x COPERTINA - Il grande dittatore - ChaplinChi non ricorda uno dei capolavori di Charlie Chaplin, “Il grande dittatore”? Chi non ha sorriso davanti allo sferzante sarcasmo, alla grottesca irrisione del tiranno, così simile ad Adolf Hitler? Nell’immediato dopoguerra, davanti al nazifascismo sconfitto ed alla conclusione della più devastante ecatombe di ogni tempo, il secondo conflitto mondiale, sembrò a tanti impensabile, impossibile, irrazionale, antiumano, il ritorno, sia pure in forme diverse, di un tallone di ferro simile a quello delle camicie nere e delle camicie brune.

Poi, a un crinale della storia del 900, quell’impalpabile antidoto a tale ritorno, quella repulsione storicamente e culturalmente sedimentata verso il nazifascismo, quel sentimento europeo che, dall’est all’ovest, in barba a qualsiasi muro, univa i popoli e si chiamava antifascismo e antinazismo, iniziò a vacillare, a presentare falle, incertezze, contraddizioni. Cominciarono a risorgere e a diffondersi saluti romani e svastiche (mai, per la verità, del tutto scomparsi) e – ovviamente – connivenze.

Oggi il fenomeno si è esteso a macchia d’olio in gran parte di quella porzione di mondo che da tempo chiamiamo Occidente. E quindi nel nostro Paese.

Non sono fascisti su Marte. Sono fascisti qui ed ora, in Italia. E si manifestano in mille forme ed altrettanti volti, come Proteo, figlio di Oceano e di Teti, capace di mutare aspetto in qualsiasi modo ed in ogni momento. E si espandono.

Patria Indipendente ha pubblicato una prima, inquietante ricerca sulla galassia nera italiana presente su Facebook (http://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/inchieste/la-galassia-nera-su-facebook/). In questo numero si apre una riflessione più stringente sui pericoli del neofascismo e sulle politiche di contrasto: al tema sono dedicati l’editoriale di Carlo Smuraglia e le considerazioni di Aldo Tortorella, Michele Prospero, Daniele Marantelli.

In un’intervista rilasciata a ParmAteneo, settimanale degli studenti dell’Università di Parma, un giovane militante di CasaPound afferma testualmente: “Siamo l’unico movimento che si è dichiarato esplicitamente in tv fascista”, e aggiunge: “Non siamo di estrema destra, siamo fascisti e basta”. Nel servizio del periodico si afferma che ad oggi CasaPound è un movimento che ha (o controlla) 121 sedi, 15 librerie, 20 pub, 8 associazioni sportive, 35 redazioni web radio. E – si aggiunge – conta 3.500 iscritti. Francamente molto pochi per la “potenza di fuoco” dei numeri relativi alle loro ramificazioni. Quanto basta, in sostanza, per chiedersi da dove arrivino i finanziamenti per tale espansione. Ed anche per ricordare, a chi, degli apparati dello Stato, abbia perso la memoria costituzionale, che il divieto di “riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”, non è un invito cortese o un suggerimento marginale, e tantomeno un’affermazione pro forma, un flatus vocis, ma è un obbligo che discende dalla legge fondamentale, dalla Carta che ci fa popolo, Stato, nazione. Repubblica democratica e antifascista.

cOSTITUZIONE - disposizione finaleLa controprova è nei fatti delle ultime settimane e di questi giorni: alla ridicola (ma allarmante) richiesta di mettere fuori legge l’ANPI da parte di un gruppetto di neonazisti di Varese, si aggiunge l’annunciato ingresso di un rappresentante di CasaPound (già di Fratelli d’Italia) nella maggioranza che amministra il Comune di Grosseto, e l’allarmante (e per nulla ridicolo) raduno dell’estrema destra europea previsto per l’11 febbraio a Genova, Medaglia d’Oro della Resistenza e città protagonista dei moti contro Tambroni del luglio 1960.

Bene ha fatto l’ANPI provinciale di Genova a scrivere “È inaccettabile che ancora una volta si metta in atto un’ulteriore provocazione contro i valori democratici e antifascisti della nostra città.  L’ANPI chiede alle Forze Politiche, alle Organizzazioni Sindacali, alle Associazioni Democratiche di mobilitarsi per impedire questo affronto alla città di Genova Medaglia d’Oro della Resistenza. Lanciamo un appello a tutti i genovesi per una ampia e unitaria mobilitazione, nella consapevolezza che il fascismo è tutto il contrario dell’intera Costituzione italiana, nata dalla Resistenza, di cui contiene per intero i valori”; “chiediamo alle Autorità competenti e alle Istituzioni statuali, regionali e comunali, di far rispettare le leggi che sono ben chiare e non lasciano dubbi di interpretazione, in particolare la legge Scelba e la legge Mancino che vanno semplicemente applicate (come la stessa Corte di Cassazione ha fatto rispettare più volte). Questa offesa a Genova va impedita, nel rispetto della Costituzione che è intrinsecamente e profondamente antifascista”.

Il Proteo dal cuore neofascista o neonazista dunque si espande, ora col suo volto nero, ora con quello della discriminazione razziale e xenofoba, ora col mito della terra e del sangue, sempre con l’odio verso l’altro perché diverso, insomma con i tratti di una “modernità” che non stupisce, se si consideri che fascismo e nazismo nacquero e prosperarono il primo nel nostro Paese, una delle culle più antiche e rigogliose della cultura europea, il secondo in una Germania all’avanguardia della scienza e della tecnica, terra d’elezione di un pensiero filosofico all’avanguardia nel continente e nel mondo.

L’ANPI da tempo oramai ha lanciato una sfida, invitando le massime autorità dello Stato ad intendere il pericolo ed ad intervenire senza ambiguità e ritardi per fa sì che le strutture istituzionali rispondano appieno allo spirito ed alla lettera della Costituzione. Perché essere antifascista non è solo un problema etico, politico, culturale; è una grande questione repubblicana che lo Stato deve finalmente affrontare e risolvere.

Nel dopoguerra Charlie Chaplin scrisse: «Se avessi saputo com’era spaventosa la realtà dei campi di concentramento, non avrei potuto fare “Il grande dittatore”, non avrei trovato niente da ridere nella follia omicida dei nazisti». Ecco, nelle sue parole c’è in qualche modo il segno di una profezia postuma. Già una volta il mondo ha pagato un carissimo prezzo. Un motivo largamente sufficiente a sostenere che – rubando una frase a Vittorio Alfieri – “ogni qualunque ritardo è colpevole”.