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Sembra passato un secolo dal primo turno delle amministrative, ma si sa le lancette del tempo elettorale vanno a un altro ritmo. Ricordate l’inconsueto mea culpa di Salvini a spoglio in corso? “Siamo arrivati tardi a scegliere i candidati”. E Meloni: “Con un astensionismo così non si può parlare di crisi della politica, ma della democrazia”. Bruciava in quelle ore la sconfitta senza appello a Milano, Bologna, Napoli, mentre diveniva sempre più evidente che, nella non partecipazione al voto più alta di sempre, a rimanere a casa erano state le periferie delle grandi realtà urbane, proprio dove il duo sovranista nelle scorse consultazioni aveva incassato a mani basse, stracciando Pd e M5s.
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Perché è vero, anche in materia di elezioni non si sommano mele, pere e susine – locali, nazionali ed europee seguono ciascuna dinamiche diverse – nel 2019, la Lega era il secondo partito a Roma e il primo a Torino grazie a quelle aree. Due città – con Trieste (affluenza inchiodata al 46% e portuali sul piede di guerra contro il green pass) – cruciali al ballottaggio per il prestigio e il futuro politico personale della numero uno di Fratelli d’Italia, anelante premier, e del segretario del Carroccio.
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L’onda d’urto delle vicende Morisi e Fidanza che avrebbero potuto compromettere i due leader sovranisti nello scrutinio decisivo sono state praticamente scalzate in una manciata di giorni dalla gravità degli assalti partiti della capitolina Piazza del Popolo, alla tentata Capitol hill nostrana e dalla violenza squadrista alla sede Cgil. Lì sì che si è voluta colpire al cuore la democrazia, facendo tuffare indietro l’intero Paese di cento anni, diritti al biennio nero che precedette la marcia mussoliniana e il regime.
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Non è sussultata Meloni, volata in Spagna per cementare l’alleanza con i neofranchisti di Vox, a vedere la sua città devastata, “La matrice non la conosco” ha dichiarato. Eppure la sede romana del partito di Roberto Fiore, Forza Nuova, è nell’appartamento di un’elegante palazzina di un quartiere bene che fa parte del patrimonio della fondazione Alleanza Nazionale (Meloni sostiene di aver chiesto lo sfratto da anni), e se pure avesse dimenticato di essere stata scortata da Giuliano Castellino quando era ministra della Gioventù, il pluridaspato ha fatto molto parlare di sé negli ultimi mesi.
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In altre parole, l’atteggiamento è lo stesso di sempre, come quando, mai sorpresa a fare un saluto romano, non si è mai sognata di abiurare le radici “ideali” ben piantate nel ventennio. Riuscendo a distrarre dal tema vero, lo schiaffo ricevuto dalle periferie.
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In questa tornata, la fiamma che continua ad ardere nel logo del partito di Meloni ha continuato ad avanzare solo rosicchiando voti alla Lega salviniana e a Forza Italia. A Trieste riesce a tallonare il partito democratico e sbaraglia in campo alleato.
A Torino ora conta numeri sette volte maggiori di quelli registrati cinque anni fa e già ha portato in uno dei consigli circoscrizionali, il 6, Massimo Robella. Un tipo che ha fatto parlare subito di sé ringraziando i camerati. In un post privato, d’accordo, cioè leggibile solo dalle persone che su Facebook hanno stretto amicizia con lui, ma che rivela un’anima desiderosa di “mollare” l’ennesimo affronto alla Costituzione antifascista.
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FdI a Roma può vantare di essere la prima formazione politica con in cima ai già eletti Rachele Mussolini jr (dopo aver moltiplicato i voti nel capoluogo lombardo e in quello emiliano-romagnolo).
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Il caso capitolino è emblematico perché i rifiuti, la crisi economica dettata dalla pandemia, strade e marciapiedi colabrodo, addirittura la mancanza del trasporto pubblico, ormai riguardano sia il centro sia la periferia. Forse solo i dati dell’abbandono scolastico permettono dei distinguo.
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Eppure il candidato sindaco del centrodestra Enrico Michetti, medico con la passione per la radio che dai microfoni di un’importante emittente locale, dava lezioni su Hitler e la Wehrmacht – “Se c’è caos, serve un uomo forte che rimetta in ordine il Paese”, e sulla Shoah è arrivato a chiedere “perché la stessa pietà e la stessa considerazione non viene rivolta ai morti ammazzati nelle foibe” ?”, e da quella stessa radio uno speaker ha recentemente affermato che “si deve pensare a tutti gli olocausti. Lenin era ebreo e ha ucciso molta gente – nei tour propagandistici Michetti ha appena sfiorato le borgate, in passato infiammate da rivolte popolari contro migranti e rom.
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Con, immancabili a soffiare sul fuoco della protesta, i fascisti di FN e CasaPound.
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Ma in tutta Italia nelle zone marginali territorialmente i candidati di ogni schieramento e lista non si sono visti o quasi e i leader nazionali si sono fermati nei quartieri centrali. Dove pesano in misura molto minore i grandi assenti o sono appena accennati nei programmi degli aspiranti sindaci: i temi dell’accoglienza, dell’inclusione e dell’immigrazione. Che vale a dire: penultimi contro gli ultimi sbrigatevela da soli.
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Così le periferie abbandonate al loro destino e pure ignorate hanno semplicemente voltato le spalle a tutti, oggi al centrodestra, come ieri al centrosinistra.
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Al di là del risultato imminente delle urne, la delusione verso i partiti storici, la ribellione rappresentata dai consensi ai pentastellati e infine al duo sovranista-populista Meloni Salvini, la generalizzata tendenza al non voto, dovrebbe preoccupare e far correre ai ripari lo schieramento progressista, non immune all’emorragia di voti, e chiunque ambisca al benessere della collettività nel governo delle metropoli.
Rimandati al dopo ballottaggi i conti interni alla Lega e tra Meloni e l’alleato populista, vedremo se il sabato nero del 9 ottobre arresterà l’ascesa della nera di Garbatella.
L’astensione può essere un verme solitario insaziabile, ma se in questo ultimo miglio Meloni dovesse perdere, se i suoi potenziali elettori resteranno lontani dai seggi, non bisogna cadere nel tranello di considerare liquidata la destra che imbarca e difende chiunque strizzi l’occhio a Hitler e Goebbels: la prossima partita sono le politiche e non c’è da aspettarsi affatto la fine del populismo sovranista in salsa nero-verde.
La storia non insegna proprio nulla?
Pubblicato giovedì 14 Ottobre 2021
Stampato il 27/07/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/ultime-news/lultimo-silenzioso-grido-delle-periferie/