Come un parco intitolato a un partigiano nella periferia multietnica capitolina è diventato oggetto di uno studio universitario. Solidarietà, riqualificazione urbana, storia e cultura, il mix che fa bene ai cittadini
Il parco Giordano Sangalli (www.ecomuseocasilino.it)
Prendi un quartiere multietnico della periferia romana raccontato solo come luogo di violenza, criminalità e degrado, aggiungi una grande voglia di riscatto e partecipazione e mescola a lungo: il risultato è sorprendente. Succede a Tor Pignattara, nel quadrante orientale di Roma, dove la società civile, riunitasi in comitato, ha riqualificato, lavorando sodo giorno dopo giorno nel corso degli ultimi quattro anni, il parco dedicato al giovane partigiano Giordano Sangalli – ricordato anche con una pietra di inciampo –, un tempo abbandonato al degrado e oggi diventato un potente luogo di coesione del complesso tessuto sociale che caratterizza la zona.
La “stolpersteine” in memoria di Giordano Sangalli
Attività sportive e yoga su prati curati, incontri di lettura e di lingua straniera tra le aiuole, tango, pattinaggio, un coro e laboratori per bambini oggi animano l’area verde e si contrappongono allo scenario del 2017, quando iniziò il processo di bonifica: rottami di elettrodomestici, cumuli di rifiuti e siringhe facevano da contorno a clochard che stanziavano sotto le arcate dell’acquedotto Alessandrino che delimita una parte del parco. “Per restituirlo alla popolazione – spiega Simone Magnelli, presidente del Comitato spontaneo che ha avviato il processo di riqualifica – abbiamo innescato un circolo virtuoso perché se il parco è pulito ma non è frequentato perde la sua funzione di aggregazione, scambio, conoscenza. Senza il coinvolgimento e il sostegno dei volontari, tutto questo non sarebbe stato possibile”.
Uno scorcio del quartiere di Tor Pignattara
Una delle problematiche che attanaglia Tor Pignattara, come molte periferie urbane, è lo spaccio e, in modo particolare, l’eroina. Una scena del film Amore tossico di Claudio Caligari raccontò, nel 1983, la bellezza, monumentale e spietata, dell’acquedotto Alessandrino, scenario delle vicissitudini di una giovane protagonista alla ricerca di una dose. “Con gli spacciatori è stato un lavoro lungo – chiosa Magnelli –. Abbiamo iniziato lasciando semplicemente che capissero che li stavamo osservando. Alcuni di loro avevano i figli che giocavano al parco. Poi abbiamo occupato fisicamente i loro spazi, come le panchine che utilizzavano come basi, inserendo le attività che continuano a esserci ancora oggi”.
Un’opera di street art
“Dopo il primo lockdown era tornata l’eroina”, racconta Vittoria Faro responsabile di “Recherche”, un ex padiglione adibito a deposito e ora presidio culturale della zona. “Proprio lì – dice Faro indicando il muro che separa il parco Sangalli dal giardino del padiglione – spesso gli spacciatori nascondevano la merce o gli eroinomani venivano a farsi. Abbiamo dovuto faticare non poco per far capire loro che questa è una zona frequentata anche da bambini. Senza la cultura non può esserci riqualificazione”.
Lo spazio culturale è uno degli effetti che la riqualifica del parco ha generato. Tra questi vi sono la costante proposta da parte di associazioni che organizzano preziosissimi corsi all’aria aperta. Le attività di riqualifica hanno portato a nuove forme di solidarietà, come la collaborazione del già citato comitato con altri volontari di zone limitrofe che, armati di tagliaerba e sacchi di immondizia, hanno bonificato, in un nuovo progetto di recupero di beni comuni, un varco che collega il quartiere al percorso ciclopedonale del Parco archeologico di Centocelle, nonché la presenza di gruppi di urban trekking sempre più interessati al contesto di Tor Pignattara, caratterizzato da numerose opere di street art e dai reticolati di strade in cui antichissimi mestieri incrociano il nuovo volto del quartiere.
In passato il parco è stato ripulito da vari gruppi e associazioni, ma ciò che rende peculiare il lavoro svolto dal Comitato spontaneo dell’acquedotto Alessandrino è aver garantito alla collettività, attraverso proposte culturali e sportive, la possibilità di fruire dell’area pubblica in maniera quotidiana non solo come meta per le passeggiate. Questo caso di cittadinanza attiva è divenuto oggetto di studio per il laboratorio comune condiviso del dipartimento di scienze politiche dell’università La Sapienza di Roma, nato con l’obiettivo di mappare, analizzare e offrire prospettive di riflessione sui processi urbani.
“Quella del parco Sangalli è un’esperienza emblematica – spiega il professor Fabio Giglioni che coordina il laboratorio universitario – perché da un lato è l’espressione di un rapporto di solidarietà sviluppato tra i cittadini a favore della comunità, rinsaldando forme di appartenenza al territorio e di coesione sociale, dall’altra rappresenta anche la capacità di rimettere in uso un servizio ambientale urbano che diventa un contributo al diritto all’ambiente di cui tutti possono beneficiare”. Un’azione di recupero civico che ha liberato 400 metri quadri di verde pubblico, scelto dall’università per la sua origine informale che nel tempo ha allacciato un rapporto con le istituzioni, ottenendo lo stanziamento di fondi grazie a un progetto presentato al bilancio partecipato del Comune per prossimi interventi di riqualifica, come illuminazioni e pavimentazioni.
L’ingresso di una delle moschee del quartiere
Oggi quartiere multietnico, il microcosmo Tor Pignattara ha un rapporto storico con le migrazioni: tra gli anni Venti e il secondo Dopoguerra, da distretto industriale attirò migranti da diverse regioni italiane che costruirono a ridosso dell’Acquedotto baracche poi demolite negli anni Ottanta, per lasciare spazio al parco.
La variegata composizione della zona, in cui gli stranieri rappresentano il 22%, stando ai dati del Comune di Roma, si riflette nelle quattro parrocchie cattoliche, altrettante moschee e chiese pentecostali, due templi hindu e un tempio buddista. Anche in questo, la riqualifica del parco Giordano Sangalli si è trasformata in uno strumento di inclusione e di spazio interculturale: le persone di nazionalità e religione diverse sono infatti presenti in maniera attiva nel gruppo che cura l’area verde e nelle attività che vi si svolgono, attraverso l’apporto di singoli o di comunità, come quella Baha’i. Così, consentendo agli abitanti di beneficiare in modo equo delle risorse e degli spazi, l’esperienza del parco può rappresentare un esempio da seguire in termini di coesione territoriale, recupero urbano e diritto all’ambiente.
Mariangela Di Marco
Pubblicato martedì 1 Giugno 2021
Stampato il 30/09/2023 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/un-esperimento-verde-resistente/
Periodico dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
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Come si è consumato nel corso della vita della Repubblica un rapporto una volta fecondo e reciproco. Dai fasti del dopoguerra al declino con Berlusconi alla crisi finale del nostro tempo
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