La bandiera con il simbolo di una nave da guerra romana sventolava dal balcone del palazzo municipale di Grosseto per la vittoria della coalizione di destra. Era il giugno 2016 e il vessillo non era lì a caso. Tra le file della maggioranza in consiglio comunale era approdato Gino Tornusciolo, presidente della Deceris, associazione nell’orbita dell’estrema destra fondata un anno prima nel capoluogo maremmano. Ma a esultare pubblicamente era stata anche CasaPound Italia: “Si consolida la presenza numerica e politica in tutto il territorio nazionale”, comunicava ai suoi 203mila contatti facebook. Eppure, in Assemblea cittadina, il consigliere era stato eletto come indipendente nelle liste di Fratelli d’Italia.
Lungimiranza dei sovranisti o più semplicemente furbizia di chi usa vecchi e vili mezzi pur di entrare nelle istituzioni pubbliche, salvo poi presentarsi come “duro e puro”? Fatto sta che nel giro di pochi mesi, l’esponente comunale ha cavalcato per bene l’onda nera. Durante l’estate partecipa alla festa nazionale organizzata a Chianciano dai “fascisti del terzo millennio”, a febbraio scorso apre a Grosseto una sede delle tartarughe frecciate – la dodicesima in Toscana e quasi la centesima in Italia – ne diviene presidente e in contemporanea lascia il partito della Meloni. Ormai rappresenta CasaPound. Che nell’ente locale, in un sol colpo, si ritrova anche alla guida della commissione Ambiente e urbanistica.
Per il sindaco di Grosseto, Antonfrancesco Vivarelli Colonna, la presenza in maggioranza di CasaPound non è affatto riprovevole. Anzi: “Io sto dalla parte del consigliere, persona onesta e limpida che ha compiuto una scelta personale legittima”, ha scritto nel suo profilo social. Tutto normale dunque, nel primo capoluogo di provincia liberato dalla Resistenza dopo la Capitale. Un territorio che ha pagato il contributo alla Liberazione con 75 stragi fasciste e naziste.
Flavio Agresti, presidente del Comitato Provinciale ANPI di Grosseto, nipote di un partigiano Caduto, spiega: «Siamo preoccupati per l’accelerazione di iniziative nostalgiche del ventennio in tutta la provincia e il ripetersi di episodi di violenza, soprattutto ai danni di immigrati. Ci siamo appellati alle istituzioni in nome della Costituzione. Con altre undici associazioni, dall’Arci alla Cgil, a Libertà e Giustizia, alla Rete degli Studenti, avevamo chiesto al prefetto e al questore di revocare l’autorizzazione alla sede di CasaPound. Abbiamo sfilato in corteo ma non è stato fatto alcun passo indietro».
A sostenere la cittadinanza democratica con un appello pubblico era stata anche la Silp-Cgil. Il segretario nazionale del sindacato di polizia aveva esplicitamente lanciato l’allarme per “un grandissimo problema di ordine pubblico”. Secondo i dati a disposizione del Silp, dal 2011 sono oltre 400 le persone di CasaPound denunciate o arrestate. Tra i nomi elencati anche quello di Simone Di Stefano, vicepresidente nazionale, ospite d’onore per l’inaugurazione in Maremma. Il numero due della formazione estremista di destra, nel 2013, venne arrestato e condannato con l’accusa di furto pluriaggravato per aver sottratto alla sede italiana della Commissione europea la bandiera della UE, sostituendola con quella tricolore. Cinque mesi fa, Di Stefano è stato arrestato ancora una volta per essersi opposto a uno sgombero. «Non abbiamo problemi a definirci fascisti», ha chiarito alla settantina di militanti della Deceris grossetana, trasformati d’incanto in tesserati del partito CasaPound.
Le cronache della vigilia dell’apertura della sede documentano una tensione al calor bianco. Nella notte due ragazzi sono fermati dalla polizia mentre fanno scritte contrarie all’apertura, vengono rinvenuti due petardi. Tanto è bastato perché il consigliere comunale neofascista puntasse il dito contro i fomentatori d’odio, cioè l’ANPI e le altre associazioni. “Odio chiama odio”, gli aveva fatto eco il sindaco, sottolineando la gravità dell’offesa a una “associazione culturale” come Deceris-CasaPound.
In realtà, a crescere a dismisura sembrerebbero i picchetti neri e gli atti di razzismo, le botte e i convegni, molto poco corretti scientificamente, promossi nelle scuole. Per esempio, nel “Giorno del ricordo” a dare lezioni di storia agli studenti di un istituto tecnico sulla complessa vicenda delle foibe non è stato invitato uno storico bensì il responsabile Toscana di Blocco Studentesco, l’organizzazione nata nel 2006 nella sede nazionale di CasaPound, a Roma, in via Napoleone III. Tutto in regola, per i dirigenti scolastici.
I partigiani sono insorti e con la Rete degli Studenti hanno deciso di proporre ufficialmente alla direzione dell’istituto, affinché lo acquisisca, il rigorosissimo documento sul confine orientale realizzato da veri esperti del tema e pubblicato dall’ANPI nazionale.
Il presidente provinciale Agresti ha scritto una lettera aperta al sindaco di Grosseto, rappresentante delle istituzioni della Repubblica – pubblico ufficiale che ha giurato sulla Costituzione – spiegando quanto siano distanti dai principi democratici azioni e affermazioni dei neofascisti di CasaPound e chiedendo al primo cittadino il rispetto della Carta fondamentale della Repubblica. Il sindaco ha glissato, poi finalmente ha accettato di ricevere la delegazione partigiana. «Siamo solo parzialmente soddisfatti – racconta Agresti –. L’incontro è durato oltre un’ora. Gli abbiamo parlato di Resistenza e antifascismo e del perché è importante condividere i valori del nostro patrimonio democratico. Con l’avvicinarsi della ricorrenza della Liberazione e della commemorazione di alcuni degli eccidi commessi dai nazifascisti nel territorio durante l’occupazione, non si possono accettare malintesi». Il sindaco, nonché presidente della Provincia, non avrebbe preso del tutto le distanze da CasaPound (“avevo un nonno partigiano e per me le associazioni sono tutte uguali”, “qualunque partito, se considerato legale, ha diritto di parola”, “so poco di politica, provengo dal mondo del lavoro”, “il mio compito è assicurare i servizi e occuparmi delle strade”) però ha preso l’impegno di riflettere e dichiarare pubblicamente di non essere un fascista. «Lo attendiamo alla prova dei fatti e continueremo a vigilare», dice Agresti.
Mentre in Parlamento è stata presentata un’interrogazione su CasaPound a Grosseto, l’ANPI teme che in Maremma si stia realizzando quanto già accaduto in altre zone del Paese: una contesa tra le sigle dell’ultradestra per la conquista di proseliti nel territorio. Infatti in città Forza Nuova ha aperto una sede provinciale, chiamando per l’occasione il leader storico Roberto Fiore, ex militante di Terza Posizione e dei Nar, condannato nel 1985 per banda armata e associazione sovversiva. Parole d’ordine: italianità, sacralità della famiglia naturale. Ribadite nell’attività del collegato Circolo culturale Ordine Futuro: “Gli ambienti ecclesiastici stanno vivendo un periodo di confusione”, così hanno promosso un convegno per far sapere “cosa dice veramente la dottrina cattolica in materia di immigrazione”.
A Orbetello, Fiamma Tricolore sta raccogliendo firme per intitolare una via o una piazza a Italo Balbo, quadrumviro della marcia su Roma, comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, ministro dell’Aeronautica mussoliniana, che scelse l’idroscalo lagunare come base di partenza della celebre trasvolata atlantica. Il sindaco della località (pure lui eletto in un’alleanza di destra) si è già dichiarato favorevole all’iniziativa. D’altra parte, il cimitero già accoglie le spoglie del maresciallo dell’aria e da poche settimane anche del suo terzogenito Paolo.
«La proposta non è nuova – ricorda Agresti – già in passato erano circolate petizioni simili, mai finora, però, si era registrato un consenso così ampio per inserire nella toponomastica orbetellana un fascista della prima ora».
Inoltre c’è il timore di una saldatura tra neofascisti del grossetano e squadristi delle province limitrofe. Nel viterbese, qualche giorno fa, è stato arrestato il responsabile CasaPound dei Cimini. L’accusa è di aver capeggiato l’aggressione a un giovane della zona: la vittima del furioso pestaggio aveva semplicemente condiviso su fb la satira di uno degli striscioni anti immigrazione dei sovranisti (“Chi mette il parmigiano sulla pasta al tonno non merita rispetto”). La vignetta ironica era firmata da Kiotomkim, il gruppo di oltre mille comici che prende il nome dalla parodia fantozziana del film La corazzata Potëmkim. Aver partecipato all’ironia è costato al ragazzo un naso fratturato e una bocca macellata.
A tuonare contro gli arresti il capo indiscusso di CasaPound, Gianluca Iannone, un passato nel Movimento Politico Occidentale, sciolto negli anni 90 per la legge Mancino, cantante degli ZetaZeroAlfa, quelli della cinghiamattanza e di titoli di canzoni come Nel dubbio mena e testi inzuppati di apologia di fascismo. A Iannone la misura cautelare nei confronti del suo sodale non è andata giù: troppo pesante per i reati contestati.
Nel frattempo a Grosseto, i partigiani, stanno pensando a una manifestazione nazionale per la ricorrenza della strage della Niccioleta, 83 minatori uccisi nel 1944 dalla furia nazifascista e, prima ancora, con le autorità civili e militari stanno già organizzando il 73° dei Martiri di Istia, trucidati a Maiano Lavacchio: 11 giovani rastrellati e fucilati dai repubblichini della “Muti” davanti a una scuola. Tra le vittime della strage c’erano anche i fratelli Matteini che poco prima di morire riuscirono a lasciare una scritta sulla lavagna: “Mamma Lele e Corrado un bacio”. Nel dopoguerra, a memoria dell’eccidio, la lavagna venne collocata nella stanza del sindaco di Grosseto. Chissà se l’attuale primo cittadino, riflettendo sulle parole da pronunciare alla commemorazione ufficiale, vi poserà lo sguardo.
Pubblicato martedì 21 Marzo 2017
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