Un omaggio a una delle personalità più importanti della lotta di Liberazione a Milano, in Italia e anche in Europa, e la conferma del valore attuale della Resistenza. È questo lo spirito con cui nel capoluogo lombardo è stata intitolata una piazza al comandante partigiano Giovanni Pesce, nome di battaglia “Visone”, Medaglia d’oro al valor militare, dirigente dell’Anpi nazionale fin dalla nascita dell’associazione.
La cerimonia per l’intitolazione si è tenuta l’8 settembre scorso, data altamente simbolica per la storia democratica del nostro Paese, alla presenza del sindaco Beppe Sala, del presidente del Comitato provinciale Anpi, Roberto Cenati, di Tiziana Pesce, figlia di Giovanni e della partigiana Onorina Brambilla “Sandra”, di rappresentanti delle associazioni del territorio che operano all’insegna dei principi costituzionali e di tantissimi cittadini.
L’idea dell’intitolazione era nell’aria da tempo: Patria ve ne aveva dato conto alla vigilia del 25 aprile di quest’anno e infatti a luglio, in occasione dei dieci anni dalla scomparsa di “Visone”, è arrivata la delibera dell’Amministrazione comunale. La piazza si trova nel Municipio 8 (che ne ha proposto la denominazione toponomastica) tra via Gallarate e via Pier Paolo Pasolini, nel nuovo quartiere di Cascina Merlata: «una zona in cui non solo mio padre passò spesso, in tram e in bicicletta – ha ricordato alla cerimonia d’inaugurazione Tiziana Pesce – ma in cui furono organizzate diverse azioni di sabotaggio sia quando comandava la 3ª Gap “Rubini” sia quando si ritrovò al comando della 106ª Brigata Sap in Valle Olona: Rho, Lainate, Nerviano, Pero, senza escludere Milano». Non poteva essere altrimenti per un militante della libertà e della democrazia già divenuto una leggenda durante l’occupazione nazifascista e che nel dopoguerra farà di Milano la sua città adozione, eletto inoltre per un decennio in Consiglio comunale.
Pesce era nato nel 1918 a Visone, località in provincia di Alessandria (da qui uno dei suoi nomi di battaglia), ma la famiglia dovette emigrare in Francia quando Giovanni era ancora un bambino. A 13 anni lavora in una delle miniere della Grand-Combe, aderisce al Partito comunista, divenendo segretario della sezione giovanile. A Parigi ascoltando uno dei discorsi di Dolores Ibarruri, la “Pasionaria”, decide di arruolarsi in Spagna con le Brigate internazionali per sostenere la repubblica democratica contro i fascisti di Franco. Diviene così uno dei più giovani combattenti italiani inquadrati nella Brigata Garibaldi. Verrà ferito tre volte in battaglia e il dolore di una scheggia gli rammenterà per sempre quel periodo. Ma anche più tardi verrà colpito, a Torino, come ricorda la motivazione della massima onorificenza al valor militare conferita per decreto del presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi e che “Visone” si vedrà appuntata al petto a Milano in piazza Duomo, il 25 aprile 1947.
Le memorie della sua lotta partigiana decise di affidarle a “Senza Tregua”, libro pubblicato per la prima volta da Feltrinelli nel 1967. Giovanni era rientrato in Italia nel 1940, subito arrestato e inviato al confino sull’isola di Ventotene, dove aveva conosciuto alcuni tra i massimi rappresentanti politici dell’antifascismo italiano. Liberato nell’agosto ’43, si unisce alle prime formazioni partigiane e col nome di battaglia “Ivaldi” è tra i principali organizzatori dei Gruppi di azione patriottica (Gap) torinesi. Proprio durante un’azione contro la stazione radio dell’Eiar che, controllata dai nazifascisti, disturbava le trasmissioni di Radio Londra verrà nuovamente ferito. La sua attività proseguirà poi a Milano dove conosce Onorina “Sandra”, che sposerà nel dopoguerra (scomparsa nel 2011). Le loro ceneri sono tumulate nello stesso colombaro nella cripta del Famedio del Cimitero monumentale.
Come “Visone” vivesse la sua esperienza di gappista lo ha raccontato sua figlia Tiziana, citando le parole del padre: «Il gappista era un uomo che amava profondamente la vita, ed era proprio questo attaccamento ideale e sentimentale per una esistenza civile, libera, democratica, questo amore per la sua terra, la famiglia, il lavoro e lo studio a esaltare le sue energie, a spronarlo a osare al di là di quello che comunemente un uomo osa. Sembra un assurdo gioco di parole: eppure, in verità, il coraggio del gappista nasceva da una volontà di pace: per la pace e la libertà correva ogni sorta di pericoli. Era un magnifico esemplare di uomo che, come disse Bertrand Russell dei rivoluzionari vietnamiti, onora il genere umano».
«Pesce oggi sarebbe preoccupato, così come lo sono io – ha detto il sindaco Beppe Sala alla cerimonia di scopertura della targa toponomastica –: se i valori della Resistenza sono forti e vivi, al contempo c’è una rinascita pericolosa delle ideologie di estrema destra. Ma la cosa positiva è vedere qui tanta gente a testimoniare i valori della Resistenza».
Pubblicato giovedì 26 Ottobre 2017
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