da http://www.wlacostituzione.it/wp-content/uploads/2013/10/viva-la-costituzione-jpeg2.jpg
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Combinate con la nuova legge elettorale, le modifiche costituzionali:

  • comportano lo stravolgimento della democrazia rappresentativa;
  • concentrano il potere nelle mani del governo e di chi lo guida attribuendo ad un unico partito – che potrebbe anche essere espressione di una ristretta minoranza di elettori – potere esecutivo e potere legislativo;
  • condizionano l’elezione del Presidente della Repubblica, dei giudici della Corte Costituzionale e dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, organi di garanzia e di controllo fondamentali per la vita della democrazia costituzionale.

PRINCIPALI PUNTI DELLA RIFORMA COSTITUZIONALE

Da http://coordinamentodemocraziacostituzionale.net/referendum-comitato-per-il-no-nel-refendum-alle-modifiche-della-costituzione/
Da http://coordinamentodemocraziacostituzionale.net/referendum-comitato-per-il-no-nel-refendum-alle-modifiche-della-costituzione/

Fine della garanzia del bicameralismo. Fine dell’elezione diretta dei Senatori

Il DDL costituzionale in discussione al Parlamento prevede il superamento dell’attuale bicameralismo. L’unica Camera dotata di rilevanti funzioni sarà la Camera dei Deputati.

Il Senato viene trasformato in un organo che dovrebbe rappresentare le istituzioni territoriali, privato del potere di dare o togliere la fiducia al governo.

Il futuro Senato sarà composto da consiglieri regionali e da sindaci designati dai rispettivi organi regionali:

* 74 saranno consiglieri regionali eletti dai Consigli regionali di appartenenza;

* 21 saranno sindaci eletti dai Consigli regionali, nella misura di uno per ciascuno, fra tutti i sindaci dei comuni della Regione.

Saranno designati secondo modalità stabilite da una legge di là da venire e che in ogni caso non consentirà l’elezione diretta da parte dei cittadini. Unica concessione —estremamente vaga— è aver previsto che i consiglieri regionali dovranno essere nominati “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. Per i sindaci nulla è previsto.

Gli unici senatori a tempo pieno saranno i cinque di nomina presidenziale (in carica per 7 anni).

La composizione del senato sarà soggetta a continue variazioni perché i senatori decadranno con i rispettivi consigli regionali o comunali.

Con questa composizione il Senato non voterà più le leggi ordinarie ma potrà votare le leggi di riforma costituzionale e altre poche leggi un numero definito di leggi bicamerali (leggi in materia di elezione del Senato, referendum popolare e ordinamento degli enti territoriali); sulle leggi ordinarie potrà proporre modifiche ai testi approvati dalla Camera, che tuttavia non saranno per questa vincolanti. In questo modo viene eliminata la garanzia della doppia lettura per le leggi che riguardano i diritti fondamentali dei cittadini.

Modifica del meccanismo di approvazione delle leggi

Con la riforma in discussione viene attribuito al Governo il potere di imporre alla Camera dei Deputati tempi certi per l’approvazione di leggi che insindacabilmente ritiene importanti.

* il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro 5 giorni dalla richiesta, che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno;

* il disegno di legge prioritario dovrà essere sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di 70 giorni.

In questo modo il Governo si impadronisce di fatto dell’Agenda dei lavori parlamentari e senza nemmeno il limite dei requisiti di “necessità e urgenza” chiesti per i decreti legge. Viene inserito in Costituzione l’istituto della “tagliola” (o ghigliottina) che stronca il dibattito. Permette infatti al governo di imporre la chiusura del dibattito e delle proposte di emendamento entro il termine di 70 giorni, per passare subito al voto finale sul testo proposto. Se il deputato non può discutere, né proporre modifiche, la sua funzione viene svilita ad un ‘passacarte’ incaricato di premere il tasto ‘Sì’ al momento giusto. L’esecutivo acquisisce così uno strumento di ingerenza nel potere legislativo che viola il principio di separazione dei poteri.

Il rapporto tra lo Stato e le istituzioni territoriali: la nuova riforma del Titolo V

Il DDL costituzionale, inoltre, sconvolge profondamente l’autonomia legislativa delle Regioni, attribuendo allo Stato centrale il potere di decidere su temi fondamentali di rilevanza territoriale come la tutela dell’ambiente, sottraendo alle Regioni ogni possibilità di governo del territorio.

Abolita la legislazione concorrente tra Stato e Regioni e rivisto conseguentemente il perimetro delle materie di competenza esclusiva, rispettivamente, statale e regionale.

Ricondotte alla competenza esclusiva dello Stato alcune materie, già concorrenti, tra cui: grandi reti di trasporto e navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; promozione della concorrenza; tutela della salute; tutela e sicurezza del lavoro; politiche sociali; istruzione e formazione professionale.

Introdotta la cosiddetta “clausola di supremazia statale”: ai fini della tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica o dell’interesse nazionale, si è previsto che su proposta del Governo – che se ne assume pertanto la responsabilità – la legge statale possa intervenire anche in materie di competenza esclusiva delle Regioni.

Abolite le Province quali organi costituzionali dotati di funzioni e poteri propri.

Abolito il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL).

Eliminata la competenza concorrente e re-introdotta la “clausola di supremazia”, il potere legislativo delle Regioni si riduce. Sembra ci si allontani dal modello “solidale” di federalismo (basato sulla leale collaborazione e la “concorrenza” tra le funzioni), per avvicinarsi al modello “competitivo” (basato sulla netta separazione tra Stato e Regioni e tra Regioni).

Modifica degli istituti di democrazia diretta

La proposta di riforma mira, poi, ad una riduzione significativa del diritto di iniziativa legislativa popolare, ossia di una delle forme di esercizio diretto della sovranità da parte dei cittadini (art. 1, co. 2 Cost.).

L’art. 71 della Costituzione prevede la possibilità che i cittadini presentino alle Camere una proposta di legge di iniziativa popolare. Il numero di firme necessarie alla presentazione della proposta di legge viene alzato da cinquantamila a centocinquantamila. Viene dunque triplicato.

Viene modificato l’istituto del referendum abrogativo, con l’introduzione di un doppio quorum:

* in caso di sottoscrizione della proposta da parte di 500mila elettori, per la validità della consultazione sarà necessaria la partecipazione al referendum della maggioranza degli aventi diritto al voto;

* in caso di sottoscrizione della proposta da parte di 800mila elettori, sarà sufficiente la partecipazione della maggioranza dei votanti all’ultima elezione della Camera dei deputati.

 Quali sono i prossimi passaggi della “riforma” costituzionale

Il DDL costituzionale è tuttora in discussione al Parlamento.

Se venisse approvato da una maggioranza inferiore ai 2/3 per ciascuna Camera, sarà possibile indire un referendum per permettere che siano i cittadini a pronunciarsi sulla modifica della Costituzione. A tal fine occorrerà raccogliere 500.000 firme di cittadini elettori (o di 5 consigli regionali o di un quinto dei parlamentari) e non sarà necessario il raggiungimento di un quorum di votanti per la sua validità.

In questa auspicabile eventualità, per impedire che questo stravolgimento cambi il volto costituzionale delle nostra Repubblica, occorrerà avviare la campagna referendaria per il NO: come avvenne nel 2006, quando fu cancellato il tentativo di modifica della Costituzione da parte del governo Berlusconi.

IL NUOVO SISTEMA ELETTORALE 

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Da http://www.libertaegiustizia.it/2015/10/29/deformata-la-costituzione-nasce-il-comitato-per-il-no/

Entrata in vigore

Il nuovo sistema elettorale (soprannominato Italicum), nonostante sia stato approvato affrettatamente e con violazioni dei regolamenti parlamentari, entrerà in vigore solo il 1° luglio 2016, quando si presume sia stato cancellato il Senato come camera elettiva.

L’Italicum si occupa quindi solo della Camera dei Deputati.

 Obiettivo del nuovo sistema elettorale

L’obiettivo del nuovo sistema —qualunque sia la partecipazione al voto e la dimensione reale del consenso ottenuto— è attribuire a un unico partito la vittoria elettorale e il governo del Paese. Sono abolite le coalizioni.

 Doppio turno

Si svolge un primo turno elettorale nel corso del quale alla lista che supera la soglia del 40% dei voti viene assegnato un premio di maggioranza (che consentirà di avere 340 deputati su 630, ovvero il 54%).

Se nessuna lista raggiunge il 40% al primo turno, si svolge un ballottaggio tra le due liste più votate, valido qualunque sia il numero dei votanti.

Chi vince il ballottaggio si aggiudica il premio di maggioranza (i 340 deputati di cui sopra), indipendentemente dalla percentuale di voti raggiunta.

Tutte le altre liste si ripartiscono 278 seggi sulla base delle rispettive percentuali di voti.

I restanti 12 seggi sono riservati alla circoscrizione ‘estero’, i cui candidati vengono tuttavia eletti al primo turno e non si calcolano nel premio di maggioranza.

 Soglia di sbarramento

Entrano alla Camera tutti i partiti che abbiano superato il 3% dei voti validi.

Preferenze

100 COLLEGI: l’assegnazione dei seggi della Camera avviene proiettando le percentuali dei partiti ottenuti a livello nazionale su 100 collegi, in ognuno dei quali sono eletti 3-9 deputati, ad eccezione del Molise.

PREFERENZE E CAPILISTA: nei 100 collegi ciascun partito presenta una lista di 3-9 candidati.

Il capolista è bloccato (cioè è eletto automaticamente se scatta il seggio), si potranno esprimere preferenze solo per gli altri candidati.

Sono previste candidature multiple: i capilista – e solo questi – potranno presentarsi in più collegi, come già accadeva con la precedente legge dichiarata incostituzionale (c.d. Porcellum), fino a un massimo di 10 collegi.

Ci saranno quindi cento capilista, uno per ogni collegio, scelti direttamente dai partiti.

Prima sono eletti i capilista, poi —se avanzano posti— i candidati scelti con le preferenze.

Quindi le preferenze intervengono solo dal secondo eletto in poi; ogni elettore o elettrice ne potrà esprimere fino a due: obbligatoriamente un uomo e una donna, pena la nullità della seconda preferenza.

ALTERNANZA DI GENERE: le liste devono esser composte in modo da alternare un uomo ad una donna. Nell’ambito di ogni circoscrizione (Regione) i capilista di un sesso non devono essere superiori al 60% del totale.

SCHEDA: La scheda vedrà a fianco del simbolo di ciascun partito solo il nome del capolista bloccato, e due spazi dove scrivere le due eventuali preferenze.

TRENTINO ALTO ADIGE / VALLE D’AOSTA: In Trentino Alto Adige e nella Valle d’Aosta si vota con i collegi uninominali, come con il Mattarellum, la legge elettorale, precedente al Porcellum (in vigore dal 1993 al 2005).

 Effetti

Si pensi a due partiti che raggiungono circa il 25% al primo turno, mentre tutti gli altri conseguono percentuali inferiori.

Al secondo turno l’elettore è costretto a votare uno di quei due partiti (a meno che non decida di stare a casa, ma il risultato non cambia): in ogni caso uno di essi vincerà le elezioni, si aggiudicherà il premio di maggioranza e potrà governare da solo.

Quindi il paese sarà governato da un partito scelto, di base, dal 25% dei votanti ma —visto l’alto tasso di astensionismo— anche da una percentuale ancora più bassa degli aventi diritto al voto.

Per capire quanto la regola democratica del governo della maggioranza possa venire profondamente lesa, si aggiunga che i partiti, che decidono le candidature, sono spesso in mano a gruppi ristretti.

 La regola democratica di base

La prima regola democratica è quella per cui: «il voto è personale ed eguale, libero e segreto» (art. 48 Cost.), diretta espressione del fondamentale principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione.

È ciò che si è tradotto con l’espressione “una testa, un voto“.

Ne discende che tutti i voti hanno uguale peso (voto eguale) e che vince le elezioni e governa chi ha più voti (visto che tutti i voti sono uguali).

Viceversa, con il sistema elettorale Italicum può governare chi ha ottenuto solo il 25% (o anche meno), senza curarsi del 75% dei cittadini che hanno scelto diversamente, il cui voto varrà 3 o 4 volte meno del voto degli elettori del partito che conquista il “premio”.

Un’altra regola democratica è quella per cui si dovrebbe poter votare per un partito di cui si ha fiducia: con il ballottaggio si istituzionalizza la regola del votare “il meno peggio“.

 Le candidature dei capilista

Anche in questo senso vi è una profonda lesione democratica.

Solo apparentemente si reintroducono le preferenze, nella realtà il sistema dei capilista bloccati significa che prevalentemente verranno eletti questi, e solo pochi posti resteranno per i candidati più votati.

I capilista sono scelti dai capi dei partiti: in questo modo si realizza il passaggio da una democrazia rappresentativa ad una democrazia dell’investitura.

 La lesione del ruolo parlamentare

Il Parlamento, nella tradizione democratica, è il luogo della rappresentanza, là dove l’intero popolo è rappresentato. È il luogo del confronto pubblico e trasparente, mentre il governo è, soprattutto, il luogo dell’attuazione dell’indirizzo elaborato nel dibattito parlamentare.

Il Governo ha bisogno della fiducia del Parlamento per governare, non per un vuoto formalismo o per un rito, ma perché il Parlamento, per quanto possibile, è lo specchio del Paese.

Se il Governo gode della fiducia del Parlamento significa che è sostenuto dalla maggioranza dei rappresentanti dei cittadini, e dunque, almeno in astratto, dalla maggioranza del popolo.

È solo in questo che trova la legittimazione per governare e, se necessario, per imporre sacrifici al Paese.

Il Governo, in tal modo, deve cercare il consenso (almeno) della maggioranza popolare e non di una semplice minoranza organizzata.

La centralità del Parlamento —posta da madri e padri costituenti a presidio delle libertà dei cittadini— con queste due riforme verrebbe oggi drasticamente ridimensionata e il Parlamento ridotto alla sola funzione di ratifica dei provvedimenti del Governo, nel quadro di una generale compressione del pluralismo e del ruolo delle autonomie regionali e locali.

 Il giudizio negativo

Si ridimensiona la centralità del Parlamento quale istituzione rappresentativa della sovranità popolare; si alterano le garanzie del bilanciamento dei poteri; si realizza una inusitata concentrazione di poteri nelle mani dell’Esecutivo con un contestuale soffocamento delle autonomie regionali e locali.

Se è vero che spetta al Governo sollecitare e indirizzare il processo legislativo, ciò deve avvenire attraverso il confronto con un Parlamento autorevole, unico luogo direttamente rappresentativo del popolo italiano.

L’attività legislativa, nel nostro impianto costituzionale, deve avvenire nel luogo della rappresentanza di tutto l’elettorato, dove sono ascoltate anche le voci della minoranza e delle opposizioni.

Nell’attuale congiuntura politica, l’ascolto delle istanze altrui viene vissuto come fastidio e perdita di tempo: ciò forse rende più veloce il processo, ma non certo migliori le leggi.

La legge dovrebbe durare oltre lo spazio di una legislatura e dovrebbe comporre e tenere presenti gli interessi di tutti: soltanto attraverso un attento confronto tra le diverse parti sociali e politiche, nella sede naturale del Parlamento, la legge – meglio ponderata – diviene espressione della sovranità popolare.

Per il testo integrale dell’opuscolo, cliccare su questo indirizzo web: http://www.giuristidemocratici.it/Giustizia/post/20151014121057?page=1