Senza dubbio Carla Nespolo, di recente eletta Presidente nazionale dell’Anpi, ne incarna il volto sorridente. E così che ci accoglie, mentre si sta per avviare una conversazione in forma di intervista sulle idee programmatiche che intende seguire, “idee – ci specifica subito – che dovranno essere discusse, integrate e approvate dall’organismo dirigente, il Comitato Nazionale, che dovrà essere messo sempre più nella condizione di svolgere appieno il suo ruolo”.
Da cosa cominciamo?
Dai partigiani e dalla Resistenza, ovviamente. Tutto quello che l’Anpi ha fatto, fa e farà, discende da quella straordinaria esperienza storica, di cui l’Anpi è inconfutabilmente erede. Ciò non vuol dire solo che il ricordo di quella storia, di quei martiri e di quelle vittime è centrale nell’impegno dell’Associazione, ma anche che da quella memoria troviamo la fonte quotidiana dei valori a cui ci ispiriamo in ogni attività.
Come per esempio le iniziative sulla Costituzione.
Infatti. A cominciare dal ciclo, ancora in corso di attuazione, di seminari promossi dall’Anpi nazionale sui vari aspetti della parziale o mancata attuazione della Costituzione. Il ciclo di seminari è e sarà seguito direttamente dal Presidente Emerito Carlo Smuraglia. Dietro questi approfondimenti c’è la profonda convinzione che una delle ragioni più importanti delle gravissime difficoltà che il Paese attraversa è determinata dalla non piena attuazione della Costituzione. Dal diritto al lavoro alla rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, dalla reale parità uomo-donna alla lotta contro qualsiasi discriminazione, dalla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico ai doveri di solidarietà, dalla difesa della legalità democratica alla promozione della partecipazione, c’è ancora molto da fare. D’altra parte è sotto gli occhi di tutti la crisi di democrazia che attraversa il Paese; il fenomeno dell’astensionismo ne è un impressionante termometro. La rinascita democratica dell’Italia è tutt’uno con l’attuazione integrale della Costituzione; questo è il compito della politica e delle istituzioni. Ma occorre sapere che il tempo non è infinito e la situazione del Paese e dell’intera Europa è allarmante. L’Anpi non svolgerà un ruolo di supplenza ai partiti, che devono ritrovare al più presto al loro interno l’energia per dar vita ad una riforma democratica della politica e di se stessi; e tantomeno si ridurrà ad un’azione ancillare, subordinata. Ma l’Anpi non si tira certo indietro perché la bandiera della Costituzione fa parte della nostra missione statutaria ed ideale. Siamo presidio democratico e morale della Repubblica.
Anche perché la crescita dei neofascismi, in Italia e in Europa, sembra speculare al declino della democrazia rappresentativa e alla crisi della politica.
È questo uno dei motivi per cui il pericolo neofascista è da tempo ai primi posti nell’agenda di lavoro dell’Anpi. Dalla “galassia nera” sul web alla presenza sempre più evidente sul territorio e nelle istituzioni delle organizzazioni neofasciste, è un crescendo che crea allarme politico, istituzionale e sociale. L’episodio di Ostia – l’aggressione bestiale ai due giornalisti – ha illuminato l’inquietante intreccio fra delinquenza più o meno mafiosa e organizzazioni di estrema destra. Ma occorre che questa luce non si spenga e che rimanga sempre alta la vigilanza sociale, politica e istituzionale. Sono già diversi i Comuni, ultimo Sassari, che hanno deliberato in modo tale da vietare l’uso di luoghi pubblici per iniziative di tipo neofascista, razzista o comunque discriminatorio. Il 28 ottobre (anniversario della marcia su Roma, ndr) è stata trasformato dall’Anpi in modo unitario in una grande giornata di verità e di denuncia del fascismo. Il neofascismo può attecchire nei territori, come le periferie, dove più alto è il degrado e la carenza di rappresentanza. C’è una continuità nell’uso della violenza di tipo squadristico con le esperienze del ventennio, ma vi sono delle novità da non sottovalutare: la ricerca di una base sociale, una diffusione abnorme sul web, come dimostrato, fra l’altro, proprio dall’inchiesta di Patria Indipendente. Occorre perciò un’azione di contrasto coerente e permanente da parte dello Stato, una mobilitazione sociale consapevole, un’azione delle forze politiche tesa ad isolare ed a stroncare il neofascismo, che sta facendo presa anche verso alcune fasce giovanili. Per ciò che riguarda le forze sociali e politiche, prima del 28 ottobre su iniziativa dell’Anpi si è avviata la costruzione di un fronte unitario fra tutte le forze antifasciste, un fronte – com’è ovvio – che non ha nulla a che vedere con alleanze elettorali proprie delle dinamiche partitiche; tale costruzione va proseguita, perseguita, fatta vivere nelle iniziative quotidiane dell’Anpi.
E la costruzione del fronte unitario sta proseguendo.
Certo. Su iniziativa dell’Anpi e presso la sede nazionale ci siamo rivisti il 7 dicembre. Parlo di associazioni, sindacati e partiti senza alcuna preclusione che non fosse l’opzione antifascista. Si è aperto un dibattito vero e concreto, animato da una significativa volontà comune. In diversi interventi si è richiesto di dar vita a un tavolo permanente, cioè che si riunisca con periodicità. Sono state avanzati tanti suggerimenti, dalla costituzione di un “osservatorio giuridico” alla ricerca e alla denuncia dei finanziatori dei gruppi neofascisti alla speciale attenzione verso le giovani generazioni; ma il fulcro della discussione verteva su di un appello comune rivolto alle istituzioni, da far sottoscrivere a centinaia di migliaia di cittadini e teso a contrastare il fenomeno neofascista, per giungere poi a una grande manifestazione nazionale. Sull’appello stiamo lavorando in questi giorni, per trovare una formulazione in cui si riconoscano tutti i partecipanti al tavolo unitario.
C’è un contrasto fra questa attività unitaria dell’Anpi e la salvaguardia della sua autonomia?
E’ esattamente il contrario. Proprio perché l’Anpi è autonoma, ha la legittimità necessaria per parlare con tutti. Pensa, viceversa, se l’Anpi avesse – per esempio – un rapporto privilegiato con questo o quel partito. E’ ovvio che sarebbe molto più difficile, forse impossibile, svolgere quel lavoro di tessitura unitaria che ci sforziamo di produrre e che, a ben vedere, fa parte del Dna dell’Anpi. E’ questa la lezione più importante che ci hanno lasciato i partigiani.
Hai parlato di fasce giovanili.
Siamo in presenza oggi di una vera e propria questione di generazione, anzi, di generazioni: sono molti anni che alla grande maggioranza dei giovani è di fatto negata una condizione costitutiva della loro età: la speranza di cambiamento. Quando non trovi lavoro, o lo trovi in Irlanda, o la tua unica prospettiva “professionale” è quella di preparare il caffè al bar; quando l’intero sistema di valori su cui si è incardinato il progresso della civiltà italiana dal dopoguerra, e cioè, in tre parole, libertà, eguaglianza, fraternità, viene messo in soffitta; quando i valori “di moda” diventano il denaro, la competizione di tutti contro tutti; quando la differenza di idee, o di religioni, o di attitudini sessuali, o di genere, o del colore della pelle, invece di essere una risorsa viene vissuta come un ostacolo; quando il fuoco dell’anticonformismo, tipico di ogni generazione di ragazzi, viene spento come una sorta di inammissibile devianza; quando l’idea stessa di democrazia come costruzione collettiva, partecipata e rappresentativa, della vita pubblica e delle sue regole, sembra in declino e perciò perde la sua fascinazione; quando avvengono tutte queste cose, per di più insieme, muore la speranza di cambiamento. Perché meravigliarsi, allora, se CasaPound accresce i suoi consensi, se Forza Nuova trova qualche solidarietà? Perché stupirsi se questi giovanotti tutti casa e palestra si propongono come un’alternativa? Il fascismo cresce dove non c’è la democrazia, cioè nel vuoto e nel buio. E noi abbiamo davanti intere periferie nel vuoto e nel buio. La piazza, che una volta era l’agorà, cioè il luogo deputato all’incontro e alla discussione pubblica, è oggi spesso deserta, scomparsi i grandi partiti e le loro associazioni che la hanno presidiata dal dopoguerra. Nella piazza domina la solitudine. Ecco perché dobbiamo riconquistare il territorio, essere presenti, essere giovani fra i giovani, ma anche anziani fra gli anziani, far vedere nella vita quotidiana che la democrazia non è un cane morto, ma il motore del cambiamento e del miglioramento sociale ed anche esistenziale. D’altra parte, parliamoci chiaro: la fasi di cambiamento profondo nel nostro Paese sono sempre state avviate da straordinari movimenti giovanili. Questo è stato il Risorgimento: Goffredo Mameli morì a ventun anni. Questa è stata la Resistenza: la gran parte dei partigiani erano giovani, ragazzi e anche ragazzini. Questo è stato lo stesso 1968, che ha visto un’intera generazione scendere in piazza per la conquista di diritti civili e di diritti sociali. Ecco perché l’Anpi è impegnata affinché l’antifascismo, la Resistenza, la Costituzione, la democrazia, la dignità delle persone diventino le parole della gioventù. Questa è la sfida più grande che abbiamo davanti e con la quale dobbiamo misurarci, come disse un partigiano, “con la fronte rivolta verso il sole”.
Hai accennato prima alla differenza di genere.
Guarda, il fatto stesso che io sia stata eletta Presidente nazionale dell’Anpi mi pare la conferma dell’attitudine dell’Anpi a valorizzare il ruolo delle donne nella Resistenza, nella stesura della Costituzione, nella vita sociale e civile di oggi. La storia contemporanea è fondamentalmente la storia dell’emancipazione e della liberazione delle donne. E chi può scriverla questa storia se non proprio le donne? Oggi viviamo in un tempo di rancore e di imbarbarimento; la violenza contro le donne, fino al femminicidio, sembra quasi una rivalsa contro il loro cammino di emancipazione e liberazione. Come vivono oggi le donne italiane? La crisi economica, il lavoro, la sottoccupazione incidono in particolare su di loro. L’Anpi ha molto da dire e da fare in proposito.
Hai anche parlato di differenza di religioni e del colore della pelle.
È la prima parte dell’articolo 3 della Costituzione, ed è mai come oggi drammaticamente attuale. I giganteschi fenomeni migratori che stanno avvenendo, legati agli effetti della lunga crisi economica, alle criminali imprese dell’Isis, agli errori ed alle debolezze dell’UE, hanno creato indiscutibilmente una situazione di incertezza e sovente di paura. Di questo brodo di cultura si stanno alimentando le più diverse formazioni xenofobe, neofasciste, neonaziste, “sovraniste” e quant’altro, e persino dei governi: penso ai Paesi del cosiddetto Gruppo di Visegrád – Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria – o all’attuale governo ucraino. Il fenomeno migratorio è ovviamente irrefrenabile; esso va governato con attenzione, saggezza e rispetto delle popolazioni residenti. Ma non si può prescindere dal principio della accoglienza e del rispetto della vita e della dignità umana. Se si prescinde da questo, altro che Europa Unita, altro che Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo! Aggiungo che questa Europa dove predominano i mercati somiglia molto poco a quell’Europa dei popoli che fu disegnata da Spinelli, Rossi e Colorni nel Manifesto di Ventotene. Per farla breve, il 900 ci insegna che quando cadono le barriere giuridiche e morali, il mostro entra in casa. Basti pensare all’Olocausto o ai pogrom contro gli ebrei da parte dei collaborazionisti dei nazisti in tanti territori dell’est Europa. Davanti a tutto ciò l’Anpi non è mai rimasta né rimarrà mai in silenzio perché, al di là del colore della pelle, del colore delle idee, del colore delle religioni professate, tutti hanno il sangue dello stesso colore.
Se posso accennare a tre parole di sintesi, mi pare che per l’Anpi tu pensi a una continuità nel cambiamento.
È così. Il Congresso del 2016 ci ha indicato la strada che stiamo percorrendo. Il problema che abbiamo davanti oggi è percorrere la stessa strada al passo con i tempi. Questo riguarda anche la nostra vita interna. Dobbiamo mettere a regime e svolgere a tappeto un lavoro di formazione che riguardi i nostri giovani, ma – lo dico esplicitamente – anche tanti adulti; è essenziale abbracciare la storia, i valori, lo stile e i comportamenti dell’Associazione. Voglio sottolinearlo: non si tratta di ridurre la formazione a una serie di conferenze. La formazione deve partire dalla piena connessione fra chi forma e chi è formato e deve materializzarsi in una ricerca comune. In ultima analisi la formazione dev’essere un’attività che consente a ciascuno – docenti e discenti, per dirla in termini altisonanti – di appropriarsi sempre di più del senso dell’attività dell’Anpi e della sua missione. Ma la formazione da sola non basta; dobbiamo valorizzare il ruolo di tutti: i gruppi dirigenti nazionali, i gruppi dirigenti locali, gli iscritti, creando un circolo virtuoso che arricchisca l’insieme dell’Anpi. Sia chiaro: l’Anpi è una grande associazione democratica. Bene: vogliamo far sì che la nostra democrazia interna diventi sempre più ricca e produttiva, aumentando il tasso di partecipazione alle scelte ed alle attività e valorizzando le competenze. Parlo di competenze perché noi abbiamo fra gli iscritti e i dirigenti compagne e compagni di grandissimo valore nei più diversi campi della scienza, della cultura, dell’arte, della ricerca, dei lavori.
In conclusione?
Ecco quelle che mi paiono le priorità: la memoria, la Resistenza; l’attuazione della Costituzione; il contrasto unitario al neofascismo e la riforma dello Stato in questa direzione; il problema giovanile e il problema di genere dentro la grande e nuova questione sociale che si aperta in Italia negli ultimi anni; il tema dell’accoglienza e della solidarietà. Vedremo poi nella pratica, cioè nelle contraddizioni della vita vissuta, come dare corpo ad un impegno così ampio. Ma dobbiamo avere la consapevolezza che si può fare, date tre condizioni: la prima è la grande unità dell’Anpi e l’energia tranquilla – se mi è consentito il termine – con cui opera quotidianamente; la seconda è il coraggio di sperimentare serenamente: sperimentare forme nuove di impegno e di iniziativa, sperimentare nel rapporto con i giovani, non accontentandosi mai di una vita burocratica; la terza è l’entusiasmo di chi guarda oltre il presente: l’Anpi è una grande comunità di donne e uomini, solidale nel pensiero, nel lavoro e anche negli affetti, erede dei protagonisti della lotta partigiana. Il presente di quelle compagne e di quei compagni faceva tremare le vene e i polsi: gruppi spesso sparuti e male armati, nascosti sulle montagne, contro il più potente esercito del mondo, incommensurabilmente superiore per uomini e mezzi. Ma le partigiane e i partigiani guardavano oltre il loro presente: guardavano quell’orizzonte di cambiamento che si realizzò nei mesi e negli anni successivi con la solidarietà delle popolazioni civili, la Liberazione, la Costituente, la Costituzione, la Repubblica democratica. Ebbene, vinsero i partigiani. Oggi noi prendiamo esempio da loro.
Pubblicato mercoledì 13 Dicembre 2017
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