È certo: Laura Boldrini vuole cancellare i monumenti fascisti. Sennò, come mai Il Giornale.it avrebbe titolato il 12 luglio: “L’ultima della Boldrini: via i monumenti fascisti”? Ne deriva una domanda di natura tecnica: in che modo la Boldrini intende cancellare tali monumenti? Risponde con precisione Libero.it dell’11 luglio (sempre nel titolo): “Laura Boldrini furia distruttrice: i palazzi fascisti vanno rasi la suolo”. L’alternativa – va da sé – è fra la ruspa, efficace ma oggettivamente un po’ lenta, e l’esplosivo, rumoroso ma molto rapido nell’imponente annichilimento. Chiarito questo punto decisivo, rimane da individuare con esattezza quali siano i monumenti che la Boldrini intende disintegrare. La risposta, ampiamente articolata, la fornisce Il Secolo d’Italia del 12 luglio, che titola: “Ecco i capolavori fascisti che la Boldrini vorrebbe abbattere”, e giù un dettagliato elenco di opere che spaziano da Roma a Milano a Napoli a Venezia a Palermo a Como, con una doverosa – non poteva certo mancare – puntata elogiativa sulla bonifica dell’agro pontino.

Laura Boldrini – diciamocelo – come Marco Porcio Catone (più familiarmente chiamato “il Censore”), quando sentenziò: “Carthago delenda est”, e così fece distruggendola dalle fondamenta.

Ovvio l’ampio dibattito, con dileggio e improperi incorporati, che si è aperto sul tema con alcune punte di speciale raffinatezza riscontrabili, ad esempio, nelle parole di Bruno Vespa, o in quelle, consuetamente accalorate, di Vittorio Sgarbi.

E così, in un fiat, la discussione sul disegno di legge Fiano per sancire penalmente – in ottemperanza e specificazione della legge Scelba – l’apologia di fascismo, si è spostata sulla voluttà iconoclasta della Presidente del Camera che vuole sterminare qualsiasi vestigia del passato riconducibile al Ventennio.

L’unico punto debole del tormentone estivo in oggetto è che Laura Boldrini non ha mai sostenuto ciò che le è stato attribuito. Ha invece detto: “Ci sono persone che si sentono infatti colpite da questo […] stato di cose, dicendo che altrettanto non accade in Germania, dove i simboli del nazismo non ci sono più. Questi vecchi partigiani si sentono ancora offesi. Io rispetto la loro sensibilità, è evidente che in Italia questo passaggio non c’è stato, in Germania c’è stato. Però non possiamo nemmeno sottovalutare il fatto che ci sono alcune persone che hanno dedicato la loro giovinezza a liberare il nostro Paese che si sentano poco a loro agio quando passano sotto certi monumenti”.

Dunque la Presidente della Camera si è limitata ad esprimere un disagio, condiviso da tantissimi italiani, quando si osservano i simboli del fascismo che sono ancora presenti nel nostro Paese, e non ha mai sostenuto la necessità e l’urgenza della terapia dell’abbattimento. Invece, sempre dal dibattito in corso, risulta che molti (non tutti, per carità!) dei suoi critici davanti alla scritta “Dux” si sentano pervasi da un virile empito interiore, o, scorrendo lo pseudo epigramma “Credere, obbedire, combattere”, non riescano a resistere alla tentazione di alzare il braccio destro tendendo la mano ed esclamando, di conserva, “A noi!”.