La comunicazione radiofonica ha sempre rappresentato un medium fondamentale e cruciale anche nelle guerre. I regimi totalitari usarono la radio per tenere subordinati alle esigenze propagandistiche i connazionali. La Germania nazista e l’Italia fascista utilizzarono il “sistema radio” per manipolare ideologicamente la popolazione con esiti straordinari. Fortunatamente ci furono delle eccezioni: Radio Londra fu assai apprezzata e decisiva nei rapporti tra i combattenti partigiani e le popolazioni vessate dai governi dittatoriali.
Nel panorama radiofonico italiano, la Sardegna ebbe un particolare primato: quello di aver annunciato per prima la fine, in Europa, della Seconda guerra mondiale attraverso le deboli ma efficaci frequenze di Radio Sardegna. È il 7 maggio 1945. Antonello Muroni, speaker di Radio Sardegna, annunciava la fine del conflitto: “a voi che ascoltate, la guerra è finita”. Ancora oggi, a distanza di decenni, si parla di questo scoop radiofonico, che batté sul tempo la Bbc. Altri tempi.
Radio Sardegna nasce nell’ottobre 1943 a Bortigali, un piccolissimo centro del Marghine, esattamente in una grotta adibita a rifugio antiaereo. Dopo un rodaggio preliminare, il debutto ufficiale avviene, con il beneplacito del Comando militare, il 2 ottobre alle ore 13.15, quando la “Radio Brada”, cioè radio libera e ribelle, iniziava le trasmissioni. Il Comando delle Forze armate diffonde un lungo comunicato per spiegare la nascita della Radio: “Radio Sardegna si propone, mediante i propri notiziari, di integrare l’opera della stampa quotidiana dell’isola. Libera da qualsiasi influenza straniera, Radio Sardegna, autentica voce d’Italia, si ispira fedelmente alle direttive e ai principi che guidano l’opera del Governo della Maestà del RE. Radio Sardegna proponendosi anche uno scopo di assistenza morale, farà giungere in Continente la propria voce trasmettendo regolarmente notizie di militari e civili in stanza in Sardegna alle rispettive famiglie. Infine Radio Sardegna intende contribuire, nei limiti del suo campo d’azione, alla valorizzazione delle possibilità dell’isola in ogni campo (industriale, commerciale, economico) tenendo di mira fin d’ora, la meta di tutti gli italiani: la ricostruzione delle fortune e dei destini della Patria”. Fortunatamente questo spezzone di storia è stato raccontato nel 2004 con dovizia di particolari in un volume intitolato “Radio Brada”, curato da Romano Cannas, per le edizioni Rai Eri.
La radio trasmetteva in onde corte (potenza 3 kw) e alloggiava in una struttura grande quanto un grosso pullman, in cui erano sistemati i pannelli della trasmittente e quelli riceventi. La prima programmazione consisteva in soli 3 notiziari della durata complessiva di 15 minuti (alle ore 13,15; 17,15 e alle 22). Col tempo vennero inserite due trasmissioni intitolate “Notizie da casa”. In seguito i notiziari divenivano 5 e furono previsti alcuni programmi musicali, con dischi raccolti dai militari e dagli abitanti di Bortigali. La programmazione quotidiana passava a 150 minuti.
Molti furono i collaboratori di Radio Sardegna, tutti volontari e militari. Il primo tecnico era Armando Migliorini, sottoufficiale del X Raggruppamento Genio di Roma. Tra quanti contribuirono ricordiamo Pio Ambrogetti e Walter Vannini, coadiuvati da Armando Rossini e da Jader Jacobelli, divenuto noto, in seguito, nella programmazione nazionale della Rai. A questo proposito racconta Jacobelli: “Doveva essere una radio militare con lo scopo di dare notizie utili alla ripresa dei sardi provati dalla guerra, e comunicare ai parenti dei soldati del continente notizie dei loro cari. Invece fu una radio a 360 gradi, una radio libera, creativa e autonoma, che di giorno in giorno si conquistò la fiducia dei sardi e il loro consenso, e fu davvero una radio di “servizio pubblico. Io devo a quella esperienza se poi ho vissuto la professione di giornalista, ma come un debito, non da protagonista, ma da delegato”. Continua Jacobelli: “Se la rievocazione di quella lontana vicenda può motivare i giovani colleghi verso un giornalismo esercitato come servizio e non come potere, contro ogni condizionamento di parte, questo non sarà un libro di ricordi”.
Intanto Radio Sardegna cambiava sede. Si decideva di portarla, migliorata nella ricezione, a Cagliari. Nel capoluogo le apparecchiature vennero sistemate in tre grotte del quartiere di “Is Mirrionis” adibite a rifugio antiaereo. “Il carrozzone di Bortigali” era parcheggiato nella adiacente Piazza d’Armi, in una palazzina fatiscente a due piani, dove venivano sistemati i tecnici e i redattori. Il palinsesto radiofonico con il tempo prendeva forma, con una serie di programmi musicali e di intrattenimento graditi dal pubblico. Iniziava una nuova vita civile e radiofonica. Con l’occasione, è necessario ricordare alcuni protagonisti di quell’evento straordinario di Radio Sardegna: Amerigo Gomez, Guido d’Agostino, Guido Martis e tanti altri personaggi che, in qualità di tecnici e giornalisti, hanno fatto la fortuna di questa piccola ma combattiva emittente radiofonica della Sardegna.
Oggi Radio Sardegna non esiste più, fagocitata da altre realtà giornalistiche ed editoriali. Scrive Romano Cannas: “Un libro, dunque, per ricordare quella “Radio che non c’è più”, ma anche per riflettere sull’eredità spesso controversa di quella esperienza”.
Maurizio Orrù, dirigente nazionale Anppia
Pubblicato giovedì 31 Ottobre 2019
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