“Una rondine non fa primavera” recita un detto popolare antichissimo. Con esso si vuole intendere che un evento isolato non deve essere sufficiente per trarre conclusioni di carattere certo e definitivo. Durante le loro migrazioni le rondini si spostano in grandi gruppi. La loro comparsa segnala inequivocabilmente l’arrivo della stagione primaverile. Avvistarne una sola, invece, non prova che la bella stagione è alle porte. Forse il povero volatile atipico ha semplicemente lasciato lo stormo e perso la rotta…

Franz Jägerstätter

Qualcosa del genere accadde a un contadino cattolico austriaco, Franz Jägerstätter. Nato a Sankt Radegund il 20 maggio del 1907 trascorse la gioventù come tanti altri ragazzi della sua epoca.

Franz e Franziska il giorno del loro matrimonio

Ebbe un radicale cambiamento dopo il matrimonio con Franziska Schwaninger, il 9 aprile del 1936. Sua moglie era una donna molto religiosa ed esercitò una notevole influenza nell’avvicinare Franz alla preghiera e alla lettura della Bibbia. Come riferito dallo storico Gordon Zahn, la coppia trascorse anche molto tempo a parlare di religione con l’unico abitante acattolico di Sankt Radegund, il cugino di Franz, un testimone di Geova.

Il cardinale Innitzer

Tutto ciò convinse Franz che per un credente era impossibile definirsi cristiano e allo stesso tempo aderire all’ideologia del nazionalsocialismo che stava rapidamente prendendo piede nel suo Paese. Dopo l’annessione dell’Austria alla Germania nazista, il 12 marzo 1938, Jägerstätter rifiutò l’incarico di sindaco che gli era stato proposto. Votò “no” quando si tenne il plebiscito per confermare l’Anschluss, nonostante il cardinale Theodor Innitzer avesse inviato una lettera pastorale ai suoi vescovi affinché invitassero i propri fedeli a votare in massa “sì”. La cattolica Austria votò a favore dell’annessione con una percentuale del 99,73%.

La scheda elettorale con cui si votava l’Anschluss

Nel 1940, Jägerstätter venne arruolato dalla Wehrmacht, ma grazie ad alcuni espedienti riuscì a tornare alla vita civile. L’esperienza militare e il programma nazista sull’eutanasia, che conobbe in quel periodo, lo convinsero che un cristiano non poteva imbracciare le armi. In molti cercarono di fargli cambiare idea. Addirittura il vescovo di Linz, Josephus Calasanz Fließer, gli consigliò di non dichiararsi obiettore di coscienza. La moglie Franziska, invece, lo sostenne in questa decisione, benché consapevole delle conseguenze.

Hitler considerava la città di Linz la sua patria perché, come confidava spesso ai più intimi collaboratori, vi aveva trascorso «gli anni più felici della sua vita». Per abbellirla deportò e rese schiavi a Mauthausen migliaia di oppositori politici di ogni angolo d’Europa, costretti a lavorare in condizioni umane inaudite

Il 23 febbraio 1943 venne nuovamente chiamato alle armi. Fin da subito affermò che non avrebbe indossato la divisa. Venne incarcerato nella prigione militare di Linz. Durante la detenzione, il cappellano e altre autorità civili e religiose cercarono di indurlo a un ripensamento suggerendogli di preoccuparsi innanzitutto di sua moglie e delle sue tre bambine e cercando di convincerlo che per un cattolico non era inconciliabile prestare servizio militare nell’esercito di Hitler. Fermo nella  determinazione Franz fu condannato a morte il 6 luglio del 1943 dal Tribunale di Guerra del Reich di Berlin-Charlottenburg. Nel verbale del processo si legge: “Durante l’interrogatorio, l’imputato ha dichiarato che, se avesse combattuto per lo Stato nazionalsocialista, avrebbe agito contro la sua coscienza religiosa. Nel processo principale ripete la sua dichiarazione e aggiunse che, nel corso dell’ultimo anno, era giunto alla convinzione che, come cattolico credente, non poteva prestare servizio militare; non poteva essere contemporaneamente nazionalsocialista e cattolico: ciò era impossibile”.

La ghigliottina della prigione di Brandenburg

Venne ghigliottinato il 9 agosto 1943 a Brandeburg an der Havel insieme ad altri 15 obiettori di coscienza, tutti testimoni di Geova. In relazione a questi ultimi, Heinrich Kreuzberg, un prete che ebbe modo di conoscere Jägerstätter durante i suoi ultimi giorni di vita, ritenne che l’esempio di quegli uomini coerenti con la loro fede e disposti ai più grandi sacrifici, avesse potuto incoraggiarlo nella sua decisione suprema. Egli ricordava di aver sentito Franz parlargli con ammirazione della loro fede incrollabile.

(Imagoeconomica, Carlo Lanutti)

Benché avesse cercato di vivere la sua vita coerentemente al Vangelo e alla propria coscienza, nella chiesa cattolica Jägerstätter venne ritenuto un’eccezione errata e la sua condotta venne rifiutata da molti, poiché perseguiva un’idea diversa da praticamente tutti gli altri fedeli. Sulla sua figura calò il silenzio e una sorta di damnatio memoriae: era troppo scomoda la testimonianza di un semplice contadino che da solo mise a nudo le contraddizioni e gli opportunismi dei propri correligionari e di una Chiesa che aveva detto di sì a Hitler. I vescovi di Linz fino al 1980 rifiutarono di considerare Franz un eroe antinazista per non turbare le coscienze della maggior parte dei credenti che invece aveva obbedito agli ordini del Führer.

Franz Jägerstätter in divisa. Un’uniforme che rifiutò per due volte

Solo dopo alcuni decenni iniziò una lenta opera di rivalutazione della vita di Jägerstätter. Nel 1993 la Posta austriaca lo ricordò con l’uscita di un francobollo commemorativo. Nel 1997 venne iniziata la causa di beatificazione. Il 1º giugno 2007 papa Benedetto XVI autorizzò la pubblicazione del decreto che riconobbe il suo martirio, aprendo così le porte alla sua beatificazione. Il 26 ottobre 2007 presso il duomo di Linz venne proclamato beato. Il relatore della sua causa osservò che Franz aveva commesso “un atto singolare, esemplare, ma non imitabile da tutti”. Nel 2019 è stato anche realizzato un film sulla sua storia.

Benedetto XVI, Joseph Ratzinger: Marktl, 16 aprile 1927 – Città del Vaticano, 31 dicembre 2022, pontefice dal 19 aprile 2005 al 28 febbraio 2013 (Imagoeconomica)

Chissà cosa ne avrebbe pensato Jägerstätter nell’apprendere che il responsabile della sua riabilitazione sarebbe stato Joseph Ratzinger, un papa che da ragazzo crebbe nella Germania di Hitler. Negli anni in cui Franz riaffermava fino alla morte che per un cristiano era inconcepibile fare il soldato Ratzinger entrava nel programma paramilitare del personale di supporto alla Luftwaffe a Monaco e, successivamente, veniva arruolato nella Wehrmacht finendo poi per essere recluso come prigioniero di guerra dagli Alleati.

In che senso il caso di Franz Jägerstätter fu una difformità che non permette di trarre conclusioni positive sul comportamento della chiesa cattolica di cui faceva parte? Nello spiegare il motivo per il quale aveva impedito la pubblicazione di un articolo su Jägerstätter nel Giornale della Chiesa di Linz nel 1946, a guerra oramai finita e a nazismo caduto, il vescovo Fließer scrisse: “Considero veri eroi quei giovani, teologi, sacerdoti e padri cattolici che, nell’eroico adempimento del loro dovere e nella convinzione profondamente radicata di fare la volontà di Dio, ognuno all’interno del proprio ruolo, hanno lottato e sono caduti per questo, come un tempo i soldati cristiani nell’esercito dell’ imperatore pagano. O i veri eroi sono i testimoni di Geova e gli avventisti che ‘coerentemente’ hanno preferito morire nei campi di concentramento piuttosto che impugnare le armi? Tanto di rispetto per una coscienza che è innocentemente errata; troverà misericordia presso Dio”.

Per Fließer, il suo parrocchiano Franz Jägerstätter continuava a restare un’anomalia rispetto al comportamento della stragrande maggioranza dei membri della sua chiesa, un uomo che, sbagliando, non aveva seguito la massa. Per lui i veri eroi restavano quei cattolici caduti servendo l’esercito hitleriano e l’ideologia nazista.

Effettivamente il povero contadino austriaco è stato una rondine che non ha fatto primavera.

Matteo Pierro