Emilio Pegoraro, partigiano garibaldino combattente, costruttore e dirigente del movimento contadino, parlamentare comunista per tre legislature, presidente provinciale dell’Anpi di Padova dal 2001 al 2011, è morto nella sua sobria abitazione padovana all’alba del 18 Dicembre 2022. Ha vissuto ben 101 anni: era nato a Fontaniva, un paese padovano sul Brenta, al confine con la provincia di Vicenza, il 19 ottobre 1921.
Se si ricostruiscono i passaggi fondamentali della sua lunghissima e, tutto sommato, serena vita, salta agli occhi il ruolo cardinale che in essa hanno avuto un luogo – Fontaniva, appunto, e tutta l’Alta Padovana attorno a Cittadella – e un tempo, quello della Seconda guerra mondiale e della Resistenza.
Fontaniva e l’Alta Padovana: paesi, al tempo di Pegoraro ragazzo, caratterizzati da una assoluta prevalenza di attività agricole, gestite da agricoltori piccoli proprietari e/o affittuari, molto legati alla tradizione e all’associazionismo cattolico; con una presenza importante dell’allevamento di bovini (la famiglia di Emilio allevava e commerciava bestiame). Emilio Pegoraro, che aveva fatto studi secondari di tipo amministrativo-commerciale, dedicò tutta la parte più attiva della sua vita alla costruzione e all’organizzazione dell’associazionismo contadino della sinistra.
Diventato comunista nella Resistenza, in una zona nella quale i contadini cattolici, in grande maggioranza antifascisti, erano comunque assai diffidenti nei confronti dei comunisti, visti come senza Dio e potenziali espropriatori di stalle e poderi mandati avanti col sudore della fronte, Emilio si batté all’interno del Pci e della Cgil perché sorgesse un’associazione unitaria dei coltivatori diretti, l’Alleanza Contadini, capace di tener testa alla potentissima Coldiretti, la Bonomiana, vero e proprio bacino elettorale di milioni di voti alla Dc. E dell’Alleanza Contadini Pegoraro fu uno dei costruttori: nella sua zona, in provincia di Padova, e a livello veneto. Pur mantenendo fermi i principi della fede comunista, Emilio fu un vero dirigente sindacale, capace di parlare e di agire concretamente in difesa degli interessi dei contadini: divenne un esperto, come pochi, di affitti, di contratti agrari, prezzo dei fertilizzanti, assistenza medica, pensioni, assegni familiari.
Questa robusta preparazione tecnica, supportata da una notevole capacità operativa, fu utilissima a Emilio Pegoraro nella sua esperienza parlamentare, dal 1968 al 1979, sia alla Camera che al Senato, nel gruppo comunista. Fu attivissimo e autorevole componente delle Commissioni Agricoltura in entrambi i rami del Parlamento: ebbe un ruolo riconosciuto, di studio e propulsione, nell’iter di leggi che, progressivamente, liberarono l’agricoltura italiana dai lacci di patti agrari che premiavano la rendita e il privilegio ai danni del lavoro e della imprenditorialità contadina: grande fu dunque il suo contributo al superamento legislativo della mezzadria, delle decime, dei livelli, del quartese.
Alla intensa attività d’Aula Emilio univa anche un legame molto stretto con le persone in carne e ossa, con i movimenti reali che esse esprimevano: memorabile, in provincia di Padova, è rimasta la lotta dei fittavoli di Anguillara Veneta, un paese della Bassa Padovana in riva all’Adige, in cui praticamente tutta la superficie agricola coltivabile e moltissime case coloniche erano di proprietà dell’Arca del Santo, l’Ente che amministrava il patrimonio della Basilica di Sant’Antonio. Ebbene, l’Arca, a metà degli anni Settanta, aveva venduto in blocco centinaia di ettari, fino ad allora e da secoli dati in fitto ai contadini di Anguillara, a grandi speculatori “foresti”, con ciò liquidando e umiliando i contadini del paese. Ne seguì un conflitto sociale molto acuto, con la mobilitazione di pressoché tutti i cittadini di Anguillara, sostenuti dal Comune, ma soprattutto dalle organizzazioni dei coltivatori e fra queste, in prima fila, dall’Alleanza Contadini: in questo movimento Emilio Pegoraro ebbe un ruolo decisivo.
L’altra esperienza “fondante” della vita politico-sociale di Emilio è stata la guerra, in particolare la campagna di Russia, e, subito dopo, la Resistenza. Poco più che ventenne Emilio, chiamato alle armi, viene inviato prima in Romania, poi in Urss al seguito di quella Armata italiana che, assieme al potente esercito del Reich tedesco, va a invadere, per conquistarla e distruggerla, l’Unione Sovietica. Per sua fortuna, essendo un abile stenografo, la sua campagna di Russia non si svolge nelle steppe e al gelo, ma negli uffici del Comando dell’Intendenza al seguito delle truppe italiane. E qui avviene la maturazione antifascista di Emilio: lavorando negli uffici del Comando, ha diretta conoscenza della assoluta impreparazione, operativa e logistica, della nostra spedizione in Russia.
Dispacci, comunicati, telefonate, gli confermano che abbiamo armi risalenti alla Prima guerra, carri armati ridicoli, abbigliamento che condanna i nostri soldati al congelamento, carburante razionato. Stando quotidianamente a contatto con gli alti ufficiali, apprende delle sconfitte militari, fatte passare dalla propaganda di regime per ripiegamenti tattici: ma soprattutto vive, con rabbia crescente, l’assoluta dipendenza e subordinazione italiane all’alleato-padrone tedesco.
A ciò si aggiunga la percezione diretta del trattamento persecutorio e inumano che i soldati germanici riservano agli ebrei nelle terre occupate, in Romania, in Ucraina: Emilio assiste con orrore a impiccagioni, vede passare decine di camion carichi di esseri umani destinati ai campi di sterminio.
Al suo rientro in Italia Emilio, come del resto faranno migliaia di reduci dalla campagna di Russia che diventeranno partigiani, non ha difficoltà a fare la sua scelta e, subito dopo l’8 Settembre, entra nel movimento partigiano. Partigiano sarà anche suo fratello Rino. Emilio sarà il garibaldino “Leo”, inquadrato in una compagnia del suo paese, Fontaniva, aggregata alla Brigata garibaldina “Stella”, la futura “Franco Sabatucci”. Farà azioni sull’uomo, sabotaggi a impianti stradali e ferroviari, e verrà catturato in seguito a una delazione. Trasportato e rinchiuso nella caserma delle Brigate Nere di Bassano del Grappa, fugge mostrando nell’occasione furbizia, sangue freddo, forza fisica. E sarà uno dei protagonisti della insurrezione del fine aprile 1945, che libera Fontaniva alcune ore prima dell’arrivo in paese degli statunitensi.
Interessante, dell’esperienza partigiana di Pegoraro, è il rapporto unitario che egli, garibaldino convinto, in una zona in cui i “bianchi” hanno l’egemonia anche nelle file della Resistenza, stabilisce con i partigiani della “Damiano Chiesa”, la formazione cattolica. La liberazione di Fontaniva è opera congiunta di tutti i partigiani, “bianchi e rossi”: i morti dell’insurrezione, cui il paese tributerà un omaggio corale, ricevono l’estremo saluto con pugni chiusi e segni di croce. Emilio, peraltro, a dimostrazione della sua serietà e dell’autorevolezza di cui già gode in paese, sarà in prima fila nel bloccare la folla inferocita, che vorrebbe linciare 600 prigionieri tedeschi arresisi ai partigiani nei giorni dell’insurrezione, dopo che si è scoperto che tre partigiani morti negli scontri sono stati barbaramente seviziati da quegli stessi tedeschi.
Giunto alla vecchiaia avanzata, quando andava diminuendo il suo impegno operativo quotidiano, Emilio Pegoraro si è impegnato nello studio, nella sistematizzazione e nella riflessione sulle sue esperienze. Anche qui, a conferma di quanto fin qui detto, due “fuochi” dei suoi interessi. Mondo contadino; guerra e Resistenza. Alla storia dell’agricoltura italiana e veneta e alle sue trasformazioni Pegoraro, che si rifaceva agli studi di Emilio Sereni, uno dei più grandi conoscitori del paesaggio agricolo italiano, ha dedicato anche molte sue opere di ricerca storica. Fra queste ricordiamo: “Per la terra e per gli uomini” (2002) e “Agricoltura: i protagonisti del cambiamento” (2005). All’esperienza, invece, della campagna di Russia, che abbiamo visto decisiva nella sua maturazione sociale e politica, Pegoraro ha dedicato un suo agile e fortunato libro di memorie “La Campagna di Russia. Memorie di un privilegiato” uscito nel 2010, dove il titolo dice molto della grande onestà intellettuale e della totale assenza di retorica e di autocelebrazione che lo hanno sempre caratterizzato. Sul periodo partigiano ha scritto il libro “Accadde durante la Resistenza. L’evasione dal carcere di massima sicurezza di Bassano del Grappa”.
Emilio Pegoraro, per un decennio (2001-2011) è stato presidente provinciale dell’Anpi di Padova. Un presidente stimato da tutti, capace di dirigere l’associazione con mite autorevolezza. Di convinzioni salde e sempre apertamente dichiarate, non ha mai avuto atteggiamenti settari nei confronti di chi, nell’associazione, sosteneva posizioni diverse dalle sue; sapeva sul serio ascoltare gli altri e confrontarsi con loro, operava davvero lo sforzo di tener conto dei punti di vista e delle convinzioni diverse dalle sue. Mai noi, arrivati per motivi anagrafici all’Anpi padovana molti anni dopo di lui, abbiamo colto in Emilio atteggiamenti di superiorità o sufficienza nei nostri confronti, anzi. L’esigenza di rinnovamento e di continuità dell’Anpi era in lui vivissima. Naturalmente la sua autorevolezza di partigiano, di dirigente politico e sindacale, di ex parlamentare è stata per anni una risorsa che facilitava le nostre iniziative, i nostri rapporti con le forze politiche e le istituzioni: non ce lo ha fatto mai pesare. Era assolutamente convinto della necessità di avere un rapporto continuo e fecondo con tutte le forze antifasciste, non solo con quelle di sinistra.
Ha considerato per anni un vanto per l’Anpi padovana avere al suo interno cattolici e liberali, anche con funzioni dirigenti. Ricordo per tutti il prof. Franco Marin, recentemente scomparso, da ragazzo staffetta partigiana, militante del partito liberale, e per molti anni nella presidenza di Anpi Padova. Credo che in questa convinzione saldamente unitaria abbiano pesato le sue esperienze: prima di partigiano garibaldino che combatteva fianco a fianco con i cattolici della “Damiano Chiesa” nel Cittadellese; poi di dirigente dell’Alleanza Contadini che con la Coldiretti e i suoi dirigenti (a Padova Ferdinando De Marzi) si misurava con lealtà, alla pari.
Una vita lunga e serena, quella di Emilio. Gli è stata per oltre settanta anni moglie e compagna Léontine Parolin. Figlia italo-francese di abitanti di Fontaniva emigrati in Francia e rientrati in Italia proprio alla vigilia della guerra, Léontine ci ha raccontato molte volte lo “choc” che provò, ragazza emancipata e colta, nata e vissuta in città, al rientro nel paese dei suoi, nei primissimi anni Quaranta. Le sembrava di tornare al Medioevo. Per fortuna incontrò e amò Emilio, uno che di quel Medioevo, come lei, non voleva più saperne. Hanno poi trascorso – davvero serenamente e pienamente insieme – una lunghissima vita comune. Dalla loro unione figli e nipoti che si sono affermati professionalmente e che hanno continuato a volergli bene.
Ecco, Emilio, abbiamo provato a ricordarti e raccontarti. Ci hai dato molto e molto hai dato alla democrazia e ai lavoratori italiani: ci restano la tua serietà, talora un po’ pignola, ma giusta; e il tuo sorriso.
Maurizio Angelini, segreteria provinciale Anpi Padova
Pubblicato giovedì 22 Dicembre 2022
Stampato il 04/10/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/ci-guidavano-le-stelle/emilio-pegoraro-una-lunga-vita-accanto-ai-vinti-nel-segno-dellunita-antifascista/