Preceduto da una serie di articoli faziosi, ideologici e superficiali del Secolo d’Italia e di Libero e soprattutto dalla locandina dalla grafica decisamente fascistoide pubblicata alcuni giorni fa dalla Regione Piemonte (che faceva riferimento al Giorno del Ricordo – 10 febbraio) si è svolto a Gorizia, lo scorso 5 febbraio, un approfondito e interessante dibattito dal titolo “La Storia insieme” sul tema del confine orientale, le foibe, l’esodo degli italiani, la lotta partigiana, italiana e slovena, e sulle centinaia di migliaia di morti che hanno segnato la storia degli ultimi 150 anni del territorio.

5 febbraio 2022, il convegno “la storia insieme” a Gorizia, alcuni dei relatori (dalla diretta Fb trasmessa in diretta) sulla pagina social dell’Anpi nazionale)

Grazie all’Anpi Friuli Venezia Giulia (Dino Spanghero che ne ha anche coordinato i lavori), si è avuta l’opportunità di analizzare quel tragico periodo con la testimonianza di due storici (sloveni e italiani) che parteciparono ai lavori della Commissione storico-culturale italo-slovena. Ad alcuni professori che ne fecero parte, Nevenka Troha e Fulvio Salimbeni, si sono aggiunti altri due storici, Gorazd Bajc ed Eric Gobetti che hanno ulteriormente arricchito il dibattito apportando nuove riflessioni, frutto dei loro lavori.

La Commissione bilaterale italo-slovena fu istituita nel 1993 dai due ministeri degli Esteri che chiedevano di redigere un rapporto sulle foibe, sull’esodo e sul confine orientale italiano. Gli storici, racconta la prof. Nevenka Troka, decisero allora che la Storia non poteva limitarsi ai fatti di quel periodo (1940-1945), ma andava analizzata e suddivisa in quattro fasi: dal periodo precedente alla Prima guerra mondiale, incluso il dissolvimento dell’Impero austro-ungarico, fino alla fine del conflitto (1880-1918); la seconda parte dal 1918 al 1941, anno dell’occupazione nazifascista della Slovenia (con l’invasone della Jugoslavia); la terza parte (dal 1941 al 1945) che si occupava prevalentemente dell’occupazione nazifascista della Slovenia e delle feroci repressioni; la quarta, dal 1945 al 1956, che analizzava le diverse elaborazioni di memorandum e accordi, nel tentativo di una pacificazione finale.

Jugoslavia, militari italiani contro civili

Sono stati soprattutto gli anni dell’occupazione fascista e nazista che hanno segnato la storia contemporanea di questi territori. Il fascismo aveva un duplice nemico: le minoranze (“l’altro”) e tutte le forze di opposizione. Fu nelle carceri e nei luoghi di deportazione che sloveni e italiani antifascisti cominciarono a operare insieme. L’apice della repressione si realizzò con l’occupazione e la spartizione della Slovenia tra Italia, Germania e Ungheria (aprile 1941).

E dopo l’8 settembre 1943 si rafforzò la Resistenza e l’impegno comune di partigiani italiani e sloveni, durante i lunghi mesi di brutale repressione da parte dei nazifascisti, di terrore e persecuzione. L’intervento dell’armata jugoslava portò alla Liberazione e alla cattura di centinaia di collaborazionisti. L’ultimo capitolo del rapporto si occupa del conflitto che ha riguardato il confine tra Italia e Slovenia e di quel trattato di pace che tentò di trovare una soluzione equa tra tutte le parti. Con la firma del Memorandum di Londra si pensava fosse finito lo scontro fra Italia, Slovenia e Croazia.

Per il prof. Gorazd Bajc, dell’Università di Maribor, l’obiettivo complesso degli storici che lavorarono al Rapporto era quello di avere un approccio comune, anche se si partiva da punti di vista differenti. Da ambedue le parti si è provato a capire “l’altro” e forse proprio per questo, gli storici di entrambe le parti furono allora accusati, ciascuno nel proprio Paese, di essere quasi dei venduti, dei rinnegati.

Per leggere o scaricare il Rapporto della Commissione italo-slovena clicca QUI

Ogni capitolo del rapporto, una volta redatto, veniva affidato a due esperti (uno sloveno e uno italiano). Purtroppo la conoscenza, la diffusione e la visibilità del documento sono stati superati proprio dalla creazione del “10 Febbraio” come Giornata del Ricordo (Legge 92 del 2004); e strumentalizzando la ricorrenza molti politici di destra e ultra destra hanno creato fratture, interpretazioni faziose, e utilizzato foibe ed esodo esclusivamente per ragioni ideologiche. Sono state realizzate perfino delle fiction su questo periodo e su questi temi, che certamente non hanno favorito né la comprensione né la conoscenza degli avvenimenti.

Come ha detto il prof. Fulvio Salimbeni, non fu affatto trascurato il lato “culturale” del rapporto che andava redatto. Ma la splendida regione tra Austria, Italia e Slovenia, dove si erano incontrate e scontrate, integrate e arricchite, storia e cultura latina, tedesca, slava ed ebraica, divenne terra di combattimenti, odio e orrore.

Furono le istituzioni europee, una volta caduto il muro di Berlino, e una volta consolidato il processo di allargamento ai Paesi dell’Europa centro orientale, a chiedere di creare delle commissioni bilaterali in molti Stati membri della UE. Bruxelles chiedeva di elaborare una storia europea condivisa; bisognava formare le nuove generazioni su tutto ciò che univa e non divideva. La realtà è che non si arrivò mai a questi risultati. Il lavoro rimase incompiuto e molto limitato. In un momento in cui si mettono in discussione i principi democratici e i diritti fondamentali, bisognerebbe avere il coraggio di studiare, analizzare e confrontarsi con “l’altro”.

La scelta degli storici che si occuparono del rapporto era giusta, come ha confermato Eric Gobetti, ma i risultati furono totalmente abbandonati (o volutamente ignorati) dai politici. La stessa decisione di istituire il giorno del ricordo ignora di fatto le ragioni dell’altra parte. La Storia non può essere parziale e il problema è che lì dove nei manuali si parla (raramente) di foibe e di esodo, si tralasciano informazioni e fatti fondamentali, come a esempio l’occupazione fascista della Slovenia nel 1941. Chi si ricorda oggi che l’isola di Arbe/Rab fu un campo di concentramento in Croazia, dove furono ammassati antifascisti sloveni e italiani? E quanti sanno che furono circa 30.000 i partigiani che combattevano a fianco dei partigiani jugoslavi e in 10.000 persero la vita?

I fiori deposti al confine tra Italia e Slovenia da Marian Krizman e Gianfranco Pagliarulo, presidenti Zzb Nob e Anpi

Importante il contributo di Marian Krizman, Presidente dell’associazione partigiana slovena Zzb Nob, che ha incoraggiato tutti a lavorare nella stessa direzione: c’è un enorme sforzo da fare per sensibilizzare e informare l’opinione pubblica dei due Paesi. Questo rapporto potrebbe essere una base di partenza; bisogna parlarne nelle scuole e nelle università. “Non è tardi, ma non c’è più tanto tempo”.

Anche per questo esiste un rapporto forte tra Zzb Nob e Anpi, e per questo nel giorno del convegno a Gorizia è stata posta una corona di fiori al confine tra Italia e Slovenia dai presidenti delle due associazioni partigiane.

“Questa è terra di dolore – ha detto Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi – e le foibe furono l’esito, uno dei tanti, seppur particolarmente barbaro, di quel lungo processo di disumanizzazione delle coscienze che si era avviato con la gigantesca apologia della violenza della Prima guerra mondiale. Tale processo si incarnò in una serie di eventi che si fecero storia: le violenze squadriste, il rogo del Narodni Dom, la snazionalizzazione degli sloveni e dei croati, le persecuzioni, i tribunali speciali, le tragedie delle aggressioni militari ai Paesi d’Europa, le fucilazioni e le rappresaglie contro i civili, le deportazioni nei lager, l’eliminazione dei sospetti, l’incendio di interi paesi, l’Adriatisches Künstenland”.

Per questo è fondamentale conoscere il Rapporto della Commissione italo-slovena; abbiamo bisogno di conoscere e ricordare quelle drammatiche vicende, a condizione che torni alla memoria l’intera precipitazione dei rapporti italo-sloveni. Questa la proposta di Pagliarulo a nome dell’Anpi: “Non si faccia del Giorno del Ricordo un momento di ulteriore strappo, di divisione fra gli italiani e fra gli italiani e gli sloveni. Sia davvero una giornata di memoria osservante di tutte le memorie: delle foibe, degli esodati, delle stragi operate in Slovenia e al confine. Sia una giornata di rispetto e non di oltraggio, di analisi storica e non di propaganda, di fraternità e non di odio, di pace e non di guerra. Questo è il messaggio che ci permettiamo di inviare alle autorità italiane e alle autorità slovene”.

Susanna Florio