Pubblichiamo volentieri l’intervento di Francesco Blasi, primario psichiatra, alla tavola rotonda che si è svolta il 15 gennaio alla biblioteca nazionale di Napoli a Palazzo Reale sul tema: “A 40 anni dalla legge 180/78. Con Sergio Piro oltre il manicomio. Attività e prospettive”. Sergio Piro, assieme a Franco Basaglia, fu protagonista della stagione di lotte per la chiusura dei manicomi.

 

La generazione post basagliana degli operatori di salute mentale e il loro blocco sociale di riferimento hanno fallito il loro compito storico, perdendo l’egemonia culturale nella psichiatria e nella psicologia clinica.

La deriva nazionalista identitaria, il federalismo sanitario e lo sdoganamento assoluto del neoliberismo globalista, ben precedente al governo gialloverde, ma inaugurata dallo stesso centro sinistra, hanno progressivamente di contenuti e significato il concetto stesso stato sociale. Questo mutamento di paradigma è pacificamente antitetico alla riforma psichiatrica.

Inoltre i pazienti psichiatrici si sono trasformati in consumatori di farmaci notevolmente costosi. quindi l’obbiettivo del mercato diventa quello di allevare e custodire per il maggior tempo possibile vaste popolazioni di pazienti, da incrementare ulteriormente aumentando la platea dei potenziali consumatori. È la psichiatrizzazione diffusa.

Franco Basaglia

Sergio Piro diceva che dal rispetto per la sofferenza mentale si ricavava agevolmente il grado di civiltà di una comunità. La cultura manicomiale diffusa che prosperava comunque, nonostante la riforma psichiatrica, e che sta tornando sempre più prepotente alla ribalta, conteneva per lui molti degli elementi che Umberto Eco individuava come costituenti quello che definiva Ur-Fascismo, o Fascismo eterno. È facile pensare che un atteggiamento fascistoide sia un archetipo radicato nella psiche di chiunque. Forse siamo tutti fascisti ab initio, poi qualcuno diventa qualcos’altro. Senza l’egemonia della democrazia si resta al fascismo o ci si ritorna regredendo. Umberto Eco delinea le principali caratteristiche del fascismo in un saggio del 1997, L’Ur-Fascismo (Ur in tedesco significa primordiale, archetipico). Le caratteristiche del fascismo eterno, perennemente sul punto di irrompere tra gli umani, sono 14: tradizionalismo, inteso come credenza di una qualche rivelazione ricevuta all’alba della storia umana da ricercare e diffondere. Implica l’antimodernismo, nonostante il futurismo e l’ammirazione per la tecnologia, e quindi l’irrazionalismo nemico dell’atto stesso del pensare logico. Quindi la critica è tradimento inescusabile, e chi critica cade nella diversità, giustificando la xenofobia e il razzismo. L’Ur-Fascismo scaturisce dalla frustrazione individuale o sociale, perciò gli interlocutori sono le classi medie frustrate dalla crisi economica spaventate dalla pressione dei gruppi sociali subalterni. L’Ur-Fascismo si basa sul nazionalismo, teorizzando che l’identità più desiderabile consista nell’essere nati nello stesso luogo. Quindi i solo nemici interni o esterni danno identità alla nazione: da qui il complottismo paranoico istituzionalizzato. L’Ur-Fascismo si basa sull’ambivalenza nel valutare la forza dei suoi nemici, che sono ricchi, forti, ma depravati e fragili, e quindi sconfiggibili dagli eroi ur-fascisti. I fascismi storici perdono alla lunga per l’incapacità di valutare la forza del nemico. L’antipacifismo è una conseguenza di questa incoercibile megalomania strutturale. L’Ur-fascismo si basa sull’elitismo, e il disprezzo per i deboli, proponendo un paradossale elitismo di massa. La conseguenza è la proposizione di un eroismo di massa, e l’esaltazione di una vita e di una morte eroica, premessa ad una immortalità di maniera. Conseguenza dell’eroismo è il machismo, l’ostilità per le donne e gli omosessuali. L’Ur-Fascismo si basa su un monolitismo populista qualitativo: ovvero il popolo è una entità indivisibile e non misurabile, pertanto solo il capo può interpretarlo. Il voto quindi è inutile e dannoso. L’Ur-Fascismo ha un suo linguaggio caratteristico carico di emotività, basato su un lessico povero e una sintassi elementare, che rende difficile l’articolazione di un pensiero complesso e dotato di una accettabile capacità di astrazione.

Umberto Eco

Il disprezzo per la follia e il sadismo terapeutico, è una evidente manifestazione di urfascismo. Il segregazionismo dei sofferenti psichici diventa pseudo razionale con la nascita del manicomio, che riporta in auge il concetto ippocratico-galenico di malattia organica cerebrale, superamento parziale di roghi ed esorcismi, il segregazionismo psichiatrico può essere istituzionale, diffuso, farmacologico pseudodemocratico neoliberista. Oramai si cercano nuove malattie per vecchi psicofarmaci, il territorio assume caratteristiche neo manicomiali (…).

Siamo in un momento in cui molte delle caratteristiche dell’urfascismo sono vive e presenti in Italia e in Europa, rendendo impossibile il mantenimento di una egemonia democratica nel campo della salute mentale. Questo non assolve chi ha il compito di presidiare il campo della cura. Tuttavia è necessario resistere nelle istituzioni sanitarie residue aspettando la fine del ciclo sovranista populista e urfascista in Italia e in Europa.

Una manifestazione a difesa della sanità pubblica

La cura della malattia mentale non può prescindere da un quadro politico sostanzialmente democratico. Inoltre il federalismo sanitario, pacificamente anticostituzionale in quanto macroscopicamente discriminante, ha aggravato la precarietà dell’anello debole della sanità pubblica, ovvero la salute mentale. Insieme all’inserimento massiccio, oramai perfettamente legale dopo l’aziendalizzazione della sanità pubblica, del sistema sanitario regionale nello spoil system partitico.

Questo regionalismo straccione, che maschera di fatto la secessione strisciante del nostro Paese, provocando lo smantellamento di fatto del Sistema Sanitario Nazionale, ha messo la salute e la vita dei cittadini in grave pericolo, essendo la spesa sanitaria la voce più alta nel bilancio di qualsiasi regione d’Italia. La conseguenza immediata è la sperequazione macroscopica del diritto alla vita e alla salute ai danni dei cittadini meridionali, e in particolare dei pazienti psichiatrici. In Italia e nel Mezzogiorno in particolare si sta praticamente abolendo la salute mentale sul territorio, e indebolendo gravemente l’assistenza notturna nonostante sia imperativa l’assistenza h24 per i malati mentali, che devono essere presi in carico dal punto di vista medico, psicologico e sociosanitario. Conseguentemente sono state pesantemente favorite le strutture psichiatriche private convenzionate, i cui profitti sono lievitati in conseguenza del crollo verticale dei servizi pubblici, nonostante l’impegno delle associazioni di familiari e utenti e operatori.

È stata definitivamente sdoganata una concezione del malato mentale come rifiuto umano, la cui filiera ha come via finale comune l’ospedalizzazione, la cronicizzazione, il coagularsi dello stigma. La psichiatria viene equiparata al ciclo dei rifiuti, e anche in questo caso si sceglie la via della discarica piuttosto che quella del recupero delle energie dei sentimenti dell’intelligenza di chi soffre.

Non resta che resistere presidiando il campo della salute mentale difendendo il suo carattere pubblico, contrastando l’odio per la diversità e la sofferenza, ricordando che la sofferenza psichica si sviluppa sulla base dell’esclusione, della sofferenza e della guerra, come ci ricorda Sergio Piro dalle sue pagine ironiche e appassionate.

Francesco Blasi, primario psichiatra, Direttore della Unità Operativa di Salute Mentale Distretto 24 ASL NA 1 Centro