(Dalla mostra “Gli occhi della guerra Palazzo Isimbardi, Cortile d’Onore, dicembre 2011, https://scattaemostra.wordpress.com/2011/12/07/gli-occhi-della-guerra-lorrore-in-mostra-a-milano/
(Dalla mostra “Gli occhi della guerra Palazzo Isimbardi, Cortile d’Onore, dicembre 2011, https://scattaemostra.wordpress.com/2011/12/07/gli-occhi-della-guerra-lorrore-in-mostra-a-milano/

Angelo Del Boca è storico del colonialismo italiano, ha lavorato a lungo come inviato speciale della Gazzetta del Popolo in Africa e Medio Oriente. Già docente universitario, è Presidente dell’Istituto storico della Resistenza di Piacenza, direttore della rivista I sentieri della ricerca e autore di numerosi libri. Nel 2015 ha pubblicato con Mondadori Nella notte ci guidano le stelle, racconto della sua esperienza partigiana in Giustizia e Libertà, scritto all’età di 19 anni e rimasto in un cassetto fino al 70° della Liberazione.

Lei è considerato il massimo storico del colonialismo italiano ed è stato anche per tanti anni giornalista inviato in Medio Oriente, come valuta quanto sta accadendo in quell’area?

Si sta combattendo una guerra che già copre metà della Terra: dall’Afghanistan al Medio Oriente, un fronte che si allunga nel Nord Africa; è mezzo Creato. Se non è una guerra mondiale dichiarata lo è platealmente per la vastità di persone e territori coinvolti. Tutto il bacino che va dalla Siria alla Libia è una zona estremamente pericolosa perché dappertutto si combatte o si è combattuto fino a ieri. La Libia in particolare è divenuta un enorme serbatoio di guerre. Una parte rilevante della vicenda che coinvolge l’intero Medio Oriente, più che in Iraq e Siria, si gioca in realtà in Libia. E se non si trova una soluzione lì, c’è il rischio di travolgere altri Stati arabi e del mondo musulmano. Avremo davanti un decennio di conflitti armati. Sono molto preoccupato.

Senza una soluzione in Libia, quindi, potrebbero aprirsi altri scenari di crisi?

Certamente. Anche in Africa. Attualmente tutti i Paesi intorno alla Libia sono minacciati dalla massa enorme di armi presenti in Libia e che servono a tutte le guerre. Muammar-al-Gheddafi le aveva comprate dappertutto per fare della Libia il Paese più agguerrito. Ovviamente ha commesso un grande errore: quando le armi ci sono, qualcuno finisce per usarle. A ovest, è fondamentale cosa accadrà in Algeria: il Presidente Abdelaziz Bouteflika è ormai al terzo mandato, una persona molto per bene, ma ha quasi ottant’anni e bisogna vedere chi subentrerà al suo posto. Poi c’è il Marocco. Un Paese che pur avendo un sovrano molto forte e con una veste anche religiosa, ha tutta una zona pericolosa dove si muovono personaggi molto ambigui. Non solo. Quanto accaduto di recente in Ciad, in Niger, lo conferma: guerre provocate dall’enorme ammasso di armi in Libia.

Lo afferma da profondo conoscitore di quel territorio?

Sono stato in Libia almeno una decina di volte, la conosco dai tempi di re Idris e in seguito ci sono tornato quando c’era Gheddafi. L’ho intervistato, e nell’ultimo lunghissimo colloquio prima della sua morte, nel 2012, mi sono reso conto che il suo ruolo era strategico: era un autocrate, un dittatore, a suo tempo colpevole di delitti, però si era anche speso contro le forze sovversive che fiancheggiavano il terrorismo, aveva anche annunciato di voler creare una sorta di cortina di difesa.

Miliziani dell’Isis (foto AP da http://www.corriere.it/esteri/15_gennaio_26/isis-nuovo-messaggio-portavoce-jihadisti-europa-colpite-ovunque-5730a636-a56a-11e4-a533-e296b60b914a.shtml)
Miliziani dell’Isis (foto AP da http://www.corriere.it/esteri/15_gennaio_26/isis-nuovo-messaggio-portavoce-jihadisti-europa-colpite-ovunque-5730a636-a56a-11e4-a533-e296b60b914a.shtml)

L’Isis rappresenta il risultato di un effetto domino?

L’Isis è uno Stato informe perché non ha una capitale, non ha una tradizione e soprattutto non ha un’ideologia molto precisa. È molto diverso da quanto accadeva nell’Egitto del primo dopoguerra, per esempio, quando certi tipi di formazioni esistevano ma avevano un loro programma definito. L’Isis non lo possiede, voler tagliare la gola a tutti non è un programma.

La Libia oggi (foto Ansa da http://www.bergamopost.it/che-succede/legitto-bombarda-la-libia-renzi-non-e-tempo-di-intervenire/)
La Libia oggi (foto Ansa da http://www.bergamopost.it/che-succede/legitto-bombarda-la-libia-renzi-non-e-tempo-di-intervenire/)

 

In Libia fino a qualche settimana fa sembrava di essere a un passo da un accordo, ora cosa succederà?

I tentativi dell’inviato Onu, Bernardino Leon, sono falliti. Né Tobruk, né Tripoli hanno accettato il progetto di modificazione del Paese. Un fatto grave, perché l’Italia, storicamente e geograficamente interessata a quell’area, ci aveva contato molto. Non siamo tenuti a occuparci della Siria; della Libia invece sì: siamo dirimpettai nel Mediterraneo, sarebbe fondamentale. Un tempo l’Italia ne ha fatte di tutti i colori in Africa, poi non più. Qualcosa è avvenuto in Somalia negli ultimi decenni, ma nulla di paragonabile ai crimini compiuti dal fascismo e prima. Però il ricordo c’è sempre. Avremmo dovuto trovare un sistema per unificare le due parti della Libia e poi, caso mai, mandare del personale a istruire il nuovo esercito e la nuova polizia.

Il “leone del deserto”, Omar el Mukhtar, capo della rivolta senussita contro l’imperialismo fascista in Libia, prigioniero degli italiani. Fu impiccato in pubblico il 16 settembre 1931 (https://it.wikipedia.org/wiki/Omar_al-Mukhtar)
Il “leone del deserto”, Omar el Mukhtar, capo della rivolta senussita contro l’imperialismo fascista in Libia, prigioniero degli italiani. Fu impiccato in pubblico il 16 settembre 1931 (https://it.wikipedia.org/wiki/Omar_al-Mukhtar)

Lei si è espresso contro altri tipi di intervento, è sempre della stessa opinione?

Avevamo stretto con Gheddafi un accordo finalmente pulito, le due parti si avvicinavano. Noi versavamo un compenso per quanto avevamo fatto di male. Un atto generoso e giusto che finalmente riparava la nostra offensiva colonialista. Però purtroppo è finito tutto male: la strada costiera non verrà mai portata a compimento. E così i soldi che avevamo promesso non saranno mai sborsati, semplicemente perché non c’è più la Libia. Quello era il migliore tentativo mai fatto dall’Italia. Berlusconi, che ha tanti demeriti, ha avuto almeno il merito di aver portato a termine questa operazione altamente significativa. Non possiamo dimenticare che noi italiani siamo andati lì nel 1911 e ci siamo restati fino al 1941. Poi nel 2011, grazie all’avversione di Sarkozy per Gheddafi, abbiamo appoggiato una guerra totalmente sbagliata. Gheddafi era un amico, non un avversario, tanto è vero che dopo la sua drammatica uccisione la Libia è in una situazione che ritengo vicina a quella della Somalia: sta perdendo ogni tratto di Paese sovrano. Un terzo della popolazione libica, 1 milione e 700 mila persone, ha lasciato il Paese e si è riversata in Tunisia e in Egitto. Erano i potenziali alleati di Gheddafi, lavoravano nei ministeri, nelle grandi industrie del petrolio. È stato un errore clamoroso intervenire. Il Presidente Napolitano aveva fatto una dichiarazione dicendo che andavamo con l’Onu, però così a mio avviso abbiamo violato ben 4 articoli della nostra Costituzione. Oltre all’Art. 11 anche gli articoli 52, 78 e 87. Napolitano mi ha molto meravigliato perché conosceva perfettamente la situazione, era stato nel Pci una sorta di ministro degli Esteri, era stato negli Stati Uniti.

Afghanistan (da http://beautifulafghan.blogspot.it/2015/05/afghanistan-krieg.html)
Afghanistan (da http://beautifulafghan.blogspot.it/2015/05/afghanistan-krieg.html)

A livello internazionale chi ha la maggiore responsabilità di questa guerra estesa?

Gli Stati Uniti hanno deciso di mantenere ancora in Afghanistan parte del loro contingente, alcune migliaia di uomini. Sembrava che ormai avessero abbandonato il Paese ai talebani, invece no. Mi sembra assolutamente coerente. La cosa tragica è che anche l’Italia sia obbligata a mantenere lì il suo contingente, seppur diminuito. È impressionante il numero di nostri soldati in vari luoghi del mondo. Per esempio, nella Nato l’Italia non ha alcun peso mentre gli Stati Uniti ne sono il pilastro; quindi l’Alleanza atlantica gioca strettamente nel campo americano, non c’è dubbio.

Da Bush a Obama è cambiata la politica estera Usa?

Niente affatto, è ancora in linea con l’ideologia di Bush. Gli Usa di Obama vorrebbero allentare la presenza militare ma non ce la fanno, gli interessi strategici restano, nonostante la Costituzione americana preveda di dare la felicità alla popolazione e queste lotte non giovino alla tranquillità degli stessi Stati Uniti. L’America, accanto alla Cina, sarà determinate nella situazione mondiale. Poi c’è la Russia, che sta cercando di tornare a essere l’Unione Sovietica, impero smobilitato troppo frettolosamente dopo la caduta del muro di Berlino. Ora Putin immagina una potenza mondiale e quanto sta facendo in Siria ha già cercato di farlo in Crimea. Non so se ce la farà: dovrà vedersela con la Cina, dove ormai esistono più miliardari che negli Stati Uniti. Può sembrare incredibile, ma lo dicono le cifre.

Negli Usa si guarda alle prossime elezioni presidenziali…

Obama è ormai alla fine del secondo mandato, la situazione è caotica perché bisognerà vedere chi verrà dopo di lui. Senza dimenticare che nel 2017 anche la Francia tornerà al voto: forse tornerà Sarkozy. È un momento difficile per tutti i cambiamenti. Saranno certamente molto significativi, se non radicali.

Torna a inasprirsi anche la situazione tra Palestinesi e Israele, come valuta quanto sta accadendo?

Non dimentichiamo che la Palestina non esiste, dal 1948 ha perso ogni identità. La cosiddetta “Intifada dei coltelli” è l’ennesimo capitolo della lotta infinita dei palestinesi per ottenere finalmente uno Stato sovrano. Uno Stato fortemente desiderato e che meritano di avere.