febbraio 1944)

Conscio della sua superiorità in uomini e mezzi, Alexander gettò nella mischia i corpi di spedizione indiano e neozelandese. II gen. Freyberg, comandante dei neozelandesi, ideò un piano che nella sostanza era quello americano di gennaio: attacco a Cassino contemporaneamente da nord e da sud-est. Neozelandesi ed indiani attaccarono Cassino fino al 17 febbraio: tutto fu inutile. Nel corso della battaglia vi fu la distruzione della millenaria Abbazia di Montecassino. II campo di battaglia era dominato dalla sua mole che, vista dal basso, sembrava una fortezza inespugnabile. Visti inutili tutti gli attacchi Freyberg chiese il bombardamento della Abbazia, convinto che lì i tedeschi si fossero annidati. L’Abbazia al contrario era stata rispettata dai tedeschi quale territorio neutrale: il gen. von Senger, cattolico e benedettino laico, non solo aveva imposto il rispetto del luogo di San Benedetto ma aveva anche messo a disposizione, nei mesi precedenti, automezzi e carburante per portare a Roma i tesori benedettini. Un esempio di come anche i tedeschi avrebbero potuto comportarsi in guerra secondo le norme etiche e civili.

Il 15 febbraio l’Abbazia veniva bombardata ma la situazione non cambiò minimamente, anzi, peggiorò. I tedeschi si trincerarono nelle macerie e le difficoltà aumentarono. Il 17 febbraio venne lanciato ancora un attacco ma anche questo fallì.

Il generale tedesco Von Senger (da https://it.wikipedia.org/wiki/ Battaglia_di_Cassino#/media/ File:Fridolin_von_Senger_1.jpg)

La terza battaglia per Cassino (14-28 marzo 1944)

La terza battaglia per Cassino doveva iniziare subito dopo la fine della seconda, ma il via si procrastinò fino al 14 marzo. Furono le cattive condizioni atmosferiche ad impedire l’impiego degli aerei e, quindi, ad imporre il rinvio. Anche questa volta l’attacco era affidato ad indiani e a neozelandesi, preceduto da massicci bombardamenti aerei ad opera della Strategic Air Force.

Ma anche questa battaglia non diede i risultati sperati ed il costo pagato fu molto alto: i neozelandesi avevano perduto 1.600 uomini e gli indiani 3.000. I corpi di spedizione indiano e neozelandese, che si erano coperti di gloria nel Nord Africa, non saranno più gli stessi.

Dopo questa battaglia il fronte entrò in una stasi operativa: alleati e tedeschi ripresero fiato e, raccolti i morti e curati i feriti, si prepararono per la battaglia finale.

Il ruolo dei comandanti alleati: troppi errori

Le tre battaglie per Cassino non avevano conseguito i risultati sperati nonostante che gli alleati disponessero dell’iniziativa sia tattica che strategica, e della superiorità aerea e terrestre. Varie le spiegazioni: una di queste chiama in causa la capacità dei comandanti. Nel quadro generale delle operazioni numerosi sono gli episodi che videro i comandanti tacciati di imperizia. Va ricordato, ad esempio, che nel dopoguerra i reduci della 36ª Divisione statunitense intentarono al gen. Clark un processo «per incapacità». II generale venne assolto, ma i dubbi rimasero. Gli errori compiuti a Salerno, il fallimento di Anzio, in cui non tutto si può imputare al generale Lucas, il non voler dare il necessario appoggio a Juin che il 26 gennaio era in grado di aggirare e conquistare dal retro Cassino, l’autorizzazione concessa alla richiesta di Freyberg a bombardare l’Abbazia di Montecassino, l’errato calcolo dei tempi di attacco, l’impiego non certo ottimale dell’aviazione strategica, il non voler dare il giusto valore al «generale inverno» spesso ignorato, tutto conduce ad esprimere un giudizio prudente, con molte riserve, sull’operato del comandante americano e sui suoi superiori.

I tedeschi ebbero la possibilità di resistere e di mantenere a lungo il fronte sud. Approfittarono di ogni errore avversario con maestria, soprattutto ad Anzio. Si dimostrarono civili a Montecassino: un esempio che contraddice altri fatti di guerra nei quali vennero commessi delitti e stragi, a Cefalonia in primis.

Anche a Montecassino Hitler ordinava ma von Senger seppe agire secondo etica e coscienza. E i tedeschi, combattendo con onore, meritarono rispetto.

(da Patria Indipendente n. 4/5 del 1994)