Il 10 novembre 2018, a Reggio Emilia, il Centro Studi Italia e altre associazioni della destra reggiana hanno organizzato la presentazione del libro di Gianfranco Stella “Compagno mitra” con l’ambizioso sottotitolo “saggio storico sulle atrocità partigiane”.

L’ANPI reggiana, in diverse occasioni, ha ribadito che la storia di Liberazione della nostra provincia, e più in generale del nostro Paese, non può essere riscritta da Gianfranco Stella che va sostenendo nelle sue pubblicazioni alcune tesi contrarie alla verità storica largamente condivisa:
– Il movimento partigiano fu un mito e null’altro.
– La Resistenza non fu determinante per le sorti della guerra.
– Il riscatto nazionale dal fascismo da parte dei partigiani combattenti fu una invenzione a posteriori e in definitiva un vero e proprio falso storico.

Stella, volutamente, ignora il valore politico della Resistenza, che fu un momento d’incontro delle culture e ispirazioni politiche presenti nel ventennio fascista e nella lotta di Liberazione, a partire da quella comunista, socialista, cattolica e liberale; incontro e collaborazione che è poi proseguito nel dopoguerra e ha permesso, con i lavori della Costituente, di elaborare la Costituzione repubblicana entrata in vigore il 1° gennaio 1948.

Sul piano militare l’ANPI ha sempre riconosciuto che decisivo per la vittoria contro il nazifascismo fu l’apporto dei due grandi eserciti, quello alleato e quello sovietico. Ma è altrettanto vero che un contributo importante lo diede la Resistenza armata, a partire dalla lotta contro i fascisti e i nazisti, dai sabotaggi agli attacchi ai presidi e alle colonne armate. Non va dimenticato che la lotta armata, e in particolare la guerriglia partigiana, fu possibile per il largo e crescente appoggio che diedero i civili e in particolare le donne e le famiglie contadine. Gli stessi oltre 600.000 internati IMI dimostrarono quanto radicata fosse l’avversione verso il fascismo nei giovani italiani.

Nel libro risulta chiaro l’intento di denigrare i partigiani, sminuire il contributo della Resistenza alla Liberazione del Paese dal fascismo e dal nazismo e ancor più speculare su, peraltro mai negate, divergenze sulla condotta della lotta tra le formazioni partigiane di differenti ispirazioni ideali, sparando giudizi sui “buoni”, i cattolici e i “cattivi” i comunisti.

Alcide De Gasperi alla Conferenza di Pace di Parigi

Quanto al riscatto nazionale il cattolico (così si autodefinisce Stella), ignora che il cattolico Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio, alla Conferenza di pace a Parigi nell’agosto 1946, parlò proprio come democratico antifascista, in nome della Resistenza italiana (militare e civile), ottenendo una rispettosa considerazione dalle potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale.

I suoi scritti sono stati definiti, da uno storico, come un lavoro dilettantesco con l’obiettivo di fare scoop giornalistici in quanto manca, spesso, una documentazione e una contestualizzazione dei fatti. L’autore non usa un metodo scientifico di indagine, con la raccolta del materiale e con lo studio delle fonti dalle quali lo ha prelevato. Tanto meno non utilizza una correttezza di linguaggio e non esclude attacchi personali o polemici così come previsto a proposito della sanzionabilità della condotta diffamatoria.

Nel febbraio 2021 Stella è stato rinviato a giudizio al tribunale di Ravenna per diffamazione a mezzo stampa per aver offeso la reputazione di Amleto Paderni “Ermes” già comandante di Battaglione della 76” Brigata SAP, funzionario del PCI, sindaco di Scandiano dal 1964 al 1972 e presidente dell’ANPI comunale, scomparso nel 2002.

La denuncia è stata presentata, come avevamo raccontato su Patria, dalla vedova Tilde Cigni e dalle figlie Maria Teresa e Donata dopo aver letto in una didascalia riferita ad Amleto Paderni “tra gli altri uccise, nel maggio 1945, il medico di Arceto, Luigi De Buoi, che gli aveva rifiutato un certificato di esenzione” e in un’altra parte del libro vi è scritto che al processo la fece franca perché ottenne l’amnistia.

I familiari hanno allegato alla denuncia copia della sentenza della Corte di Appello di Bologna del 5 aprile 1951, dalla quale risulta che Amleto Paderni aveva rinunciato a usufruire dell’amnistia e che il procedimento si era concluso con un “non doversi procedere per non aver commesso il fatto”.

Il processo di primo grado si è concluso il 31 gennaio 2023 al Tribunale di Ravenna che ha condannato in sede penale Gianfranco Stella accusato di diffamazione a mezzo stampa con il seguente dispositivo:
–  Multa di € 10.000
–  Pagamento delle spese processuali di entità da definire
–  Pagamento delle spese legali di € 7.612
–  Riconoscimento di una provvisionale di € 5.000 a favore della famiglia Paderni

I famigliari hanno espresso una sentita soddisfazione per aver visto il riconoscimento delle ragioni della loro denuncia.

L’autore aveva in precedenza dichiarato di essere consapevole del rischio di essere denunciato e di aver già subito sei processi “superati” ma le cose non stanno proprio così.

(foto Istoreco, che ringraziamo)

Gianfranco Stella era già stato condannato in via definitiva a pagare un risarcimento danni al partigiano reggiano Nemesio Crotti “Iside”, comandante della 26ª brigata Garibaldi reggiana, per diffamazione avendolo accusato, senza prove, di aver organizzato la morte di don Carlo Terenziani.

Gianfranco Stella è anche stato condannato a pagare un risarcimento danni a Carlo Boldrini figlio di Arrigo Boldrini “Bulow” per averlo diffamato, definendolo un cialtrone e rivolgendogli altre accuse.

Per l’accusa a Bulow di essere responsabile della strage di Codevigo fu denunciato da 13 partigiani della 28^ Brigata Garibaldi e il giudice, mettendo in rilievo il diritto alla libertà di stampa e di ricerca storica, chiuse il caso con il “non luogo a procedere”.

La condanna in sede civile sancì anche la infondatezza dell’accusa rivolta a Bulow di essere il boia di Codevigo.

Malgrado le condanne subite, a cui non ha dato esecuzione, Stella continua nella sua delirante azione iniziata anni fa con altre simili pubblicazioni per denigrare la Resistenza. La tecnica è sempre la stessa. Si presenta con l’esplicito obiettivo di riscrivere la storia. Lancia accuse eclatanti e infamanti, con una palese sufficienza e approssimazione, senza fornire prove.

Ha confidato anche sul fatto che i protagonisti non ci sono più e i discendenti spesso non leggono i suoi libri e sono frenati nell’intraprendere un’azione legale, che comporta oneri e richiede di dedicargli tempo. Per questo processo, per esempio, che può essere considerato “veloce”, ci sono voluti due anni per il rinvio a giudizio e due anni per avere la sentenza.

Amleto Paderni. Chi ha provato a diffamarlo è starto condannato

L’ANPI reggiana, che ha costantemente seguito il processo, esprime soddisfazione per aver visto accolte le ragioni dell’accusa di diffamazione di un libro che, per dichiarazione dell’autore, aveva la pretesa di riscrivere la storia paventando la disponibilità di fascicoli inediti derivanti dall’archivio segreto del PCI mentre invece si tratta della documentazione da tempo pubblica e consultabile presente negli archivi dell’Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea in provincia di Reggio Emilia.

La voglia di fare uno scoop editoriale e di suffragare la sua immagine di storico che ha il coraggio di dire le verità scomode lo ha tradito cadendo in errori come quello oggetto del processo che gli ha procurato la condanna penale per diffamazione.

Ermete Fiaccadori, presidente provinciale Anpi Reggio Emilia