Partigiani bolognesi (da https://www.istoreco.re.it/wp-content/uploads/2017/07/database-regionali.jpg)

Questi sono giorni di particolare e generale tensione emotiva. Il mio intimo scoramento però non dipende da timori per l’incolumità della mia persona (anche se, in relazione all’età, sarei da considerare più a rischio di altri), ma dalla preoccupazione per i miei familiari e per il mio prossimo in genere, nonché per i disastri che il Covid-19 sta provocando non solo in campo sanitario, ma nell’economia, nel lavoro, nella scuola, nel turismo e nell’organizzazione di ogni settore della vita sociale.

Sono ovviamente desolato nel vedere attorno a me un ambiente improvvisamente trasformato, come in un sogno da incubo. Vie e piazze deserte, frettolosi e silenziosi passanti con mascherine sul viso; negozi, cinema, chiese, teatri e stadi chiusi; nessun assembramento di persone; scarse possibilità di relazione e perentorio invito delle autorità di rimanere a casa.

Mancava anche il cibo in tempi di guerra e di occupazione nazifascista (da https://guerrainfame.it/sites/default/images/ galleries/fame_nera/9_la_fame_nera.jpg

Tutto questo mi fa tristemente tornare alla mente il tempo di guerra quando la vita era resa difficile e pericolosa per le ovvie difficoltà connesse al fattore bellico. Lo ricordo, purtroppo, molto bene quel lontano periodo, in cui non ci si poteva muovere di casa per paura dei bombardamenti, rastrellamenti o quant’altro; spesso al freddo, con scarsi alimenti, assenza di denaro e un futuro incerto.

Ora almeno sappiamo che tutte le difficoltà sono temporanee e prima o poi il sole tornerà a risplendere anche nei nostri animi così fortemente turbati.

Certamente la situazione non è piacevole essendo grande il senso di desolazione che si prova guardandoci attorno – anche perché tutto è scoppiato all’improvviso, sovvertendo ogni abitudine consolidata nel tempo dal progresso sociale e dallo sviluppo tecnologico – ma, come abbiamo saputo superare condizioni di vita ancora peggiori, supereremo anche questa. Ce la faremo presto, ne sono sicuro.

Comunque la cosa che più mi rattrista è constatare che tutte le persone, giovani e adulti (appartenenti alle generazioni del dopoguerra e che quindi non hanno mai conosciuto privazioni di questo genere e mai alcun limite alla libertà personale), appaiono spaesate e incredule nel sentirsi sprofondate all’improvviso in questo vortice di difficoltà, giudicate incomprensibili alla luce del modo di vivere dell’età moderna.

Da https://www.chiamamicitta.it/wp-content/uploads/2017/11/rimini-1945.jpg

Ecco perché mi sento di dire, specialmente ai giovani: non perdete l’entusiasmo, la spontanea allegria, la gioia di vivere che è nel vostro essere, perché tutto questo prima o poi finirà e si ritornerà come prima. Ora il mondo sembra brutto e in effetti un po’ lo è, ma non al punto di disperarsi. L’importante è non lasciarsi vincere dallo scoramento.

Questo stramaledetto virus non la spunterà, come non l’ha spuntata altre volte. Ricordiamoci la tremenda Spagnola del 1918-19, quando i morti furono superiori a quelli della guerra. Ora dobbiamo avere fiducia nel nostro sistema sanitario che è giustamente considerato fra i migliori del mondo. I disagi odierni saranno presto solo un brutto ricordo e la vita riprenderà gradualmente il suo corso normale. Con la speranza però che tutto questo ci sia di buona lezione, nel senso che l’uomo deve cessare di credersi il padrone dell’universo, nella consapevolezza che basta un misterioso e invisibile microrganismo a mitigare la prosopopea dei grandi della Terra e a tenere in scacco per un certo tempo l’intera umanità.

Dovremo tutti far tesoro di questa brutta avventura, modificando in parte anche i nostri comportamenti e ricordando che la libertà non è mai assoluta, perché sia la Natura che la convivenza civile impongono regole da rispettare con senso di responsabilità e oculatezza.

Sono sicuro che lo faremo, come sono altrettanto sicuro che la nostra gente si rimboccherà le maniche e, come successe nel 1945 meravigliando il mondo intero, saprà riguadagnare il tempo perduto, ripristinando e migliorando tutto ciò che era stato compromesso. È proprio nei momenti difficili che l’Italia sa ritrovare se stessa!

Bruno Sarti, “Carlo”, classe 1927, studente all’istituto agrario operò nel battaglione Sozzi della 63ª brigata Bolero Garibaldi. Fu incarcerato alle Caserme rosse di Bologna